Omicidio Bergamini, la prima perizia del dottore Testi. Il vetrino che inchioda gli assassini

Nella ricerca della verità e della giustizia per il barbaro omicidio di Denis Bergamini i primi passi compiuti hanno portato alle prime perizie di due grandi medici, Giorgio Bolino e Roberto Testi. Il primo ha dimostrato con cognizione di causa come le tracce presenti nei polmoni di Denis portassero alla conclusione che era stato soffocato con una busta o un sacchetto di plastica attorno al capo prima di essere steso sull’asfalto (https://www.iacchite.blog/omicidio-bergamini-la-prima-perizia-del-prof-bolino-denis-stordito-con-cloroformio-e-soffocato-con-una-busta-di-plastica-attorno-al-capo/). Il secondo dimostra attraverso gli esami istologici che le lesioni provocate dal camion non hanno nessuna caratteristica di vitalità e che quindi Denis era già morto quando è stato sormontato dal camionista di Rosarno. Successivamente – e ce ne occuperemo domani – Bolino e Testi firmeranno insieme un’altra importantissima perizia che inchioda alle loro responsabilità agli assassini di Denis.

Consulenza tecnica medico-legale sulle cause di morte di BERGAMINI Donato – Consulente Dottor Roberto TESTI

Sulla base dell’analisi dei preparati istologici, il dottor Roberto TESTI ha avuto l’incarico di accertare, ove possibile, la datazione delle lesioni riportate da Donato BERGAMINI, rispetto alla morte; accertare la cosiddetta vitalità delle lesioni al momento dell’investimento da parte dell’autocarro, precisando se, all’atto dell’investimento, vi fosse o meno vitalità, armonizzando eventualmente tali dati con gli altri elementi circostanziali.

La documentazione utilizzata dal CT è consistita nel verbale di esame esterno del cadavere del 19/11/1989, nella consulenza tecnica del professore Francesco Maria AVATO.
Anche il dott. Roberto TESTI ritiene che non vi siano dubbi sul fatto che le lesioni osservate sul corpo di Donato BERGAMINI non possono che essere derivate da uno schiacciamento avvenuto ad opera di un oggetto di massa notevole e che ha esercitato una pressione prolungata sulla regione addominale della vittima, nello specifico si è verificato il
sormontamento da parte di un autocarro di grosse dimensioni e peso che ha determinato la lesione da scoppio della parete addominale e di parte dei visceri contenuti. Condividendo le argomentazioni del professore AVATO, il dott. TESTI parla di arrotamento lento, avvenuto
con la vittima in posizione “supina” (considerato l’errore del professore AVATO nel collocare la lesione a destra) e in assenza di un minimo trascinamento: non si osservano né sul dorso né in altre parti del corpo escoriazioni che possano dimostrare una pur apprezzabile traslazione del corpo a contatto con una superficie scabra e traumatizzante come l’asfalto.

Anche il Dottor Roberto TESTI, dall’esame della perizia del professore AVATO e in armonia con le conclusioni del dottor BOLINO, stabilisce che l’accurato esame della documentazione non ha permesso di rilevare nessuna delle altre caratteristiche lesioni traumatiche (ecchimosi, escoriazioni, e fratture scheletriche) che inevitabilmente si determinano
nelle diverse fasi degli investimenti di pedoni, in particolare quando il mezzo coinvolto sia un autocarro. L’unica modalità di causazione delle lesioni è quella di un corpo steso a terra in posizione [supina] che viene schiacciato lentamente dalle ruote di un autocarro. Una simile ipotesi esclude totalmente che la vittima fosse viva o in grado di compiere movimenti, al momento dell’investimento.

Il dottor Roberto TESTI, prima di addentrarsi nell’analisi specifica dei rilievi istologici, sottolinea come l’indagine – determinare se siano presenti caratteri che possano indicare se BERGAMINI fosse vivo o meno quando si concretizzarono le lesioni addominali – sia stata possibile grazie alla presenza delle inclusioni di paraffina dei campioni di tessuto dei vari organi prelevati dal prof. AVATO e in particolare dei campioni di tessuto muscolari opportunamente prelevati in corrispondenza dei margini della lesione addominale.

Il CT avverte che, se massima cautela deve porsi nel giudicare la vitalità di una lesione sulla sola base della presenza di uno stravaso ematico nei tessuti, al contrario è difficile pensare che ad una lesione avvenuta in vita, con una valida pressione sanguigna ancora in atto, corrisponda una totale assenza di versamento ematico nel connettivo circostante i vasi.

Per venire alla valutazione del caso oggetto dell’accertamento, scrive TESTI: “è chiaro che le multiple ferite lacere che si sono verificate con un meccanismo da scoppio, che costituiscono il complesso lesivo a carico della regione addomino-perineale osservato su Bergamini, se osservate istologicamente devono necessariamente evidenziare la presenza di sangue nei vasi dermici e, soprattutto, di stravasi ematici nei tessuti circostanti
dove tali vasi vengono rotti.

Nel caso di Bergamini, al contrario, si osserva un quadro di assoluta mancanza di sangue nei vasi e, soprattutto, non vi è alcuno spandimento ematico nei tessuti. In pratica non si osserva alcuna reazione vitale sui margini di una lesione sui quali, proprio per le caratteristiche di produzione, si è esercitata una energia contusiva notevolissima.
Tale aspetto è del tutto costante in tutti i vetrini allestiti su prelievi eseguiti sui margini dell’ampia lesione cutanea addominale, dove non si osserva il minimo spandimento emorragico, nonostante, come detto, il meccanismo produttivo sia stato caratterizzato dall’applicazione di una notevolissima pressione che, prima di determinare una lesione da
scoppio, ha certamente contuso i tessuti”.

Il dott. Roberto TESTI attribuisce notevole importanza al vetrino contrassegnato con il numero 13: si tratta di un frammento di tessuto certamente prelevato in prossimità di una frattura ossea, quindi in un’area dove, oltre alla lacerazione dovuta alla grande pressione esercitata sui tessuti molli, si osservano frammenti di osso che, dopo essersi frantumati si sono conficcati nel connettivo agendo analogamente a delle punte improprie.
“È chiaro [continua il CT], che se la frattura si verifica in un soggetto nel quale vi è normale pressione arteriosa, nell’ambito dei tessuti molli, attorno alle schegge ossee si deve necessariamente osservare la presenza di sangue.

Al contrario, se si osserva il vetrino numero 13, accanto a piccoli ma assai evidenti frammenti ossei, non vi è il benché minimo versamento di sangue”.

Il dott. Roberto TESTI conclude che gli esami istologici dimostrano come BERGAMINI non avesse una valida attività circolatoria nel momento in cui si verificò la lesione addomino-perineale.
Il CT chiude la sua relazione con la seguente sintesi: “la revisione degli esami istologici sui campioni prelevati durante l’autopsia dimostra che le lesioni derivate dall’investimento stradale del 18/11/1989 non hanno caratteristiche di vitalità. In altri termini è più che verosimile che il Bergamini fosse già morto quando venne sormontato dall’autocarro”.