Reggio 70, l’ultimo atto della rivolta: un “Pacchetto” e più finali. La canzone di Giovanna Marini

Dopo la commemorazione di ieri della strage di Gioia Tauro, volgono al termine le celebrazioni del 50° anniversario della rivolta di Reggio Calabria. Ci rimane da raccontare il finale o meglio i “più finali” come scrive Francesco Forgione sul suo “Porto Franco”. 

La storia della rivolta di Reggio, come tutte le cose di questa terra, ha avuto più finali. Il 27 gennaio del 1971, dopo mesi di bombe, gerriglia e coprifuoco, a Roma si trova il compromesso: Catanzaro è la sede della Giunta e Reggio la sede del Consiglio regionale. Non esiste altra regione in Italia dove gli assessori e il presidente devono fare ancora oggi 150 chilometri per spostarsi dagli uffici del governo a quelli del Consiglio. Però era stato giusto così: un po’ di uffici e un po’ di assunzioni erano stati equamente distribuiti.

In realtà, con la rivolta si era ridisegnata la geografia economica e sociale della regione. Cosenza avrà l’università e diventerà il centro culturale. Ed era ora, visto che intere generazioni di calabresi erano state costrette a studiare e laurearsi a Messina, che sta dall’altra parte dello Stretto ma da sempre è l’unica vera università della Calabria.

A Catanzaro si concentrerà il grosso della burocrazia e degli impiegati pubblici, perché di qualcosa, in quella città che non ha niente ed è quasi inutile, bisognerà pur mangiare.

A Reggio, invece, arriveranno le fabbriche e lo sviluppo. La città avrà un apposito “decreto Reggio” per distribuire un centinaio di miliardi di lire e creare nuove infrastrutture. La zona ionica avrà la sua grande industria, la Liquichimica. E nella Piana di Gioia Tauro – che dopo la strage del treno avevano scoperto dove si trovasse anche quelli del Nord – sarebbe nato il Quinto centro siderurgico e il porto più bello e grande del Mediterraneo.

Tutto questo era scritto nel “Pacchetto Colombo”, che prese il nome del Presidente del Consiglio dell’epoca. Il governo lo aveva approvato l’1 febbraio 1971 ed era il primo provvedimento fatto da un governo della Repubblica per intervenire su un singolo territorio.

Ora, finalmente, le barricate potevano essere rimosse, con le buone o con i blindati dell’esercito che da mesi occupavano tutta la città. In realtà, col tempo, la rivolta si era trasformata in piccoli fuochi di guerriglia, una sorta di guerra a bassa intensità.

La vera parola fine, però, arriverà due anni dopo, il 22 ottobre del ’72. La scriverà una delle più grandi manifestazioni sindacali che l’Italia ricordi. Centomila operai giunti a Reggio da tutta l’Italia sfilano in una città muta e ostile. Molti sono calabresi e siciliani che ritornano a casa sotto le bandiere dei sindacati e della sinistra che hanno incontrato, per la prima volta, nelle fabbriche del Nord.

Per mesi Reggio era stata ostaggio di forze eversive che avevano avuto la capacità di impossessarsi e dirigere, con un grande consenso popolare, una spinta alle ribellione e un malessere sociale che covava da decenni e che nessuno prima era stato in grado di rappresentare.

Nella notte precedente il corteo decine di bombe erano scoppiate lungo la linea ferroviaria, precedendo o accompagnando i treni operai da Roma in giù. Molti, partiti da Torino. Milano, Genova e Bologna non erano arrivati….

Giovanna Marini: I treni per Reggio Calabria

Il viaggio e la giornata sono descritti da una canzone di Giovanna Marini, storica cantautrice di sinistra (https://www.youtube.com/watch?v=GszUB8VanRc)

I treni per Reggio Calabria

Andavano col treno giù nel meridione
per fare una grande manifestazione
il ventidue d’ottobre del settantadue

in curva il treno che pareva un balcone
quei balconi con la coperta per la processione
il treno era coperto di bandiere rosse
slogans, cartelli e scritte a mano

da Roma Ostiense mille e duecento operai
vecchi, giovani e donne
con i bastoni e le bandiere arrotolati
portati tutti a mazzo sulle spalle

Il treno parte e pare un incrociatore
tutti cantano bandiera rossa
dopo venti minuti che siamo in cammino
si ferma e non vuole più partire

si parla di una bomba sulla ferrovia
il treno torna alla stazione
tutti corrono coi megafoni in mano
richiamano “andiamo via Cassino

compagni da qui a Reggio è tutto un campo minato,
chi vuole si rimetta in cammino”
dopo un’ora quel treno che pareva un balcone
ha ripreso la sua processione

anche a Cassino la linea è saltata
siamo tutti attaccati al finestrino
Roma ostiense Cisterna Roma termini Cassino
adesso siamo a Roma tiburtino

