Tutti i dettagli dell’inchiesta “Inter nos” della Dda di Reggio Calabria, che ha portato alla luce truffe e illeciti sulla pandemia, comprese le disinfestazioni degli ospedali, la sottrazione di mascherine a medici ed infermieri e la somministrazione illegale di vaccini, sono stati ampiamente illustrati dal procuratore Capo Giovanni Bombardieri, dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni, dal comandante provinciale Gdf Alessandro Barbera, dai colonnelli Marco Marricchi, Agostino Brigante e Maurizio Cintura nella conferenza stampa seguita all’operazione:
Magistrati e forze dell’ordine si sono soffermati sui reati di associazione di stampo mafioso, finalizzati alla turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione, frode nelle pubbliche forniture, estorsione, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. E’ stato anche eseguito un decreto di sequestro preventivo d’urgenza, emesso dalla Procura Distrettuale, dell’intero patrimonio aziendale di 5 persone giuridiche, per un valore stimato di oltre 12 milioni di euro.
“L’operazione odierna è l’epilogo delle complesse indagini condotte dal G.I.C.O del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria e dal Servizio Centrale I.C.O, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, a contrasto dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nell’economia legale – spiega il procuratore Bombardieri -. E’ una indagine importantissima, rappresenta una realtà che si protrae da anni e che parte dallo scioglimento dell’Asp di Reggio Calabria, dal suo Commissariamento, da alcune segnalazione dell’Anac e riprende, in un lavoro sapientemente svolto dalla Guardia di Finanza, risultanze di vecchi procedimenti: già nel ’96, il Gip in un’ordinanza di custodia cautelare per il procedimento “Mare-Monti”, dava conto dell’esistenza di una sorta di cupola che controllava il settore delle pulizie negli ospedali. Successivamente, anche nel 2008, altre indagini svolte in questo settore, avevano raccolto elementi in cui si concentravano interessi illegali per quanto riguarda la sanità reggina – continua bombardieri –. Oggi siamo riusciti a mettere a sistema uno spaccato desolante che vede la congiunzione di interessi privati e pubblici, l’inquinamento dell’unica gara bandita nel 2013 ed aggiudicata nel 2016 attraverso sistemi illegali di corruzione raccontati nel corso di intercettazioni e dove continuano a pagare soggetti della pubblica amministrazioni ormai, in pensione da tempo. L’indagine ha poi svelato una serie di corruttele che riguardano il direttore dei servizi finanziari interessato ai pagamenti di una corsia preferenziale per queste imprese e l’interesse di un politico regionale per la conferma gradita all’associazione illegale per il suo mandato per ulteriori tre anni”.
Il Procuratore Capo ribadisce che “tutto questo è rappresentato plasticamente da una serie di conversazioni in cui si dà conto di quello che viene pagato, degli interventi che devono essere svolti per confermare il direttore utile ai propri affari, tutte le attività che vengono svolte in un contesto dove non sono risparmiati riferimenti alle attività di sanificazione delle strutture sanitarie del distretto di Reggio Calabria, Melito e di Locri in cui emerge che molte attività non sono state svolte a regola d’arte o sono state svolte in maniera superficiale seppure pagate normalmente”.
“Addirittura, abbiamo prove sull’appropriazione di dispositivi di protezione destinati ai medici e agli operatori sanitari, sottratti proprio da questi soggetti, si saltavano le file dei vaccini nella prima fase di somministrazione e abbiamo registrato una serie di condotte che lasciano basiti – conclude Bombardieri -. Abbiamo rilevato come si operava in maniera così criminale in un ambito importante e delicato come quello della sanità. Un ulteriore aspetto è l’estorsione a cui erano sottoposti alcuni dipendenti operanti a Melito che venivano costretti da alcuni imprenditori a restituire una parte di stipendio corrisposto”.