Omicidio Bergamini, 59^ udienza. Il corpo di Denis parla ancora e sconfessa anche l’ultima teste della difesa

Nell’ultima udienza del dibattimento, la 59^, del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini, la difesa dell’imputata Isabella Internò ha prodotto l’ultimo testimone. Si tratta del medico legale Liliana Innamorato, consulente della difesa nell’incidente probatorio successivo alla riesumazione del corpo di Bergamini. Già salita alla ribalta delle cronache per avere annunciato in una telefonata intercettata al marito dell’imputata che “il morto pure a distanza di tempo parla” e che “qui ci scanniamo”.

Tutta la testimonianza di Liliana Innamorato è stata un continuo arrampicarsi sugli specchi per difendere l’indifendibile. Il presupposto di partenza è che la dottoressa è veramente poco esperta e praticamente senza curriculum o comunque con una preparazione appena decente per affrontare casi del genere. Un quadro generale peraltro ampiamente dimostrato dalla circostanza che non ha mai presentato osservazioni rispetto alle risultanze dell’incidente probatorio se non a ridosso dell’udienza preliminare, celebrata a 4 anni di distanza. E quando le ha prodotte, non sono certo passati inosservati una serie di pacchiani errori e contraddizioni.

Il pm Luca Primicerio ha avuto vita facilissima nel ricordare le tappe della presenza della consulente della difesa nel caso Bergamini. Non ha presentato osservazioni dopo la nuova autopsia del 10 luglio 2017; non era presente al campionamento dei vetrini per gli esami istologici il 31 luglio 2017; non ha osservato nulla alla lettura collegiale dei vetrini che evidenziavano stravasi ematici nella laringe e alla base della lingua e la rottura dei setti polmonari. Il pm, quindi, le fa notare che nella prima autopsia la laringe non era stata esaminata perché non erano ancora emersi i nuovi particolari alla base della riapertura del caso. Ma soprattutto che nel descrivere la dinamica del presunto investimento aveva scritto che il corpo era steso a terra in posizione supina, sbagliando clamorosamente. “Ho sbagliato” ammette, giustificando poi la mancanza di osservazioni con il fatto che lei non si occupa di glicoforina.

In realtà, Innamorato nel corso dell’esame dell’avvocato Pugliese, improvvisando una tragicomica “lezione” piena di grossolane inesattezze – oltre che di menzogne – ha persino prodotto una sorta di video amatoriale nel quale prova a dimostrare che Bergamini si è tuffato sotto il camion ma ci fa vedere però solo il corpo disteso a terra, suscitando l’istintiva reazione della presidente della Corte Paola Lucente: “Quindi il corpo è già a terra…”, facendole notare in maniera disarmante che questa tesi non è affatto compatibile con quella del tuffo ma tant’è.

Quando l’avvocato della famiglia Bergamini, le chiede in maniera diretta perché non ha presentato osservazioni, Innamorato si giustifica così: “C’è stato un tira e molla… Loro (Internò e Conte, ndr) non erano convinti di nominare un consulente di parte e così sono andata alla riesumazione e all’incidente probatorio ma non mi sono esposta anche perché non sono un’esperta…”. Tra l’imbarazzo generale, Innamorato è stata chiamata poi a chiarire come fa a definire conseguenza di putrefazione la rottura dei setti polmonari attribuendo il dato al professore Avato che però non l’ha mai detto. L’imbarazzo si trasforma presto in ilarità.

Ma non è ancora finita. “Si ricorda perché si indagò durante le operazioni peritali sui tessuti della laringe?” – le chiede Anselmo. E la teste, che solo pochi minuti prima aveva ciarlato di “nessuna lesione alla laringe”, rimane senza parole. “Non ricorda che ci si chiedeva se ci potessero essere nei tessuti laringei tracce di asfissia?”. Innamorato, testuale: “Mi sono persa…”. Ma Anselmo rincara la dose e le ricorda che aveva sostenuto che il prelievo dei tessuti laringei era stato fatto senza motivo perché non c’erano – a suo dire – lesioni. E così fa vedere alla teste alcune foto della laringe e del collo di Bergamini in cui emergono segni di asfissia.

Capitolo intercettazioni. Il “morto che parla” secondo Innamorato era riferito all’orientamento dei periti che l’aveva preoccupata e qui Anselmo perde quasi la pazienza: “Se lei non sa niente di glicoforina ma parla di sofferenza polmonare e li rappresenta come problemi al marito dell’imputata perché non ha fatto approfondimenti né prima e né ora?”. La teste è in pieno marasma e piomba quasi in catalessi quando il legale ferrarese le ricorda che il suo maestro, il professore Introna, ha lavorato intensamente sul caso Cucchi contribuendo in maniera importante alla ricerca della verità e smentendo la dottoressa Cristina Cattaneo, citata in precedenza dalla Innamorato come “avversaria” della scuola di pensiero della glicoforina.

Si passa al confronto con i consulenti di procura e parte civile Roberto Testi e Margherita Neri e anche qui Liliana Innamorato è costretta a passare da imbarazzanti “forche caudine” che riguardano la sua professione. Testi le rammenta che “i morti perdono sangue” confutando la tesi di Innamorato secondo la quale la grande pozza di sangue vicina al cadavere indicava che Bergamini era vivo quando fu sormontato dal camion. Quanto ai polmoni, Testi afferma che che edema ed enfisema acuto non possono essere compatibili con la putrefazione e neanche con una insufficienza cardiaca acuta in un ragazzo di 27 anni che svolgeva attività agonistica ed era controllato almeno una volta all’anno.

L’ultima boutade della quale viene chiesto conto alla teste riguarda il cosiddetto plastic bag ovvero al sacchetto di plastica con il quale potrebbe essere stato soffocato Bergamini. Secondo Innamorato sarebbe inspiegabile la mancanza di reazione del calciatore e Testi ribatte come sia altamente possibile che almeno due persone abbiano immobilizzato Bergamini alle gambe e alle braccia: “La pressione della plastica sul viso provoca il soffocamento con perdita di coscienza in trenta secondi e impedendo ogni reazione”. Neri ha infine ricordato come dalla diagnosi istologica risultino markers chiari di asfissia.

La baldanza iniziale della teste si trasforma in una figuraccia ampiamente prevedibile. Le certezze sbandierate vengono amaramente ammainate. Rimangono tuttavia alcune perle da tramandare ai posteri: l’impiccamento – ipse dixit – quando si trattava di fare temerarie similitudini ma soprattutto la rivista “a pagamento” con la quale ha etichettato evidentemente alla sua maniera uno dei media cui fanno riferimento i medici legali. Una categoria che non dev’essere certo “onorata” di avere nei suoi generosi ranghi un soggetto così poco rappresentativo. Si ritorna in aula il 23 maggio per un’udienza interlocutoria. La requisitoria del pm potrebbe essere fissata per il prossimo mese di luglio.