Quando il migliore alleato delle mafie è l’antimafia: racconto di un (ex) testimone di giustizia

Egregio Direttore,

mi rivolgo a Lei per far conoscere ai cittadini e agli addetti ai lavori, cosa vuol dire vivere per molti anni all’interno del programma di protezione.

Sono un ex testimone di giustizia deluso dalle Istituzioni. Ho deciso di scrivere questa lettera adesso, visto che da poco si è celebrata la giornata della legalità. Vorrei cominciare proprio con una celebre frase di Giovanni Falcone: “La mafia si combatte non con il sacrificio di inerti cittadini, ma impegnando le migliori forze delle istituzioni”. Aveva visto lungo Falcone, anche se quelli erano anni in cui il programma di protezione era riservato ai soli collaboratori di giustizia.

Successivamente, con la legge n. 45 del 2001, tale misura venne estesa anche ai testimoni di giustizia. Purtroppo ancora oggi, l’ignoranza, nel senso intrinseco del termine, induce la maggior parte delle persone ad associare il Servizio Centrale di Protezione ai soli collaboratori di giustizia, meglio conosciuti come pentiti. Il sistema di protezione si può dire che non è mai decollato, e, sebbene siano trascorsi diciassette anni da allora, continua a non funzionare.

Leggo che le DDA, in particolare quella di Catanzaro, continuano ad esortare “gli inerti cittadini” a testimoniare contro i clan di “’ndrangheta”, senza dire come il Servizio Centrale di Protezione provvede a sostenere chi la testimonianza l’ha resa.

Molte sono le ragioni del malfunzionamento. Innanzitutto, a mio avviso, l’indifferenza della politica. Non esiste ancora ad oggi una vera e propria collaborazione tra il Ministero degli Interni, altri Ministeri e organi dello Stato. Sì, certo, in teoria, questa collaborazione c’è, diranno che c’è. Diranno che ci sono dei referenti all’interno dei ministeri e degli uffici pubblici. Il problema è che funziona male e le comunicazioni tra gli uffici sono lente e spesso si perdono, come tra NOP (Nucleo Operativo di Protezione) e SCP, tra SCP e Commissione Centrale, e poi con qualsiasi altro ufficio.

Basti pensare che, per fare un esempio, avendo in uso i documenti di copertura, i tempi medi per avere la patente con le suddette generalità sono di almeno 6/8 mesi, quando va bene. Lo stessa dicasi per i certificati o i documenti con le vere generalità. Vorrei ricordare a questo stato, che voleva tanto guardare al “futuro”, che siamo nel 2018, ed è allucinante che ancora, tutti i documenti, le istanze, le comunicazioni tra uffici, tra uffici e sottoposti al programma, tra ministeri (ecc..), debbano avvenire a mano. Qualcuno potrebbe obiettare che non si usano alcuni mezzi per questioni di sicurezza. Peccato che è proprio dal Servizio Centrale che, per negligenza degli operatori, capita che vengano svelati dati molto sensibili. Purtroppo a me è successo. Ad esempio, se io mi trovo a Milano e devo inviare una comunicazione al Servizio Centrale, devo consegnarla fisicamente al NOP Lombardia, che non può chiaramente trasmetterla per via telematica a Roma, ma deve aspettare la prima data utile per recarsi al Servizio Centrale per poterla consegnare. Da li viene poi smistata a chi di dovere e, nella maggior parte dei casi, si perde nell’etere. Stessa cosa per la posta personale. Possibile che non si possa usare una PEC?

Neanche i fax sono ammessi, e credo che ormai siano proprio fuori produzione per il grado di obsolescenza. Piccolo inciso, mettere come residenza fittizia Via dell’Arte (che poi fittizia fino ad un certo punto, essendo quella che risulta sui documenti reali), non è una cosa proprio intelligente. In primis per motivi di sicurezza .Nel momento in cui una qualsiasi persona viene a conoscenza della tua residenza (parlo anche semplicemente di funzionari, uffici vari, o chiunque per un motivo o per un altro, abbia visto il tuo documento), basta una rapidissima ricerca su Google per sapere che in Via dell’Arte, 81 ha sede la Direzione Centrale della Polizia Criminale, con annesso Servizio Centrale di Protezione. Quindi vuoi o non vuoi, a meno che una persona non sia davvero idiota, viene fuori che o sei un collaboratore o un testimone.Forse il legislatore dovrebbe provvedere a colmare talune lacune. Purtroppo la maggior parte dei parlamentari è all’oscuro di tutto e nonostante il Presidente della Commissione Centrale è sempre un sottosegretario all’Interno, quindi anche parlamentare, mi preme segnalare come poco si siano attivati in questi anni i vari Presidenti che si sono avvicendati. Cito Alfredo Mantovano, Marco Minniti, Mantovano bis, De Stefano ( Governo Monti ) e in ultimo Filippo Bubbico. Poco o nulla hanno fatto  per apportare dei miglioramenti.

Mi è capitato di partecipare ad un incontro in cui era presente la Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Rosy Bindi, che nonostante i suoi lunghi anni di carriera politica, scoprì il mondo dei testimoni, solo a seguito del suo nuovo incarico.  Appreso il numero esiguo degli stessi, rivolgendosi alla persona seduta accanto a lei, mostrò meraviglia per il fatto che così poche persone non fossero state assunte presso la Pubblica amministrazione. Sicuramente  la struttura è complessa, ma è anche appesantita da un eccessivo numero di dipendenti, molti dei quali inadeguati a ricoprire il ruolo che svolgono. Questo vale sia a livello apicale che per i livelli inferiori.

Altro problema è il turnover tra i vari Direttori ( Servizio, Sezioni e Divisioni ). Il ricambio, con scadenza quasi sempre triennale, determina che i nuovi Direttori, ignari e poco preparati a svolgere il loro nuovo incarico ( si tratta di persone appartenenti alle varie Forze dell’ordine ), iniziano a comprendere i vari meccanismi del Servizio Centrale di Protezione nel momento in cui vengono trasferiti. Mi è capitato di essere ricevuto in uno dei suddetti cambi e, ai problemi sottoposti, mi sono sentito dire “non conosco il suo fascicolo”. Eh sì, il testimone e la sua famiglia altro non sono che un fascicolo al pari di una qualsiasi pratica burocratica.

Apro e chiudo parentesi. Un direttore di sezione, capitano o colonnello dei carabinieri, non ricordo bene il grado, mi disse scusandosi che lui pensava che il documento con le generalità di copertura avesse la stessa valenza del documento con le generalità reali. Sono stato nel programma per quasi quindici anni, e, nonostante ne sia ufficialmente fuoriuscito, non sono finiti i problemi creati da tutta questa struttura. Ciò per dire che, dopo quindici anni, funzionari e dirigenti (con cui ho avuto a che fare più e più volte) mi hanno detto: “ah, ma perché lei ha in uso i documenti di copertura?”. Per non parlare di quante volte è stato commesso l’errore, sempre da parte loro, di confondere le due generalità. Non si è mai confuso neanche mio figlio, e ha iniziato ad avere una “doppia identità” quando aveva sette anni. Chiudo parentesi…

E per il momento mi fermo qui…

1 – (continua) SECONDA PARTE (http://www.iacchite.com/racconto-di-un-ex-testimone-di-giustizia-chi-garantisce-la-nostra-sicurezza/)