Don Magorno è ufficialmente il segretario regionale del Pd uscente. Il mandato si è formalmente concluso, e come da “statuto” ha convocato per il prossimo 19 marzo l’Assemblea, dove si dovrà fissare e ufficializzare la data del congresso per il 13 maggio. Dopo di che sarà premura della Direzione nominare la Commissione che, una volta formata, guiderà il partito fino all’elezione del nuovo segretario regionale del Pd.
Come sempre un don Magorno ineccepibile sul piano formale e che, vista l’occasione, prende la palla al balzo per scrivere due righe ai compari di partito.
“Io – dice don Magorno – come è giusto che sia, mi sono assunto le responsabilità del risultato in Calabria ma gli altri, a cominciare da chi ha avuto incarichi di governo e di partito, a cominciare da chi rappresenta il Pd nelle istituzioni, dove sono e cosa dicono? Coloro che urlano allo scandalo e si stracciano le vesti come i sacerdoti nel tempio, dicano al Pd e ai cittadini cosa hanno prodotto in questi anni, cosa hanno fatto per i circoli, per i sindaci, per i territori!”
Don Magorno fa ammenda del disastro Pd in Calabria, ovviamente dopo essersi assicurato l’elezione, ma non ci sta ad essere il capro espiatorio di tutte le fetenzie targate PD, e come fanno i pentiti pagati per intorbidire le acque, tira in ballo altri, senza però mai fare il nome. A chi si riferisce Magorno? A Guccione, a Madame Fifì, a Ferdinando Aiello, a Censore… a chi?
Magorno, dopo aver lanciato sibilline accuse ai suoi detrattori, nella lettera, passa alla sua autodifesa, e sfida i nemici (che non si capisce chi sono) dicendo loro:
“Sono un giunco, che si piega al vento, ma non si spezza e a chi ha cercato di schiaffeggiare e offendere la mia dignità, a chi scriveva «ognuno accetta il Magorno che pensa di meritare», a chi ancora oggi mi insulta e si chiede perché sono stato eletto senatore, rispondo con la mia storia, umana e politica, la stessa storia che oggi mi ha portato al Senato della Repubblica.”
I voti a Magorno glieli ha portati la storia. Ma che storia è?
Spiega Magorno: “E’ una storia che nasce da lontano, che ha radici ben salde e sane, quelle dei miei genitori che con il proprio lavoro, con l’impegno politico e sociale hanno dato tanto senza pretendere nulla in cambio. Da loro ho imparato, soprattutto, il valore del sacrificio, a non scoraggiarmi mai, a lottare, a credere nei miei sogni e a difenderli, agendo sempre nel rispetto delle regole e dell’altro.”
Vabbè, la solita retorica sulla famiglia, per carità, ci sta tutta, e non la mettiamo in dubbio, ma noi vogliamo sapere da dove arrivano i voti.
Magorno ribadisce: “Lo ripeto ancora una volta: io vengo dai territori, sono un uomo che non appartiene agli apparati, né li ha mai condivisi. Non ho mai ceduto al compromesso né mai mi sono inchinato di fronte al potere. Non mi piacciono le lobby anzi le combatto apertamente. Non ho avuto in eredità posizioni politiche, rendite elettorali ma in virtù di una grande passione politica, (questa sì ereditata), mi sono tuffato nella mischia delle competizioni elettorali, dove i consensi si conquistano uno ad uno, sul territorio, gomito a gomito con la gente, confrontandomi e misurandomi apertamente sul campo. E insieme a tanti giovani, a tanti amministratori locali e grazie al contributo del mio territorio, all’affetto della mia gente, della mia famiglia, dei miei amici, ho avuto e collezionato successi e vittorie, nelle elezioni provinciali, nel mio comune, nella segreteria regionale, nelle parlamentarie fino a diventare deputato e ora senatore della Repubblica”.
Dice Magorno che i voti se li è conquistati uno ad uno, casa per casa, e senza aiuti da parte di lobby, intrallazzini, corrotti, e simili. E questa sua onestà è stata ripagata dalla gente che lo ha sempre eletto in tutte le competizioni elettorali a cui ha partecipato. Ma secondo noi manca ancora qualcosa. Perché i “voti” non tornano. E sono quelli degli amici più fidati di Magorno che chissà per quale motivo in questa lettera non cita mai. Eppure deve tutto a loro, così come ammette lui stesso in un intercettazione dei Ros dove si vanta di essere un uomo del clan Muto di Cetraro.
Magò, i voti della ‘ndrangheta dove li mettiamo? Come mai sei nemico di tutti in questa lettera, tranne che della ‘ndrangheta? Vedi che si possono offendere. E lo sai che gli sgarri si pagano.
Ed infatti, secondo noi, un messaggio tra le righe, don Magorno, ai suoi sodali di clan, ha deciso di mandarglielo lo stesso, giusto per non offendere. E’ chiaro che va colto e saputo leggere, bisogna essere un po’ esperti di pizzini. E così abbiamo chiesto aiuto ad un esperto che ci ha spiegato dove secondo lui sta il messaggio nascosto e ci spiega: Magorno nel chiudere la sua lettera resta fedele alla scelta di non fare nomi, e saluta così:“… a tutti auguro di riuscire a meritare la stessa stima e la stessa fiducia che in tanti da sempre mi assicurano”. E’ in quel “tanti” che sta la chiave di lettura che indica chiaramente il “nome” dei destinatari. Infatti se provate ad aggiungere alla frase di chiusura di don Magorno questo: … a cominciare dalla stima che il “compare” (boss), come tutti in paese sapete, mi ha sempre dimostrato, e insieme alla sua, quella di tutti gli amici degli amici a cui va la mia servile e totale ossequianza. Tutto fila liscio che è una meraviglia. Come la sua rielezione a senatore.