Omicidio Bergamini, 24^ udienza. I carabinieri del Ris: “Denis non si è tuffato, il camion l’ha colpito quando era già steso a terra”

Denis Bergamini segna il suo ultimo gol in Cosenza-Licata allo stadio San Vito

La 24^ udienza del processo per l’omicidio volontario e pluriaggravato di Denis Bergamini celebrata oggi in Corte d’Assise a Cosenza è stata certamente la più drammatica dall’inizio del dibattimento.

I carabinieri del Ris (Reparto Investigazioni Scientifiche) di Messina hanno testimoniato per diverse ore rendendo noti e pubblici i risultati della loro perizia del 2011 relativa ad alcuni oggetti personali di Bergamini ma soprattutto al materiale fotografico inviato all’epoca dalla procura di Castrovillari. Il tenente colonnello Aldo Mattei e i colleghi Carlo Romano e Vincenzo Lotti hanno lavorato a lungo e con grande professionalità e sono arrivati alle conclusioni che erano già trapelate nel corso degli anni ma che oggi sono state finalmente messe nero su bianco. Il corpo di Denis Bergamini è stato parzialmente sormontato in posizione supina dal camion guidato da Raffaele Pisano a seguito di una frenata a ruote bloccate e non è stato colpito nella parte posteriore. Se ne deduce agevolmente che Denis Bergamini sia stato adagiato già morto sull’asfalto e sia stato poi colpito dal camion per inscenare il suicidio. Per arrivare alle loro conclusioni i militari del Ris hanno anche effettuato un esperimento con un autocarro molto simile a quello di Raffaele Pisano. 

Mattei, incalzato anche dalle domande del presidente della Corte d’Assise Paola Lucente, ha spiegato nei dettagli la sua ricostruzione della dinamica del presunto incidente, escludendo categoricamente che Denis Bergamini si sia tuffato volontariamente sotto il camion e provando le sue affermazioni con dati scientifici per certi versi disarmanti. E quando il presidente gli ha chiesto: “Quante percentuali da 1 a 100 darebbe all’ipotesi che Bergamini si sia tuffato sotto il camion?”, Aldo Mattei ha risposto senza dubbi o equivoci: “Meno di uno!”. E le sue parole sono rimbombate pesantissime nell’aula, per giunta anche davanti a quell’imputata – Isabella Internò – che da oltre 30 anni mente spudoratamente sostenendo ancora oggi la tesi del suicidio e del tuffo di Denis sotto il camion. 

“Dall’esame delle foto che ritraggono la parte posteriore del camion – ha affermato Mattei – non si apprezzano tracce evidenti di verosimile natura ematica. Si rileva invece la presenza di sangue sull’asfalto nell’area immediatamente precedente la ruota destra del secondo asse. Considerando che la distanza tra l’estremità anteriore dell’autocarro e l’area posteriore allo pneumatico del secondo asse anteriore è pari a circa metri 3,5 e che la distanza tra il corpo del Bergamini e lo stesso mezzo è pari a circa metri 1,56, si può ragionevolmente ritenere che la fuoriuscita di sangue dal corpo del Bergamini abbia avuto inizio in un tratto compreso tra circa 8 e 5 metri dal punto in cui si trovava il cadavere . Tale intervallo è legato al fatto che non risultano immagini che ritraggano l’asfalto e quindi l’eventuale presenza di sangue tra circa 5 e 8 metri dal corpo verso il camion”.

“Attraverso l’esame delle caratteristiche morfologiche del materiale ematico – ha continuato -, si può logicamente dedurre che lungo questo tratto di asfalto il corpo di Donato Bergamini è stato sospinto in avanti dalla ruota anteriore destra dell’autocarro sicuramente bloccata dall’azione di frenata. Lo strisciamento del battistrada sul manto stradale non ha permesso al sangue che defluiva dal corpo di imbrattare la sede dello pneumatico, (se non in maniera trascurabile…. Occorre sottolineare che solo nel caso in cui le ruote siano bloccate, un corpo può essere trascinato da una ruota di tali dimensioni. Al contrario, nel caso in cui un corpo venga investito da uno pneumatico siffatto, durante un moto volvente, ancorché in frenata, si avrebbe di certo il sormontamento totale dell’ostacolo e quindi del corpo…”. Cosa che non è avvenuta. 

