Omicidio Bergamini, il racconto “rivoltato” del teste Rocco Napoli smascherato dall’avvocato Anselmo

Un tassello importante di tutta la matassa dell’omicidio di Denis Bergamini mascherato con la messinscena del suicidio è la deposizione di tale Rocco Napoli, comparso davanti alla Corte d’Assise di Cosenza per la 32^ udienza del processo.

Come vedremo, tale deposizione in modo incredibile vede snaturato il suo reale contenuto. Nel corso di tutto il procedimento penale verrà ritenuta quello che non era. Sulla stessa, però, al di là delle strumentalizzazioni dei giornalisti al soldo di Isabella Internò e dei suoi familiari, ancora oggi converrà porre una particolare attenzione, in quanto può essere che proprio Napoli, se davvero transitò sulla statale jonica il 18 novembre 1989, abbia assistito ad una scena immediatamente precedente all’omicidio di Bergamini, vedendo probabilmente fermi sulla piazzola coloro che si apprestavano a fermare la Maserati condotta dal calciatore.

Già la questura di Cosenza nel lontano 1994 aveva compreso probabilmente l’importanza di Rocco Napoli, tanto da chiedere l’intercettazione della sua utenza telefonica (salvo errare clamorosamente nella esatta individuazione della persona… ma altrimenti non sarebbe stata…la questura di Cosenza!).

Ma procediamo con ordine e torniamo al giorno della sua audizione da parte del brigadiere Barbuscio. Avvenne il 24 novembre 1989 e Rocco Napoli si presentò spontaneamente al brigadiere, che ascoltò il teste da solo, senza la presenza di altri militari.

Napoli raccontò che il giorno 18 novembre 1989 a bordo del suo furgone stava percorrendo la statale 106 jonica da Roseto a Montegiordano Marina. A bordo con lui vi erano la moglie Antonietta Rosa Valerio e la cognata Franca Giovanna Valerio.

Erano circa le ore 19 quando già alla curva ebbe modo do vedere “sullo spiazzo posto alla destra un’auto in sosta con direzione Taranto con i fari di posizione accesi. Aveva anche modo di notare che “dal tubo di scarico usciva del fumo e quindi il motore stava acceso”. Il mezzo era a circa 5-6 metri dal margine della carreggiata.

Prima di giungere in prossimità del mezzo dichiarava di avere “visto una persona scendere dal lato guida e dirigersi con le mani in tasca verso la strada in mia direzione”. Doveva addirittura spostarsi sulla sua sinistra, in quanto temeva di investire la persona. Superatala, continuava a guardarla dallo specchietto e notava che la persona era girata verso Roseto. Oggi Napoli ha aggiunto, non si capisce come, di aver visto che la persona che ha visto aveva lo “sguardo fisso o assente”, aumentando ancora i dubbi sulla sua credibilità.

Napoli prosegue dicendo che la persona “quando camminava mi era sembrata calma e procedeva a passo normale”. Riferisce che la sua sensazione era stata che la persona fosse rimasta con l’auto in panne e che gli avrebbe chiesto soccorso, ma così non avvenne. Termina il verbale con la frase: “Con questa mia deposizione ho voluto mettermi a disposizione della Giustizia” (è la stessa frase utilizzata al termine della prima deposizione del camionista Raffaele Pisano), che sembra quasi un “marchio” del famigerato comandante della caserma dei carabinieri di Roseto Capo Spulico.

Lo stesso giorno, il 24 novembre 1989, il brigadiere Barbuscio invia il verbale alla procura di Castrovillari con la seguente testuale annotazione: “Per ulteriore corso di legge, si trasmette l’unito verbale di sommarie informazioni testimoniali, rese spontaneamente da Rocco Mario Napoli, il quale alle ore 19 circa del 18 novembre 1989, nel percorrere la statale 106 verso Montegiordano aveva notato il calciatore dirigersi dalla piazzola in direzione della strada, ovvero in sua direzione”.

Barbuscio, insomma, riferisce al pm una falsità affermando che il testimone abbia riconosciuto la persona che ha visto e l’abbia indicata nel calciatore. Rocco Napoli invece non ha dichiarato di aver notato il calciatore né ha operato alcun riferimento al calciatore. Il tutto è una pura invenzione del brigadiere Barbuscio.

La notizia della deposizione venne immediatamente diffusa alla stampa. Si scrisse immediatamente dopo che Bergamini era stato notato dal conducente di un furgone pochi minuti prima di gettarsi sotto il camion. Si scrisse che tale deposizione accreditava la tesi del suicidio, proprio nei giorni in cui la stampa stava indicando come tale tesi facesse acqua da tutte le parti e puntava con decisione a ritenere plausibile che Bergamini fosse stato ucciso.

