Referendum. Il mancato quorum manda due segnali: uno di questi è un enorme chissenefrega

Il mancato quorum al referendum manda due segnali. Il primo è un grandissimo chissenefrega relativamente alle questioni pubbliche: è il trionfo dell’individualismo, della convinzione – duplice – che ognuno basta a se stesso e si salva da solo, e che qualcun altro si occuperà dei problemi al nostro posto e nel migliore dei modi. È praticamente la vittoria della politica delle consorterie, che soprattutto in un Paese come il nostro potrà continuare a fare il bello e il cattivo tempo come già da qualche decennio accade, senza preoccuparsi di checks and balances.

Il secondo è la dimostrazione della prevalenza nel Paese e nella sua mentalità di modelli culturali e sociali arretrati e di tipo valoriale: il lavoro basta purché ci sia, indipendentemente dalle condizioni, sono altre le cose più importanti, in primis la famiglia e i figli.

Si poteva votare su temi, non per partiti, evitando di scivolare o di farsi trascinare nella solita partigianeria e faziosità, di cui siamo maestri da secoli. Il Paese ha invece deciso di accettare la sottomissione, di continuare ad abbassare la testa nel nome di valori giudicati più alti e prioritari, ma che in ultima analisi – per le condizioni alle quali vengono preservati e tutelati – vanno ad inficiare l’effettiva libertà e capacità di autodeterminazione esistenziale dei singoli.

Queste sono le lezioni date dal referendum. Rebus sic stantibus, non resta quindi – per chi può – sottrarsi alla collaborazione e negare il proprio contributo alla crescita di un Paese assestato su posizioni così retrograde, o – per chi non può – contribuire all’emigrazione delle energie migliori cui abbiamo assistito negli ultimi anni.