Povero Gratteri, ostaggio dei malandrini di stato

Povero dottor Gratteri, lui che non ha nessun scheletro nell’armadio, lui che è sempre stato una persona libera da condizionamenti e dalle correnti politiche e della magistratura, lui che piuttosto che violare la legge si farebbe impiccare, lui che non tradirebbe la Giustizia per niente al mondo, lui che non ha mai guardato un faccia nessuno, lui che da quando è arrivato a Catanzaro non è più lo stesso.

Da quando ha smesso di arrestare narcotrafficanti in giro per il mondo, ottenendo risultati che nessun magistrato in Italia ha mai ottenuto, per venire a dirigere la DDA di Catanzaro, ha capito che un conto è dare la caccia ai trafficanti di droga, un altro è dare la caccia ai malandrini di stato.

Fin quando arrestava spacciatori nessuno aveva niente da dire sulla sua attività, ma ora che deve arrestare i corrotti, i segnali che non può fare quello che Giustizia vuole, sono già arrivati.  I malandrini di stato a cui deve dar conto gli hanno già inviato un chiaro ed inequivocabile segnale: a Cosenza come a Catanzaro si fa quello che diciamo noi.

Sono loro che dettano la linea alla procura, quali inchieste portare avanti, chi arrestare e chi coprire. Neanche il tempo si insediarsi che subito è arrivato il primo avvertimento accompagnato da uno schiaffo morale che evidentemente lo ha messo ko.

Dai suoi uffici in questi giorni, in spregio alla sua persona, qualcuno ha portato via importanti verbali relativi ad inchieste sui politici corrotti, “donandoli” a certa stampa senza paura di subire conseguenze. Un reato gravissimo che la Legge sanziona. Ma che non vale per i malandrini di stato di casa nostra. La cui forza nessuno può contrastare, neanche Gratteri, che si è dovuto ammutare, mettersi la coda tra le gambe, e far finta di non aver visto quello che è accaduto in casa sua. Deve ingoiarsi il rospo e zitto.

Non può nemmeno aprire un fascicolo come la Legge dice, perché sarebbe la fine della sua carriera. E poi perché, per mettersi contro i malandrini di stato che gli hanno soffiato i verbali da sotto il naso,  ci vogliono le palle. Non quelle che da mesi ci racconta il dottor Gratteri in questo o quel convegno, le palle intese come attributi e capacità di andare fino in fondo alle vicende senza guardare in faccia nessuno. E qui, evidentemente, qualcuno da guardare in faccia c’è. Qualcuno a cui anche Gratteri deve dare conto. Altrimenti si sarebbe già incazzato per quello che gli hanno fatto.

Avrebbe già aperto una inchiesta per capire chi passa informazioni riservate dai suoi uffici a certa stampa. E non è la prima volta che succede. Invece tace. Spera di mitigare  attraverso le parole di lotta e di giustizia che pronuncia senza sosta, quanto accaduto nel suo ufficio.

Non può denunciare i malandrini di stato e allora si rifugia nei convegni, nei dibattiti, nelle televisioni, sperando che la rendita di cui “gode”per la sua specchiata e onorata carriera di magistrato, non si esaurisca presto. Piuttosto che lottare, come lui ama dire, contro la vera ‘ndrangheta dei colletti bianchi, preferisce tenersi una talpa nel suo ufficio. Questa è la situazione. Che non è nostra invenzione.

Prova ne è il fatto che nella totale impunità, e con disprezzo delle regole e della Legge, la talpa è entrata nel suo ufficio, ha aperto i suoi cassetti, ha prelevato i documenti, e li ha fatti arrivare a certa stampa, senza trovare nessun problema. Liscio come l’olio. E’ più facile fare una rapina alla Banca d’Italia, che prelevare documenti secretati da una procura, per giunta antimafia.

Eppure la talpa si muove indisturbata per gli uffici senza timore di essere fermata, prelevando a suo piacimento quello che le serve. In questo caso, come avete avuto modo tutti voi di leggere, ha “prelevato” documenti che parlano del coinvolgimento di un parlamentare del PD nella cosca Muto di Cetraro.

Come a dire: Grattè, cittu e porta ara casa. La pubblicazione di questi documenti è una vera è propria “notitia criminis”, ed è dovere di tutti i magistrati che la leggono o che ne vengono a conoscenza,  procedere. Ma Gratteri non procede. Perché non può, anche lui, se così è, dovrà uniformarsi alle regole dell’onorata società che governa indisturbata ed impunemente la nostra città da almeno 30 anni.

Povero Gratteri, pensava che sarebbe bastato solo il suo nome per mettere tutti in riga. Invece si è trovato messo in riga proprio da coloro i quali lui dice voler combattere. Come a dire: sono gli scherzi che spesso ci riserva il destino.

GdD