Non solo Napoli non parla del calciatore, ma neppure Barbuscio glielo chiede. Non viene chiesto a Napoli né di riconoscere l’autovettura, né di indicare se avesse riconosciuto il calciatore, facendogli vedere una fotografia. Né Napoli, che sicuramente, abitando a Roseto, data la diffusione della notizia della morte di Bergamini (i giornali e le tv erano pieni delle foto del calciatore), aveva visto fotografie di Bergamini, indica che quella persona che aveva visto poteva essere o era Bergamini ovvero non era lui.

E allora: alle 19 circa del 18 novembre 1989 Napoli notava un’auto con le luci di posizione accese e il motore acceso, con tanto di fumo che esce dal tubo di scappamento. Una persona scendeva dal lato guida e si dirigeva con le mani in tasca verso il bordo della strada. La persona appariva calma e procedeva a passo normale ed era girata verso Roseto.

Rocco Napoli verrà poi sentito dal pubblico ministero in data 6 luglio 1990.

In tale deposizione Napoli conferma quanto già dichiarato. Ribadisce che l’auto aveva le luci di posizione e il motore acceso. Dichiara che “un giovane con calma e indifferenza, si staccava dall’auto ferma e si portava sulla strada a circa 50 centimetri dal ciglio”.

Proseguiva dicendo che “il giovane non ha attraversato la strada né ho avuto l’impressione che volesse buttarsi sotto la ruota del mio mezzo. Egli guardava in direzione di Roseto, come se stesse aspettando qualcuno”. Notava all’interno dell’autovettura un’ombra come se vi fosse un’altra persona, seduta sul sedile anteriore passeggero.

Ma nel corso del processo, Rocco Napoli cambierà versione.

Napoli dichiarerà che “aveva visto la macchina, prima della curva, con gli stop accesi. L’ho vista prima del dosso. Era una Maserati. Ho visto una persona che dalla macchina andava verso l’argine della strada. Il motore mi è sembrato acceso”.

“Quest’uomo era tranquillissimo, aveva le mani in tasca”; “ho visto nella macchina la ragazza seduta”; “La Maserati era al centro della piazzola e il pedone era in corrispondenza della macchina”.

In sostanza, quella che era un’ombra seduta sul lato passeggero della deposizione del 6 luglio 1990 (non citata nella prima deposizione del 24 novembre 1989) diventa come per incanto “la ragazza seduta”. Ma se poi fosse transitato alle 19, quando era completamente buio, come avrebbe potuto vedere che era una ragazza?

Quella che era un’auto invece si materializza e diventa “una Maserati”. Ma come? Non lo dice mai né nella prima né nella seconda deposizione e ora ci dice che ha riconosciuto l’auto del calciatore?

Insomma, su cosa abbia abbia effettivamente visto Napoli ancora oggi è difficile concludere qualcosa. Delle due l’una: o ha visto qualcuno che attendeva Bergamini o ha visto Bergamini che attendeva qualcuno. Sì, perché anche in dibattimento ci dice che quest’uomo era tranquillissimo e aveva le mani in tasca e che si trovava vicino all’auto nel mezzo della piazzola. Ebbene, Bergamini non finisce certo sotto il camion in quel punto. Dunque, Napoli vede una scena importantissima che precede gli accadimenti che portano alla morte di Bergamini. E non la vede alle 19 ma intorno alle 17,40 – 17,50 al massimo.

La scesa in campo del testimone induce anche Isabella Internò a cambiare ancora una volta la sua deposizione e se prima aveva fatto cenno a Bergamini che voleva fare l’autostop, adesso non inserisce più questo passaggio. Così come nega di aver messo in moto la Maserati per spostarla dalla piazzola. In sostanza, adegua la sua versione a quella del testimone.

Alla resa dei conti, ovvero nel controesame dell’avvocato Fabio Anselmo, il testimone è stato smascherato. Quando gli è stato chiesto cosa pensasse del comportamento del pedone sulla strada, Napoli ha risposto di aver sempre pensato che si fosse suicidato. E su questo c’erano veramente pochi dubbi… Ma le sue “certezze” hanno cominciato a vacillare quando gli è stato fatto notare che l’illuminazione non poteva essere quella che ha visto lui e che sembrava davvero la scena di un film quella del presunto “sguardo assente” del giovane sulla strada. Quanto all’effettivo riconoscimento di Denis Bergamini, il testimone ha cercato di arrampicarsi sugli specchi: era lui o non era lui? E se era veramente lui, perché non l’ha mai detto? Quando Rocco Napoli, sconsolato, ha preso atto che non poteva saperlo con certezza, messo alle strette e incalzato dalle domande dell’avvocato Anselmo se n’è uscito con un “penso di sì, penso che fosse Bergamini” decisamente tragicomico.

