di Gabriele Franzini
Fonte: Reggionline
POLITICA E COSCHE: IL MAGISTRATO E IL SENATORE
Politica e cosche: il magistrato e il senatore
Nel 2014 la relazione della Direzione nazionale antimafia sulla criminalità nel territorio emiliano fece infuriare Carlo Giovanardi. Il parlamentare attaccò frontalmente l’autore per le critiche a quei politici che contestavano le interdittive delle Prefetture di Reggio e Modena. Era Roberto Pennisi
REGGIO EMILIA – La Relazione annuale 2014 della Direzione nazionale antimafia aveva riproposto, per la nostra regione, una mappa che vedeva l’influenza della ‘ndrangheta radicata in Emilia arrestarsi alle porte di Bologna e della Romagna ed espandersi invece verso la Bassa lombarda e il Veneto. L’Antimafia elogiava le interdittive delle Prefetture di Reggio e Modena e deplorava l’atteggiamento di quei politici che le criticavano. Un passaggio della Relazione, in particolare, aveva mandato su tutte le furie Carlo Giovanardi, senatore modenese del centrodestra, all’epoca membro della Commissione parlamentare antimafia. Il passaggio è questo: “Non inutile sarebbe una maggiore cautela nel disapprovare provvedimenti di organi amministrativi dello Stato [..…] con censure che creano disorientamento nella collettività [..…] concorrendo a determinare la erosione della legalità […..] Un imperdonabile errore, quando di errore si tratti”.
A Giovanardi, critico implacabile delle interdittive, queste parole non andavano giù. Il 19 settembre 2014, durante una riunione straordinaria della Commissione antimafia in Prefettura a Bologna, attaccò con nome e cognome il magistrato che aveva scritto la relazione, polemizzando sulle interdittive con i Prefetti di Bologna e Modena e con il Questore di Bologna. Una settimana dopo, il 25 settembre, insieme ad alcuni colleghi, Giovanardi presentò un’interpellanza in Senato in cui chiedeva se il Governo condividesse le affermazioni di quel magistrato della Dna. Il 17 ottobre criticò la relazione durante un incontro con i vertici provinciali dei Carabinieri di Modena, che aveva voluto vedere per convincerli a cambiare posizione sull’esclusione dalla white list della ditta Bianchini di Finale Emilia. E il giorno dopo, il 18 ottobre, nel corso di un faccia a faccia con la famiglia Bianchini, raccontò che in Commissione antimafia aveva fatto mettere a verbale che l’autore di quelle pagine doveva “vergognarsi”.
Il magistrato che avrebbe dovuto vergognarsi era Roberto Pennisi, consigliere della Direzione nazionale antimafia che ha partecipato alla fase iniziale dell’indagine Aemilia. Per paradosso, molti anni dopo Pennisi sarebbe diventato il beniamino di alcuni ex imputati del processo Aemilia, che lo hanno posto in contrapposizione – lui ha detto in modo strumentale – a Marco Mescolini. Forse è un caso, forse no, sta di fatto che quando è venuto nei giorni scorsi a Reggio per un incontro pubblico, Pennisi ha voluto rileggere parola per parola un passaggio di quella sua relazione del 2014: proprio quello che aveva fatto infuriare Giovanardi.
IL CASO GIOVANARDI: PERCHE’ LA PROCURA DI MODENA CHIEDE DI PROCESSARLO
Il caso Giovanardi: perché la Procura di Modena chiede di processarlo
Sarà la Corte Costituzionale a decidere se l’ex senatore possa essere essere giudicato nell’ambito del processo White List, una costola di Aemilia. Le tappe della vicenda
REGGIO EMILIA – Sarà la Corte Costituzionale a decidere se l’ex senatore Carlo Giovanardi possa o meno essere essere giudicato nell’ambito del processo White List, una costola del processo Aemilia. Dopo la caduta dell’aggravante mafiosa, il procedimento è stato trasferito a Modena. La locale Procura accusa Giovanardi di violenza o minaccia a corpo politico, amministrativo o giudiziario e di rivelazione di segreti di ufficio, ma il voto del Senato ha sottratto l’ex parlamentare al processo. La Procura di Modena ha sollevato conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale. Una nuova puntata del nostro approfondimento su politica e criminalità organizzata.
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Nei quattro anni in cui guidò la Prefettura di Reggio, Antonella De Miro firmò 40 interdittive antimafia. I primi a finire nel mirino furono i Sarcone, i Vertinelli, i Muto. Erano, per così dire, osservati speciali. Il 20 giugno 2013, però, la De Miro respinse la domanda di iscrizione alla white list di un’azienda emiliana doc: la Bianchini Costruzioni di Finale Emilia. Nei giorni immediatamente precedenti l’azienda era stata colpita da interdittiva antimafia della Prefettura di Modena, con motivazioni analoghe.
Una settimana dopo, il 27 giugno 2013, la Dda di Bologna intercetta una telefonata dell’imprenditore Claudio Baraldi, la cui impresa era stata a sua volta esclusa dalla white list l’anno prima. A chiamare è Carlo Giovanardi, senatore modenese del centrodestra. La decisione che riguarda la Bianchini è riservata, ma Giovanardi sa già tutto. Sa che la Bianchini Costruzioni è stata esclusa dalla white list e conosce anche nel dettaglio le motivazioni. Come fa?
Secondo la Procura Antimafia, che nel 2018 ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ex parlamentare, Giovanardi era in possesso di informazioni segrete attraverso il capo di gabinetto della Prefettura di Modena Mario Ventura e una rete di altri soggetti e usava la sua influenza per indurre il Prefetto a reinserire in white list un’azienda in odore di mafia. E quando trovava ostacoli, secondo l’accusa non andava per il sottile. Il 18 ottobre 2014 alla Dda di Bologna arriva una annotazione firmata da due ufficiali dei carabinieri: il comandante provinciale di Modena, colonnello Stefano Savo, e il comandante del Reparto operativo, tenente colonnello Domenico Cristaldi. Raccontano che il giorno prima Giovanardi li ha convocati e con toni perentori ha chiesto conto dell’esclusione della Bianchini dalla white list.
Accanto alla battaglia a viso aperto di Giovanardi contro le interdittive, c’era dunque un’attività parallela, che si svolgeva dietro le quinte. Ma un politico può intervenire su prefetto e forze dell’ordine per indurli a modificare un provvedimento antimafia? Per la maggioranza del Senato sì. Così hanno deciso nel febbraio dell’anno scorso i senatori di centrodestra e Italia Viva, decidendo che Giovanardi non può essere processato. L’imprenditore Augusto Bianchini è stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Coloro che avrebbero passato a Giovanardi o ai Bianchini notizie riservate, come Ventura e il funzionario dell’Agenzia delle Dogane Giuseppe Marco De Stavola, sono stati condannati in primo grado nel processo White List per rivelazione di segreto d’ufficio.
(continua)