Il treno di Bologna è saltato a Priverno
è una notte una notte d’inferno
i feriti tutti sono ripartiti
caricati sopra un altro treno

funzionari responsabili sindacalisti
sdraiati sulle reti dei bagagli
per scrutare meglio la massicciata
si sono tutti addormentati

dormono dormono profondamente
sopra le bombe non sentono più niente
l’importante adesso è di essere partiti
ma i giovani hanno gli occhi spalancati

vanno in giro tutti eccitati
mentre i vecchi sono stremati
dormono dormono profondamente
sopra le bombe non sentono più niente

famiglie intere a tre generazioni
son venute tutte insieme da Torino
vanno dai parenti fanno una dimostrazione
dal treno non è sceso nessuno

la vecchia e la figlia alle rifiniture
il marito alla verniciatura
la figlia della figlia alle tappezzerie
stanno in viaggio ormai da più di venti ore

aspettano seduti sereni e contenti
sopra le bombe non gliene importa niente
aspettano che è tutta una vita
che stanno ad aspettare

per un certificato mattinate intere
anni e anni per due soldi di pensione
erano venti treni più forti del tritolo
guardare quelle facce bastava solo

con la notte le stelle e con la luna
i binari stanno luccicanti
mai guardati con tanta attenzione
e camminato sulle traversine

mai individuata una regione
dai sassi della massicciata
dalle chine di erba sulla vallata
dai buchi che fanno entrare il mare

piano piano a passo d’uomo
pareva che il treno si facesse portare
tirato per le briglie come un cavallo
tirato dal suo padrone

a Napoli la galleria illuminata
bassa e sfasciata con la fermata
il treno che pareva un balcone
qualcuno vuol salire attenzione

non fate salire nessuno
può essere una provocazione
si sporgono coi megafoni in mano
e un piede sullo scalino

e gridano gridano quello che hanno in mente
solo comizi la gente sente
ora passa la notte e con la luce
la ferrovia è tutta popolata

contadini e pastori che l’hanno sorvegliata
col gregge sparpagliato
la Calabria ci passa sotto i piedi ci passa
dal tetto di una casa una signora grassa

fa le corna e alza una mano
e un gruppo di bambini
ci guardano passare
e fanno il saluto romano

Ormai siamo a Reggio e la stazione
è tutta nera di gente
domani chiuso tutto in segno di lutto
ha detto Ciccio Franco “a sbarre”

e alla mattina c’era la paura
e il corteo non riusciva a partire
ma gli operai di Reggio sono andati in testa
e il corteo si è mosso improvvisamente

è partito a punta come un grosso serpente
con la testa corazzata
i cartelli schierati lateralmente
l’avevano tutto fasciato

volavano sassi e provocazioni
ma nessuno s’è neppure voltato
gli operai dell’Emilia-Romagna
guardavano con occhi stupiti

i metalmeccanici di Torino e Milano
puntavano in avanti tenendosi per mano
le voci rompevano il silenzio
e nelle pause si sentiva il mare

il silenzio di quelli fermi
che stavano a guardare
e ogni tanto dalle vie laterali
si vedevano sassi volare

e alla sera Reggio era trasformata
pareva una giornata di mercato
quanti abbracci e quanta commozione
il nord è arrivato nel meridione

e alla sera Reggio era trasformata
pareva una giornata di mercato
quanti abbracci e quanta commozione
gli operai hanno dato una dimostrazione

… La storia della rivolta finiva lì. Continuava invece quella del potere parallelo che in essa si era saldato e da essa, ancora dopo decenni, avrebbe continuato a trarre alimento.

Certo, bisogna essere onesti: non è che la storia della Calabria e quella dell’Italia è stata decisa nei summit dei capibastone e negli incontri delle logge degli incappucciati, come ogni tanto qualche giornalista e qualche magistrato di quelli che si dicono “duri e puri” vanno dicendo in giro. Ma qualcosa hanno sicuramente contato e pesato se sono riusciti a condizionare le scelte della politica e l’azione dello Stato.

Se no, dopo decenni, non ce li troveremmo ancora più forti e più potenti di prima a fare affari in mezzo mondo, sempre più mischiati con imprenditori, politici di tutti i colori e con magistrati e sbirri da Reggio a Milano, dalla Piana a Roma, da San Luca a Torino.

Fin qui il ricordo di Francesco Forgione. Rimane ancora un aspetto da approfondire, legato in qualche modo alla rivolta di Reggio, ed è quello sportivo. Calcistico in particolare. Durante i mesi della rivolta, il Catanzaro – che gioca in Serie B come la Reggina – verrà clamorosamente promosso in Serie A e per la Calabria sarà comunque un’annata storica. I due derby si sarebbero giocati a Firenze e non senza polemiche e solo grazie al senso di grande responsabilità di due fantastici uomini di sport come Nicola Ceravolo, presidente del Catanzaro e Oreste Granillo, presidente della Reggina, le conseguenze non furono nefaste. Ma ne scriveremo in un capitolo a parte.