GALLERANI: “E’ TUTTO COMPLETAMENTE FALSO”

“Le dichiarazioni vengono rese in modo diametralmente opposto a seconda delle necessità del momento – osservava l’avvocato Eugenio Gallerani nella sua inchiesta difensiva risalente al 2011 -. Tra il 18 e il 23 novembre 1989 il problema era la posizione della Maserati, che non era in alcun modo compatibile con la versione dei fatti che si voleva far credere.

Se Bergamini si fosse davvero gettato sotto il camion dalla piazzola, la Maserati doveva essere sulla piazzola. Ma non era lì.

Che non fosse lì, ma sulla strada, è certificato da numerose testimonianze: prima tra tutte quella del carabiniere De Palo, che la colloca sulla strada. Ma anche quella di Ranzani, che al suo arrivo la vede sulla strada. Chissà quante persone (carabinieri e automobilisti che si sono dovuti fermare per l’ostruzione della strada) hanno visto la Maserati sulla sede stradale. Tante, troppe persone.

Ecco, quindi, che occorre risolvere un problema altrimenti insolubile, che porterebbe immediatamente a ritenere che i fatti si sono svolti in modo del tutto diverso da come rappresentato: che Bergamini non si trovava sulla piazzola, che quell’auto dietro il camion (a circa 10 metri dallo stesso) significava che proprio lì aveva dovuto abbandonare la Maserati e subito dopo, a pochi metri, aveva trovato la morte.

Se la Maserati è sulla strada, e non dove Bergamini l’ha lasciata, è certo infatti che tutto si è svolto in modo diverso da come raccontato.

Allora, la Maserati viene spostata da Isabella Internò dopo la morte di Bergamini: ecco perché non è nell’unico punto in cui ci si dovrebbe attendere di vederla, cioé nello spiazzo dove Denis l’ha lasciata prima di – secondo loro – gettarsi sciaguratamente sotto le ruote del camion…

Ma la soluzione non risulterà per niente appagante e allora Barbuscio, tramite la propria relazione e quella (completamente falsa) del titolare del ristorante Mario Infantino, che infatti poi la smentirà clamorosamente, farà spostare la Maserati fino al locale per poi infine farla “tornare” sulla statale, facendo perdere ogni senso alla posizione finale dell’autovettura.

Ormai appariva chiara a tutti una cosa: Bergamini non poteva essersi gettato sotto al camion dalla piazzola distante minimo 60 metri dal cadavere. Ecco allora che Isabella Internò indica che la Maserati era al centro della piazzola “più vicina al guard-rail” (ma non ci può essere piazzola vicino al guard-rail…). Ma allora, se giocoforza bisogna abbandonare il trascinamento del corpo di Denis, bisogna avvicinare la Maserati al guard-rail e non c’è più spazio per Isabella che prende l’auto per percorrere una decina di metri!!!

E allora, come per magia, sparisce lo spostamento della Maserati verso il corpo di Bergamini, sparisce come d’incanto tutto e Isabella non ha mai guidato in vita sua l’auto di Denis!

Dunque, si verifica esattamente quanto indicato: le diverse (e opposte) dichiarazioni vengono calibrate a seconda delle diverse necessità. Allorquando ciò che proprio non tornava – e non poteva tornare in alcun modo -, vale a dire la posizione della Maserati sulla sede stradale invece che sulla piazzola, Isabella “sposta” la macchina. Allorquando invece – ritenuta ormai superata la tematica e acquisito il dato che Bergamini non fosse stato ucciso, quando certamente non si sarebbe svolta più nessuna indagine, subentrava un altro problema, cioè che Bergamini non poteva trovarsi sulla piazzola nel momento in cui finì sotto il camion. E allora la piazzola si “dilata” fino al guard-rail (!!!) ed ecco che non c’è più spazio per una manovra della Maserati in avvicinamento al corpo di Bergamini. E Isabella Internò nega candidamente (tanto lei può tutto!) di avere spostato la Maserati, che così rimane ferma… Insomma, è tutto completamente FALSO”.