di MARCO LILLO E VALERIA PACELLI
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha perso la sua prima battaglia contro i commissari straordinari di Condotte. Il Tar di Roma ha accolto i ricorsi presentati dall’avvocato Andrea Abbamonte per il commissario Giovanni Bruno e dell’avvocato Federico Dinelli per il commissario Gianluca Piredda e ha sospeso ieri, con un’ordinanza, l’efficacia dell’atto con il quale il ministro Adolfo Urso il 6 settembre rimuoveva i due commissari straordinari rimasti in sella dopo le dimissioni del terzo, Matteo Uggetti. Ora Bruno e Piredda tornano alla guida della società di costruzioni finita sotto la direzione del ministero dopo la crisi che l’ha colpita nel 2018.
Nel ricorso nell ’interesse di Bruno, l’avvocato Abbamonte scriveva: “Elementi circostanziati supportano una precisa volontà di sostituzione dei Commissari in quanto evidentemente non graditi rispetto a quelli che sono stati nominati cosiddetti ‘Commissari liquidatori’. Il riferimento è, in specie, alla vendita della partecipazione di Condotte nella Società Eurolink Spa”, il Consorzio che costruirà il Ponte sullo stretto di Messina. Per Bruno il ministro non ha condiviso in particolare la cessione del 15 per cento di Eurolink a una società del gruppo di Mainetti, l’editore del Foglio. Per Bruno su quella vendita “si è concentrata l’attenzione direttamente del Ministro in un incontro tenuto con il ricorrente e gli altri Commissari straordinari, alla presenza, tra gli altri, oltre che del Capo di Gabinetto, del Capo dell’Ufficio legislativo e di uno dei Vice Capi di Gabinetto”.
La decisione del Tar accoglie il ricorso di Bruno ma non si esprime sul merito. Si tratta di una decisione presa solo sul piano cautelare. Nella motivazione però i giudici spiegano perché hanno ritenuto che il decreto di Urso andava sospeso e hanno fissato al 18 dicembre l’udienza per decidere il merito. L’ordinanza ritiene “a un primo esame proprio di questa fase, la sussistenza del requisito del fumus boni iuris allo stato quanto meno in relazione ai dedotti vizi di difetto di motivazione ed eccesso di potere”. Per i giudici il decreto di Urso non era motivato bene perché “si limita a valutare positivamente la professionalità e l’esperienza dei commissari di nuova nomina e a richiamare la direttiva del 2018 senza nulla dire circa la inidoneità (o minor idoneità) dei precedenti commissari (…); siffatta motivazione non è conforme ai principi affermati dalla richiamata giurisprudenza d’appello perché non lascia comprendere le ragioni giustificatrici della rimozione anticipata dei precedenti commissari”.
Per il Tar, lasciare i tre nuovi commissari al posto di Bruno e Piredda fino a decisione del medesimo Tar nel merito, sarebbe “suscettibile di compromettere, per tale lasso temporale, l’esigenza di assicurare una proficua ed efficace continuità gestionale, considerandosi che, a differenza dei soggetti di nuova nomina, i componenti del precedente collegio hanno già (…) conoscenza delle vicende relative alla procedura”.
Il Tar boccia in sostanza l’argomento usato dal Mimit per giustificare la cacciata dei due commissari, ossia la suddivisione tra fase di gestione (che era terminata quando interviene il decreto di Urso) e la fase liquidatoria della procedura. Il 18 dicembre si vedrà come finirà, ma due cose sono certe: i commissari di Condotte ora tornano nei loro pieni poteri. Inoltre la gestione del caso, visti i riflessi sulla questione del Consorzio che costruirà il Ponte, potrebbe diventare una mina non solo per Urso, ma per tutto il governo.