Quel giorno con Pasolini a Lecce a difendere dialetti e canti popolari (di Vito Maiorano)

Iacchite’ si è sempre distinto per l’uso di parole dialettali molto evocative: è la lezione di Pasolini. Ti invio un breve pezzo di un mio amico che ricorda Pasolini.

Giovanni 

QUEL GIORNO CON PASOLINI A DIFENDERE DIALETTI E CANTI POPOLARI 

di VITO MAIORANO

Nel 45° anniversario dell’assassinio di Pier Paolo Pasolini, vogliamo ricordarne l’ultima giornata pubblica, quella che lo vide protagonista tra Lecce e Calimera il 21 di ottobre del 1975.

Il mattino tiene una lezione-dibattito presso il Liceo Classico Palmieri, all’interno di un corso di aggiornamento per docenti (giunti per l’occasione da ogni regione confinante) organizzato dal Ministero della Pubblica Istruzione, sul tema Dialetto e scuola.

La sessione di lavoro, tenutasi dal 20 al 26 ottobre 1975, era stata ideata e realizzata da Antonio Piromalli, ispettore centrale del Ministero, convinto assertore della necessità di rinnovamento delle didattiche disciplinari, ed affiancato nella direzione del corso di Lecce da Gustavo Buratti, presidente dell’Associazione internazionale per la difesa delle lingue e delle culture minacciate. Alle lezioni dovevano seguire un dibattito e la redazione di documenti organizzata per gruppi di studio.

L’incontro si svolge nell’Aula Magna del Palmieri, in modo da permettere la partecipazione degli studenti e della cittadinanza, oltre ai corsisti previsti.

Pier Paolo inizia leggendo il monologo finale del suo dramma ancora inedito Bestia da stile, nei cui primi versi è l’espressione volgar’eloquio scelta come titolo, di sapore vagamente poundiano. Ma subito dopo propone di passare immediatamente al dibattito, e la lezione si sviluppa attraverso un serrato contraddittorio dialettico tra i quesiti proposti da docenti e studenti sullo stato dei dialetti, che Pier Paolo vede condannati ad una sopravvivenza marginale, e le sue risposte, che finiscono per toccare i principali temi di tutta l’eresia pasoliniana: il ruolo della scuola ed il paradosso della de-scolarizzazione di massa, il genocidio consumista, il destino delle lingue minoritarie e degli indipendentismi, la retorica delle autonomie territoriali decentrate, l’omologazione delle culture subalterne, la mutazione conservatrice del partito comunista, la censura e la falsa tolleranza, la mercificazione consumistica del sesso.

Alla lezione sono presenti due calimeresi, Rocco Aprile e Luigi Tommasi: Rocco conosce già Pier Paolo, ed al termine della lezione lo raggiunge tra la folla e lo invita seduta stante a raggiungere Calimera dopo pranzo.

Nel suo “Canzoniere popolare”, Pier Paolo ha incluso alcuni testi in griko, e non può lasciarsi scappare l’occasione di ascoltare la viva voce dei cantori popolari che conosceva solo da fonti scritte. Detto fatto: un piatto di fave e cicorie con Luigi, ed alle tre del pomeriggio sono a Piazza del Sole, dove Rocco ha risolto il problema del luogo in cui ospitare il poeta.

Non è stato affatto semplice: le scuole del paese non hanno voluto dare il permesso di utilizzare nessun’aula, e persino il sindaco democristiano e la sua giunta hanno scelto di non presenziare.

Rocco ripiega verso uno stanzone di proprietà della famiglia del sindaco calimerese degli anni ’50, lo scomparso Giannino Aprile, autore della silloge di canti popolari griki Traùdia (che, una cui copia sarà poi regalata a Pier Paolo: siamo in una delle vecchie fabbriche di tabacco, con ancora la polvere e le ragnatele che non c’è stato il tempo di rimuovere.

La notizia si è sparsa per il paese, ed in pochi minuti la fabbrica si riempie di gente: ci sono musicisti come Roberto Licci e cantori popolari come Cosimino Surdo, ci sono operai e contadini, ci sono le donne e i ragazzi.

Pier Paolo ascolta in silenzio, affascinato, i tradizionali canti popolari improvvisati di sola voce e tamburello d’accompagnamento. I canti funebri ormai scomparsi. Le storie contadine. Ogni tanto chiede spiegazioni. Lo fulmina in particolare Aremo rindineddha, l’inno identitario dei calimeresi. Di ora, come di allora.

Il fotografo del paese Antonio Tommasi improvvisa un set di foto dell’occasione: ne vengono fuori degli scatti straordinari, di bianco e nero poetico e graffiante, ancora oggi considerati tra i migliori riguardanti il Poeta.

A ricordo, il 5 di marzo del 2017 il Comune di Calimera posò una targa rievocativa sulle mura di quel Palazzo Mayro-Murrone che ospitava la fabbrica di tabacco in cui PPP pronunciò le sue ultime parole pubbliche. Una sorta di risarcimento morale per l’esclusione che sempre lo accompagnò, non ultima quella di una parte della Calimera dell’epoca.

L’ultimo passaggio pubblico di Pasolini fu salentino, fu griko, fu popolare.

In cambio delle nostre fave e cicorie, ci ha lasciato l’idea della rinascita dei dialetti come cultura autoctona.

In cambio dei nostri canti, ci ha lasciato la poesia civile.

In cambio della nostra luce, ci ha lasciato la denuncia dell’orrore del conformismo.

In cambio delle nostre pietre, ci ha lasciato la diffidenza nei mass media.

In cambio della nostra terra, ci ha lasciato la difesa del diverso.

Pier Paolo ha lasciato dappertutto l’orma di un’intelligenza superiore.

L’ultima orma pubblica, l’ha lasciata a Lecce e Calimera.