“Io non c’entro niente con la morte di Luca Bruni, e ve lo posso provare”.
Inizia così l’interrogatorio che sabato mattina nel carcere di Cosenza, davanti al Gip Ferrucci, ha sostenuto Francesco Patitucci. Il boss, così come lo definiscono i PM antimafia che ne hanno ordinato l’arresto, lo ritengono responsabile insieme a Roberto Porcaro e al già condannato Maurizio Rango (ergastolo), insieme ai pentiti Franco Bruzzese, Daniele Lamanna, Adolfo Foggetti, della morte di Luca Bruni ucciso il 3 gennaio 2012 e i cui resti furono trovati sepolti in un terreno il 18 dicembre del 2014 proprio grazie alle dichiarazione del pentito Foggetti.
Si difende Patitucci e dice di poter smentire le dichiarazioni dei pentiti che lo accusano. In particolare racconta che nel periodo dell’organizzazione e pianificazione dell’omicidio di Luca Bruni, lui non era in città. Oppure detenuto in altre città.
Patitucci accusa i pentiti di dire solo calunnie e che presto le loro bugie saranno smontate pezzo per pezzo. Ora la valutazione passa al Gip, al quale basterà comparare le dichiarazioni dei pentiti che indicano luoghi e date delle riunioni ed i riscontri prodotti dalla DDA, con le dichiarazioni di Patitucci che dovranno essere verificate, per capire chi dice il vero e chi no.
Ad accusare Patitucci, ricordiamolo, sono Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna, e Franco Bruzzese, che nello specifico dicono che Patitucci sapeva ed ha partecipato alle riunioni per la pianificazione dell’omicidio Bruni, e quando non poteva andare mandava qualcun altro.
Dichiarazioni che a detta dei Pm sono supportate da incontrovertibili riscontri. Tutti i pentiti confermano e forniscono, dicono i PM, prove oggettive dell’attiva partecipazione del Patitucci alla discussione e di essere tra i mandanti dell’omicidio Bruni. Comunque questo resta per il momento l’interrogatorio di garanzia, il primo vero scontro tra accusa e difesa è rimandato al tribunale del riesame dove si capirà chi sta bluffando.