Perché Berlusconi si libera dei “falchi”

(FLAVIA PERINA – lastampa.it) – ROMA. Si dice che in politica non esistano uomini per tutte le stagioni, ma almeno una eccezione alla regola c’è. L’eccezione è Silvio Berlusconi, che ancora una volta con un gioco di prestigio ha adattato se stesso alle necessità del momento trasformandosi da controcantista del governo a governista doc. Lo ha fatto nel solito modo, liquidando il cerchio magico a cui aveva affidato la missione precedente (fare competizione interna alla «supponente prepotente arrogante offensiva» Giorgia Meloni) e intronandone uno più adatto all’urgenza di questi giorni: la contrattazione delle quattro o cinquecento poltrone collegate al cambio dei vertici delle partecipate e dintorni.

In tanti raccontano la svolta di Arcore come l’esito di uno scontro tra dame, la “forse moglie” Marta Fascina versus la plenipotenziaria Licia Ronzulli, motivato da sgarbi sulla giunta lombarda e altri micro-conflitti di territorio. In questa versione il Cavaliere è rappresentato come un ostaggio poco cosciente o addirittura rimbambito di partite giocate da altri, a cominciare dai figli Marina e Piersilvio e dai custodi dei soliti interessi aziendali. Sottovalutano l’imprinting politico del Cavaliere, che è sceso in politica per governare e ci è rimasto, sempre, per lo stesso motivo vivendo quasi come un oltraggio personale i periodi in cui è stato escluso dalle danze di Palazzo Chigi. L’opposizione non fa per lui, né quella esterna né tantomeno quella interna. Ma vi pare che proprio adesso, finalmente tornato in posizioni di maggioranza, potesse contentarsi del ruolo di spina nel fianco?

La storia recente peraltro ha visto ribaltoni ben più significativi del Fascina-gate, basti pensare al 2013 quando in meno di ventiquattr’ore il no alla fiducia per il governo di Enrico Letta (già annunciato da Renato Brunetta in aula) diventò sì senza alcuna spiegazione, “bruciando” non solo gli alleati di centrodestra ma anche una manifestazione di piazza già convocata. Non era ancora epoca di dame. I custodi della Casa dell’epoca erano Sandro Bondi e soprattutto Denis Verdini, un altro finito come si sa dopo aver imbastito il Patto del Nazareno con Matteo Renzi (e anche lì si disse: è Denis che comanda, Denis che impone la linea a un Cavaliere debilitato). Fallita quell’operazione, arrivarono Maria Rosaria Rossi e Francesca Pascale, con le meno visibili Alessia Ardesi e Deborah Bergamini. Padrone assolute di un partito che giocava ancora al centro. Beh, sparirono cinque minuti dopo la débâcle delle amministrative e il sorpasso leghista di FI: cominciava un’altra era, serviva una nuova musica.

Insomma, la strategia usa-e-getta dei cerchi magici è abitudine consolidata di Villa San Martino. Spesso si fa l’elenco degli aspiranti alla successione stroncati dal Cavaliere (Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini, Angelino Alfano, a cui vanno aggiunti luogotenenti di minor rango come Raffaele Fitto o Giovanni Toti) ma è altrettanto lunga, se non di più, la lista dei ciambellani di corte detronizzati dopo aver assolto al compito assegnato. All’ultima, Licia Ronzulli, fu intestata la costruzione di un asse privilegiato con Matteo Salvini nella prospettiva di un partito unico, la rottura con Mario Draghi e infine la strage di candidati eccellenti nelle liste delle ultime Politiche. Lei si è presa volentieri il ruolo di dama nera, avallando il racconto dei suoi superpoteri e dell’asse di ferro con Marta Fascina, la dama bianca che adesso il Cavaliere definisce “mia moglie”. Ronzulli era per tutti “la donna che comanda ad Arcore”, e magari ci credeva pure. Chissà che brutto risveglio, dopo essersi inimicata mezzo partito e aver seminato silenziosi rancori nell’altro mezzo.

In definitiva, col senno di oggi si può dire che questa storia di dame onnipotenti ha poco fondamento, esattamente come ogni precedente narrazione sui cerchi magici che avvolgono e imprigionano Silvio Berlusconi, che senza quel tipo di condizionamento sarebbe stato e sarebbe più saggio e ragionevole nelle scelte e persino più buono coi vecchi amici. Le dame con accesso illimitato in Villa sono solo il mezzo con cui il Cavaliere ribalta la vecchia regola della politica e la sostituisce con una diversa: non esistono donne per tutte le stagioni, ma uomini sì, e in Italia quell’uomo è lui.