«Antonio Chianello non voleva uccidere Antonio Dodaro ma semplicemente ferirlo». Con queste parole la Corte di Assise di Cosenza (presieduta dal giudice Paola Lucente) ha motivato la condanna a 10 anni di carcere di Antonio Chianello, 36enne di Paola accusato di essere il responsabile della morte di Antonio Dodaro. Il tassista di 53 anni fu aggredito il 7 gennaio del 2020 a Cosenza e poi morì all’Annunziata il 13 gennaio, quasi una settimana dopo. Lo scorso novembre, i giudici della Corte di Assise di Cosenza hanno emesso la sentenza di condanna in primo grado e, nei giorni scorsi, hanno depositato le motivazioni. La Corte ha ritenuto Chianello colpevole del reato «ascritto qualificato ai sensi dell’articolo 584 del codice penale». È stata esclusa l’aggravante dei futili motivi e concesse all’imputato le circostanze attenuanti generiche. Ecco perché per i giudici si è trattato di un «omicidio preterintenzionale»: Chianello avrebbe voluto solo ferire la vittima «animato da un dolo di impeto, verosimilmente per il rancore che nutriva nei suoi confronti per le insidie e le avances sessuali che la vittima aveva rivolto alla sua fidanzata». E ancora: «Le modalità dell’accoltellamento mediante la rapida sequenza di tre coltellate, la prima all’addome non particolarmente profonda, e attutita dallo spessore dei vestiti; la seconda in regione sopra claveare destra e la terza nella regione del collo, non rivelano di per se la volontà omicida perché per la loro caratteristica e la loro intensità non azzerano la vitalità della vittima, che, al cospetto del Chianello, continuava a condurre il veicolo senza scendere dallo stesso e arrestava la marcia davanti al Pronto soccorso, ove si portava camminando vigile e orientato».
Nel corso del dibattimento, l’avvocato Sabrina Mannarino ha evidenziato come la ricostruzione della vicenda non coincidesse con quella fatta dagli inquirenti. Chianello confermò d aver incontrato la vittima quel giorno, ma non di averla aggredita.
Per i giudici della Corte d’Assise «è certo che Chianello avesse accompagnato la vittima al Pronto soccorso perché identificato dalla guardia giurata e dal personale del posto fisso di polizia all’interno dell’ospedale, dove, nell’immediatezza, rendeva sommarie informazioni. Ebbene – scrivono i giudici – detto comportamento stride con l’intenzione omicida e la esclude anche dal punto di vista della possibile rappresentazione dell’evento mortale. Questo comportamento successivo rivela, al contrario, che, avvedutosi della copiosa perdita di sangue, Chianello avesse deciso di portare il tassista in ospedale per consentirgli le cure urgenti. Di certo – concludono i giudici – la ragione accertata del gesto delittuoso, connessa alla gelosia e al rancore nutrito dall’imputato nei confronti del Dodaro, per le proposte di tipo sessuale rivolte alla fidanzata, probabilmente una fra le tante causali non emerse nel dibattimento, non costituisce motivo futile».
Per l’imputato è stata disposta l’interdizione legale e l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena e la libertà vigilata per tre anni. Fonte: Gazzetta del Sud