Uno scenario che ormai a Cosenza conoscono tutti ma che ascoltato dalla viva voce del carabiniere del Ris ha destato ancora più rabbia in chi ormai da più di un decennio conosce la verità e attende che sia fatta finalmente giustizia. Aldo Mattei ha detto con estrema chiarezza che se ci fosse stato un tuffo di Bergamini o quantomeno un impatto frontale con il suo corpo, se ne sarebbe trovata traccia anzitutto sulla parte frontale del camion – che invece non presenta nessuna ammaccatura – ma inevitabilmente anche sul cadavere del calciatore, che invece è intatto fino all’addome. E ha citato il terzo principio della dinamica. 

“Dall’analisi delle considerazioni espresse dal consulente del pm prof. Pasquale Coscarelli (la sua testimonianza era prevista per oggi ma non si è presentato e si sta valutando l’ipotesi di un accompagnamento coattivo, ndr), all’epoca dei fatti, si evince che un autocarro con le caratteristiche del mezzo in questione, alla velocità rilevata dal cronotachigrafo sequestrato subito dopo l’evento (circa 30 km/h), a seguito di repentina frenata, arresta la sua marcia in uno spazio compreso tra i 15 e i 18 metri. In funzione di detta valutazione ed avendo appurato la presenza di sangue a partire da un’area distante dal corpo del Bergamini 5-8 metri, risulta possibile affermare che il corpo di Donato Bergamini sia stato sospinto dalla ruota anteriore destra bloccata sicuramente per 5-8 metri e comunque per uno spazio non superiore a 15-18 metri…”.

In sostanza: nessun tuffo, nessun trascinamento di 60 metri e nessun interessamento della famosa area della piazzola di sosta nella dinamica del presunto incidente. 

Ci sono stati momenti drammatici perché, nel corso della sua testimonianza, Mattei non ha potuto fare a meno di scendere nei particolari relativi alle condizioni del cadavere e ascoltare quanto ha detto ha aumentato ancora di più la rabbia di chi ascoltava.

“… Considerando la presenza di un copioso versamento ematico in prossimità del corpo di Bergamini, nonché la disposizione dei visceri fuoriusciti dall’addome, si può affermare che tale impronta si sia originata a seguito del movimento in retromarcia dell’autocarro. Valutando infine l’allocazione della traccia di frenata e dell’impronta di pneumatico su sangue, si deduce altresì che durante tale manovra il mezzo abbia effettuato una sterzata verso destra nel tratto iniziale dell’arretramento. In tale modo l’avantreno risulta traslato verso sinistra (verso il centro della carreggiata) di circa 10/15 cm, mentre il retrotreno è lievemente spostato verso destra, quasi restando sulla traiettoria del precedente moto verso Taranto. Per effetto di questa manovra le ruote di destra dei due assi anteriori, nell’arretramento, hanno attinto al versamento ematico prodottosi sul lato sinistro degli stessi pneumatici (considerando il senso di marcia), durante la fase della spinta del corpo. La traccia risultante, indicata dalle frecce gialle, è stata dunque sagomata dal passaggio delle due ruote in linea“. 

E se ci fosse ancora qualche dubbio, ecco la parte conclusiva della perizia del Ris.

“… La sera del 18 novembre 1989 il corpo di Donato Bergamini, disteso sull’asfalto in posizione supina, in prossimità dell’inizio del guard-rail è stato investito dalla ruota anteriore destra, bloccata dall’azione di frenata dell’autocarro IVECO 180 targato RC 307921, che procedeva ad una velocità di 30-35 Km/h, in direzione di marcia Roseto C. S. – Taranto. Ciò ha prodotto un’azione di spinta dello stesso corpo, che si è inclinato verosimilmente sul fianco destro ed incastrato tra ruota e asfalto, per un tratto sicuramente inferiore a 15-18 metri. Infine, lo stesso autocarro, probabilmente dopo aver arrestato la marcia, ha sormontato parzialmente o completamente la regione inguinale del corpo con la ruota anteriore destra, per poi tornare indietro lentamente, con una leggera sterzata a destra, fermandosi ad una distanza dal corpo inferiore a 1,5 metri.

Sulla base dell’ipotesi formulata, riteniamo di fatto impossibile l’impatto tra l’autocarro e il corpo di Donato Bergamini a livello della piazzola di sosta dove il giovane avrebbe sostato la sera del 18 novembre 1989 e ritengono altamente improbabile che il contatto sia avvenuto con aree dell’autocarro diverse dallo pneumatico anteriore destro…”.

Si torna in aula il 14 ottobre.