di Francesco Frangella
Fonte: Marsili Notizie (http://www.marsilinotizie.it/)
Il Tribunale di Paola, in composizione collegiale, nelle persone dei Giudici Alfredo Cosenza (Presidente), Antonella Paone e Vincenzo D’Arco, nella giornata di ieri ha messo la parola “FINE” al primo grado di giudizio del processo scaturito per chiarire le eventuali responsabilità di cinque persone, a vario titolo coinvolte nelle indagini sullo smottamento franoso verificatosi lungo un crinale della collinetta su cui si erge l’Ospedale “San Francesco di Paola”.
Tutti assolti, con una formula che lascia adito a pochi dubbi, perché in base all’articolo 530 del codice di procedura penale, per due capi d’imputazione «il fatto non sussiste», mentre una terza accusa – in base all’articolo 531 – è stato ritenuto di non procedere in quanto “estinta” «per intervenuta prescrizione».
Il fatto, come è stato ampiamente descritto in aula e riportato dagli organi di informazione, partiva da un’accusa secondo la quale, a causare la famigerata frana (utile finanche a qualche politico come argomento per delegittimare l’ala paolana dello spoke condiviso con Cetraro), sarebbe stata la costruzione di una villetta proprio nei pressi del terreno scivolato a valle (che, tra l’altro, ha causato l’occlusione di un importante asse viario ripristinato parzialmente solo di recente).
La ricostruzione degli inquirenti è culminata nella requisitoria in cui il Pubblico Ministero ha chiesto pene da 4 anni e mezzo (per i proprietari della casa) a 3 anni (per direttore dei lavori e tecnici dell’Utc). Disposizioni che il collegio giudicante ha rigettato in toto.
È così che per Annarita Sganga e Pasqualino Saragò (marito e moglie), Eduardo Romano, Salvatore Romito e Silvestro Mannarino (tecnici), è terminato un calvario che oltre ad averli investiti nella loro sfera personale, ha avuto ripercussioni nella loro vita pubblica.
I cinque sono stati additati sin dalla prima ora come i “responsabili” dello sfacelo, bersagliati con cadenza quotidiana da professionisti della contumelia che – facendo leva sulle proprie attestazioni accademiche e sulle posizioni istituzionali occupate – hanno riempito e fatto riempire paginate di giornale, nonché schermate digitali, con opinioni e presunte “prove” di colpevolezza che il Tribunale di Paola ha spazzato come paglia secca.
Mai scalfite dai venticelli calunniosi (sbuffati finanche da gente che ha eseguito restyling di aree pubbliche cui i disabili, a tutt’oggi – ma ancora per poco e non grazie a loro – non possono accedere) alle cinque persone coinvolte in questa prima parte della vicenda, grazie soprattutto all’ottimo lavoro svolto dal collegio difensivo (composto dagli avvocati Gino Perrotta, Pietro Sommella, Alessandro Diddi,Giuseppe Maragò, Davide Rosselli e Massimo Zicarelli), sono state restituite le credenziali di partecipazione alla vita comune, quell’agibilità “sociale” di cui i cosiddetti “agitatori del ditino” volevano privarli.
Oltre all’assoluzione, il Tribunale ha disposto la restituzione delle opere in sequestro.