Diciamocelo francamente. Il processo per il barbaro omicidio di Denis Bergamini rappresenta un vero e proprio spartiacque nella storia del Tribunale di Cosenza, che ormai ogni cosentino e anche da tempo ha ribattezzato porto delle nebbie. Decenni di vergogne giudiziarie e connivenze inconfessabili tra la magistratura e l’avvocatura cosentine sono arrivate a un bivio. Tutti sanno che l’omicidio Bergamini, malgrado sia stato realizzato a Roseto Capo Spulico, è un delitto cosentino a tutti gli effetti, nascosto principalmente sotto il tappeto nauseabondo della procura di Cosenza. E ovviamente non è certo un caso se l’avvocato che difende la famiglia Bergamini viene da Ferrara.
Abbiamo tracciato già decine di altre volte la storia del porto delle nebbie e lo rifaremo ancora, ma adesso c’è da far passare agli annali la cronaca della prima patetica e tragicomica arringa della difesa dell’unica imputata – finora – dell’omicidio Bergamini. Data l’importanza del momento, l’avvocatura cosentina si è decisamente “immolata” al fianco dell’indifendibile mantide di Surdo schierando in campo con un enorme valore simbolico Rossana Cribari, che è la figlia di “don” Luigi Cribari, tra i pionieri del foro di Cosenza fin dal dopoguerra e con alle spalle una storia lunga decenni di patti e trattative con i poteri forti. Inutile girarci intorno: se la figlia di Cribari afferma anzi urla che “il popolo” ha già condannato Isabella Internò, ci sarebbe anche da chiarire che questo “popolo” del quale ciarla la signora, discende direttamente da quello stesso “popolo” che ha arricchito la sua famiglia e le consente ancora oggi di fare il bello e il cattivo tempo in questo orribile palazzaccio. Senza se e senza ma: parla la storia della città .
Noi capiamo l’importanza della posta in palio. La condanna di Isabella Internò sarebbe come un macigno per la credibilità di un sistema che ammorba Cosenza da decenni. Non c’è bisogno che lo scrivano i media di regime, ormai i cosentini l’hanno capito e non hanno l’anello al naso, anzi ragionano e distinguono agevolmente il bene dal male. Non ci soffermeremo sul ridicolo paragone con il caso Enzo Tortora, perché sarebbe inutile scoprire… l’acqua calda ma in ogni caso ci sono da rispedire al mittente una serie di invereconde cadute di stile – per usare un eufemismo – che gridano vendetta e non possono passare sotto silenzio o, peggio, essere annotate da qualche scribacchino come “perle” dell’ars oratoria della Nostra.
Ironizzare sulla circostanza che il corpo di Bergamini è corificato e affermare con un’arroganza senza confini che quella salma possa “sorridere” certifica senza speranza la deriva di un’intera lobby che sprofonda nel baratro e non se ne rende conto. O quantomeno fa finta di non capirlo e quindi alza il tiro senza nessun pudore.
Non può bastare per rendersi credibili copiare “a pappagallo” e senza nessuna autorevolezza gli espedienti retorici del padre defunto. Rossana Cribari ieri era la caricatura involontariamente comica del padre: l’occhio spiritato, la testa che si muove in cerca di conferme in tutte le direzioni, il tono della voce che cambia a seconda delle “cazzate” che ha messo in fila. Una maniera vecchia e superata di svolgere la professione. Con tutto il rispetto possibile per il padre, al di là dei poteri che ha rappresentato. E in quest’ottica non possiamo neanche far passare l’affermazione che “don” Luigi Cribari fosse un “artigiano del fatto”. No, non può passare. Non perché magari non lo sia stato davvero ma perché è molto agevole per un osservatore appena appena attento trasformare il fatto in “patto”. Anche qui senza se e senza ma perché è la storia della città che parla. Quella vera, non quella commissionata all’editore di riferimento.
I rituali del “processo alla cosentina” con gli abbracci tra gli avvocati degli studi legali che hanno preso in carico la “patata bollente” e i salamelecchi dei giovani legali nei confronti dei più vecchi fanno parte di uno scenario squallido che si ripete fin dai tempi dei patetici “interrogatori” di Franco Muto in Corte d’Assise. Tutto molto triste oltre che imbarazzante.
Ma non faremmo fino in fondo il nostro dovere se non ricordassimo le “perle” retoriche di cui sopra. Paragonare la glicoforina alla “polverina” di Harry Potter non fa ridere manco i polli (che hanno comunque una loro dignità ), prendere come riferimento i Flinstones per confutare che al Sud c’erano e ci sono ancora la mafia e il delitto d’onore riflette non solo l’ignoranza ma anche la pacchianeria di certa gente che ha bisogno di dimostrare un’emancipazione che non è reale ma solo finta e che si comporta alla stessa maniera dei Farisei del Vangelo. Per non parlare della sguaiata metafora della donna stuprata “perché se l’è cercata” accostata addirittura alla Internò accusata di essere mandante di un omicidio. Oppure di quell’essere trattata da “prostituta”, che appartiene – per dirla tutta – solo a chi l’ha detto in un’aula di tribunale e per giunta senza provare un minimo di vergogna.
Tuttavia, per chiudere con un sorriso, se l’avvocato Rossana Cribari crede di risultare “simpatica” o magari efficace chiamando in causa Harry Potter o i Flinstones, le consigliamo caldamente di visionare un bel film che è andato molto forte in tutto il mondo e che ha fatto divertire milioni di famiglie. Si intitola “Matilda sei mitica”. Caro avvocato Cribari, se lo guarda attentamente scoprirà che somiglia molto alla “signorina” Trinciabue. Senza offesa, per carità , ma solo per farle capire che la città di Cosenza non si fa incantare più dai “padroni” e che c’è ancora gente libera. Di testa e di “sacchetta”, purtroppo per lei e per la sua sempre più impresentabile lobby di potere.