Reggio, le mani dei clan su edilizia e supermercati: tra gli arrestati l’ex assessore Dominique Suraci

C’è l’ex assessore e presidente del consiglio comunale di Reggio Calabria Dominique Suraci fra le 12 presone arrestate stamane dagli uomini del Centro operativo della Dia della città calabrese dello Stretto nell’ambito dell’operazione antimafia coordinata dalla Procura distrattuale reggina. Surace è coinvolto nella sua qualità di imprenditore legato, secondo l’accusa, alla ‘ndrangheta. Nell’indagine della Dia reggina compaiono i nomi di imprenditori molto noti, operanti nel settore della grande distribuzione alimentare e dell’edilizia legati, in particolare, ai clan De Stefano e Araniti, ma anche ad altri clan

Tra le dodici persone, presunti affiliati alla ‘ndrangheta ed imprenditori collusi, per l’operazione, denominata «Planning», che ha consentito di sgominare un’associazione criminale che avrebbe visto alleati imprenditori e famiglie di ‘ndrangheta finalizzata all’infiltrazione di alcune cosche nel settore edile e nella grande distribuzione alimentare.

Le dodici persone sono accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, associazione per delinquere, impiego di denaro di provenienza illecita, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, tutti reati aggravati dalle modalità mafiose. Fra gli indagati risultano i fratelli Giampiero e Sergio Gangemi, Antonio Mordà, e Domenico Gallo. Alcuni degli arrestati sono stati coinvolti in altre operazioni.

Contestualmente – in Lombardia, Abruzzo, Lazio e Calabria – Dia e finanzieri stanno dando esecuzione al sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dalla procura reggina, di 27 imprese, di cui una con sede legale in Slovenia e una in Romania, 31 unità immobiliari, quote societarie e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 32 milioni di euro.

Le mani sul settore edile e sulla grande distribuzione alimentare

L’operazione costituisce l’esito di un’indagine condotta dalla Dia e dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Reggio Calabria. In particolare, sarebbero stati acquisiti elementi relativi all’esistenza di un’associazione a delinquere nel cui ambito imprenditori attivi nel settore edile e della grande distribuzione alimentare – alcuni dei quali già coinvolti in inchieste penali o destinatari di misure di prevenzione – avrebbero stretto una pluralità di accordi con famiglie di ‘ndrangheta, agevolando, secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’infiltrazione della consorteria in quei settori attraverso la compartecipazione occulta di loro esponenti alle iniziative economiche, gestite ed organizzate tramite imprese fittiziamente intestate a terzi, o mediante l’affidamento di numerosi servizi e forniture a imprenditori espressione dell’associazione criminale.

I soldi “dirottati” alla ‘ndrangheta

Parte dei profitti così accumulati sarebbe stata poi trasferita in maniera occulta, attraverso fittizie operazioni commerciali e fittizi rapporti giuridici – al fine di dirottare la liquidità verso i titolari effettivi delle operazioni economiche, incluse le cosche di ‘ndrangheta, e di ostacolare le indagini – eludendo l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali e consentendo l’impiego e l’autoriciclaggio dei proventi illeciti. Nello stesso tempo, le cosche avrebbero agevolato l’espansione delle iniziative imprenditoriali sul territorio, a discapito dei concorrenti, tutelandone gli interessi anche con l’esercizio della forza intimidatoria.