Pasquale Bonavota raccontato da Marisa Manzini: dalla Strage dell’Epifania alle sentenze annullate

Il magistrato Marisa Manzini nei suoi trascorsi alla Dda di Catanzaro ma anche alla procura di Vibo ha avuto modo più volte di incontrare i boss della famiglia Bonavota e Pasquale in particolare. E non è un mistero che il clan di Sant’Onofrio abbia espresso la volontà di “eliminarla”. Il 18 gennaio 2023, pochi giorni dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, Panorama l’ha intervistata e il giornalista Egidio Lorito ne ha tirato fuori un ritratto che mai come ora, dopo la sua cattura a Genova dell’aprile 2023 e dopo la condanna in primo grado a 28 anni di carcere a Bonavota nel processo Rinascita Scott, ritorna di prepotente attualità.

“Ho conosciuto la cosca dei Bonavota appena fatto ingresso nella Distrettuale antimafia – ricorda Marisa Manzini –, allorquando la provincia di Vibo divenne il centro di una sanguinosa faida tra le famiglie dei Bonavota di Sant’Onofrio e i Petrolo-Bartalotta di Stefanaconi e il giovane Pasquale Bonavota, benché minorenne, era già parte attiva della cosca familiare… il 6 gennaio del 1991 un commando aprì il fuoco all’impazzata nella piazza principale di Sant’Onofrio: pistole e kalashnikov fecero irruzione nella piazza antistante la chiesa di Maria Santissima delle Grazie lasciando a terra 2 morti e 11 feriti: tredici innocenti. Quest’episodio ha segnato certamente l’adolescenza di Pasquale Bonavota, che all’epoca aveva solo 16 anni… cresciuto poi in una famiglia chiamata a vendicare l’assalto al proprio territorio…”.

“Lo ricordo – afferma ancora Manzini – come una persona che assommava le due facce criminali: quella di ‘ndranghetista vecchia maniera, cresciuto all’interno di un clan che aveva fatto della dinamica violenta il leit motiv della propria vita, e quella del rampollo intenzionato ad estendere la propria presenza ben al di fuori dei limiti territoriali del suo comune. Le cronache lo rintracciano infatti a Carmagnola, vicino Torino, dove il clan poteva contare su numerosi affiliati, e a Roma”.

“E infatti a Roma Pasquale Bonavota investe ingenti quantità di denaro per acquistare numerose attività commerciali divenute e consolidatesi nel tempo come veri e propri centri di spaccio della droga aprendo anche la via all’interessante e lucroso affare dei videogiochi al punto da risultare, dalle indagini, titolare di una società intenzionata a investire in questo mercato che era all’inizio dello sfruttamento criminale”.

Lei immaginava di ritrovarselo dopo anni in questo elenco dei 4 superlatitanti?

“Ricordo bene che ogni qualvolta ci siamo confrontati per motivi di giustizia, avesse sempre mantenuto un atteggiamento formalmente corretto – non ha mai dato in escandescenze nel corso degli interrogatori cui lo sottoposi -: sicuramente si capiva che il suo crescente profilo criminale si fondava su un carisma molto marcato, ereditato sicuramente dal padre Vincenzo, ucciso nel 1977, e dalla circostanza di essersi trovato da bambino al centro di una faida di ‘ndrangheta”.

Un profilo criminale montante, dunque…

“Assolutamente, grazie ad una fitta rete di contatti in tutta Italia e soprattutto ai lasciti paterni. materiali e di conoscenze: a Roma, ad esempio, era sodale di un certo Angiolino Servello, suo conterraneo, che aveva stretto rapporti con i Casamonica”.

A questo punto, Lorito chiede a Marisa Manzini una sorta di raffronto con gli altri superlatitanti e il magistrato sottolinea un particolare di grande importanza. 

“… Ma c’è un aspetto da ricordare. A differenza degli altri tre superlatitanti dell’elenco in cui è inserito, per Pasquale Bonavota, ad oggi, le condanne più pesanti ovvero all’ergastolo non sono definitive. La Cassazione e la Corte d’Appello hanno infatti annullato le sentenze di condanna a suo carico….”. 

Per una migliore comprensione dei fatti. Il boss di Sant’Onofrio era latitante già dal 2018, ricercato per omicidi per i quali però più tardi è stato assolto. Nello specifico il 17 novembre 2021, la Corte d’Assiste d’Appello di Catanzaro assolse Pasquale e il fratello Nicola, ritenendoli non colpevoli dell’omicidio di Raffaele Cracolici, per il quale è stato invece condannato all’ergastolo l’altro fratello, Domenico Bonavota. Il 20 luglio 2022 la seconda assoluzione, stavolta per il caso di Domenico Belsito, ucciso a Pizzo nel 2004… Ma la giostra – e meno male! – adesso s’è fermata…