Regione Calabria, la paranza dell’8 marzo

LA PARANZA DELL’8 MARZO:
IL CONSIGLIO REGIONALE DISCUTE UNA LEGGE PRIVA DI ALCUN CONTENUTO

di Fem.In.Cosentine in lotta

Ce lo aspettavamo e dobbiamo anche dire che forse quest’anno si sono svegliate tardi, chi?
Quelle istituzioni che 364 giorni all’anno ignorano o violentano le nostre esistenze ma oggi sono tutte intente a fare le solite passerelle a tinte rosa.
In queste ore è in discussione la proposta di legge regionale “Misure per il superamento della discriminazione di genere e incentivi per l’occupazione femminile”, se già non fosse ridicolo che a proporla è una maggioranza di governo misogina e cieca di fronte ai bisogni delle donne che vivono il territorio aggiungiamo che a relazionarne sarà un UOMO, che niente ha mai avuto a che fare, neanche da lontano, con il lavoro quotidiano e costante delle associazioni competenti sul tema.

Il quadro che già così è paradossale, si arricchisce di dettagli grotteschi:
Questa proposta di legge, che altro non è che la trasposizione della legge nazionale 162/21, che ovviamente “copia e incollata” su un file senza aggiungere niente che tenga conto delle specificità di un territorio in cui i problemi sono più drammatici e complessi, risulta sterile, inutile e senza alcun impatto reale sulla vita delle donne. Se solo la maggioranza fosse scesa dal piedistallo e avesse coinvolto le realtà attive sul territorio, forse ne sarebbe uscita una legge più breve ma sicuramente più realistica.

Grandi assenti di questa farsa sono gli strumenti di welfare volti alla parità di genere nei ruoli di cura o quelli rivolti alle donne migranti; la riapertura o apertura di nuovi consultori, punti nascita e reparti ginecologici; l’assunzione di personale sanitario non obiettore e l’applicazione della circolare che prevede la somministrazione della pillola abortiva anche nei consultori; strumenti sanitari per malattie quali endometriosi, vulvodinia, fibromialgia ed altre patologie di genere; fondi per i centri antiviolenza; proposte educative tangibili che non lasciano spazio d’ingresso nelle scuole ad associazioni antiabortiste, cattoliche e misogine; la scrittura del piano regionale per le pari opportunità che doveva già essere redatto per il biennio 21/22; l’assistenza domiciliare integrata e la sanità territoriale.

Le grandi contraddizioni riguardano la totale assenza di stanziamento di fondi, senza i quali “non se ne cantano messe”, come si dice a queste latitudini; la proposta di aprire “sportelli donna” nei centri di collocamento che sono già sovraffollati e inefficaci senza prevedere assunzioni di ulteriore personale; il riconoscimento di meriti alle aziende che assumono secondo parametri di parità di genere senza incrementare a monte tramite sgravi fiscali l’assunzione di donne, capitolo di legge peraltro calibrato sul parametro di aziende/imprese con minimo 50 dipendenti che sappiamo bene in Calabria essere un’utopia.
In sostanza oggi in aula si discuterà di tutto e di niente, però con la mimosa nel taschino.
È ora di dire basta e pretendere protagonismo nelle scelte politiche che riguardano le nostre vite.