Oggi Marcello Manna, alias “Mazzetta”, si lamenta a voce altissima dell’accanimento mediatico (!) nei suoi confronti ma chiaramente dimentica o non ricorda che proprio grazie all’atteggiamento di uno dei media al suo servizio, in questo caso Ten, ha vinto le elezioni del 2019 a Rende. Lo ricordano tutti: il suo avversario Sandro Principe è stato sbertucciato per le sue espressioni volgari in un “fuorionda” e nonostante avesse chiesto di non mandare in onda la registrazione, ha incontrato il “nein” di un giornalista molto noto a Cosenza. E’ arrivato allora il momento di rinfrescare la memoria a “Mazzetta” e ai suoi scagnozzi. Che tra l’altro ancora oggi, nonostante lo scioglimento del Comune per mafia, trovano il modo di ironizzare su quanto accadde all’epoca.
Inutile girarci intorno: il ballottaggio tra Marcello Manna e Sandro Principe si è deciso nel corso del confronto in Tv, a Teleuropa Network, andato in onda solo qualche giorno prima del ballottaggio. I 2.300 voti che hanno fatto la differenza tra i due non c’è dubbio che siano stati determinati da quanto è accaduto quella mattina nella registrazione negli studi di contrada Cutura. I numeri, del resto, non tradiscono mai: Principe ha guadagnato solo 1.130 voti dagli apparentamenti politici, e questo significa che i 2.300 voti andati al suo avversario sono di suoi elettori al primo turno che hanno cambiato candidato. Da questo dato non si scappa e bisogna riconoscere che il punto di svolta delle elezioni rendesi è stato proprio l’ultimo faccia a faccia. Ma ricostruiamo quei momenti concitati.
Ad un certo punto, dopo un break pubblicitario, mentre aveva la parola Manna, il suo competitor, convinto di non essere in onda, ironizzava sui dati che stava leggendo e si lasciava andare anche a una serie di battute colorite, una delle quali in particolare si sarebbe rivelata da “suicidio” per Sandro Principe. Ormai è storia: “… i tuoi riconoscimenti m’alligu ara capocchia“.
Constatato, poi, che Manna stava continuando a parlare, Principe chiedeva al conduttore se la trasmissione fosse in onda e il giornalista, Attilio Sabato, che è anche il direttore della testata, gli rispondeva: “… Ma siamo in diretta…”. Principe ci restava male, perché era consapevole di essere andato decisamente sopra le righe, ma invece di alzarsi e andare via – come avrebbe dovuto fare – perché la trasmissione non era in onda e lui lo sapeva bene, continuava il dibattito fino alla fine portando a termine il fatidico “harakiri”.
Successivamente, è stato spiegato che il dibattito non era in diretta come affermava falsamente Sabato ma si stava registrando negli studi dell’emittente privata. E il regolamento della cosiddetta differita parla chiaro.
Differita significa che un programma televisivo e quindi una trasmissione radiofonica o televisiva, viene registrata e mandata in onda in ora più tarda (in contrapposizione a diretta). Questo significa a sua volta che si tratta di REGISTRAZIONE e in quanto tale MODIFICABILE soprattutto su richiesta della persona interessata e soprattutto se essa non ha firmato una liberatoria nella quale si stabilisce il contrario.
A fine registrazione, Principe ha chiesto correttamente di tagliare la parte (di circa due minuti, mica di un secolo…) nella quale erano scappate le battute colorite e il giornalista, inalberandosi, si è rifiutato appellandosi alla sua (molto presunta) “credibilità” mandando ugualmente in onda la registrazione e spacciandocela per “diretta”. Il comportamento di Sabato è stato deplorevole e inqualificabile: quella parte andava tagliata, non era di nessun interesse ed è stato un oltraggio bello e buono che ha messo tutti in imbarazzo ma evidentemente non il giornalista a caccia dello “scoop”. Questo non significa avere la schiena diritta, anzi l’esatto contrario perché non solo si è trattato di un volgare “favore” all’avversario di Principe ma in pratica ha deciso la vittoria di Manna.
Anche perché, dopo la messa in onda del confronto, i pezzi “a luci rosse” di Principe sono diventati virali sul web, i “lazzi” e il sarcasmo sull’ex sottosegretario al Lavoro hanno dilagato dappertutto tra vignette satiriche di tutti i generi e condanne generalizzate rispetto al turpiloquio e la sconfitta è arrivata nonostante gli accordi politici con Talarico e Tursi Prato.
Ma – in sede di commento – non si può non rimarcare che c’è stato anche un falso grande quanto una casa (il fatto di affermare che si era in diretta mentre invece si stava registrando), in perfetta continuità con la storia giornalistica di Attilio Sabato, che – notoriamente – è quella di un professionista legato mani e piedi ai poteri forti della politica e al servizio dei potenti. Che ha come unica bussola il motto vecchio come il cucco “forte con i deboli e debole con i forti” dal momento che da decenni ormai è il cavalier servente dei politici più influenti. A partire dagli Occhiuto, che com’è noto hanno avuto in mano questa “baracca” di televisione fin dagli anni Novanta e la controllano ancora strettamente a livello di linea politica, per continuare con gli Oliverio, gli Adamo e i Morrone (guarda caso tutti schierati con Manna), con i quali ha un rapporto servile e mai critico, neanche quando gli eventi lo avrebbero giustificato. C’è da giurare che se nel dibattito le battute colorite fossero scappate a qualcuno di loro o a qualche loro “affiliato”, sarebbero state immediatamente tagliate ma non scopriamo certo l’acqua calda. Principe, invece, soprattutto dopo essere stato arrestato tre anni fa, è diventato “debole” sotto il profilo politico e quindi facile bersaglio del “coraggioso” Sabato. Che certo non avrà mancato di osservare che quegli stessi pentiti ritenuti attendibili per beccare Principe non sono stati altrettanto credibili per Manna e Occhiuto, fino a prova contraria. Ed ecco perché Sabato quasi non credeva ai suoi occhi e alle sue orecchie quando ha avuto davanti l’occasione per condizionare l’equilibrio tra i due contendenti. Del resto, già compromesso da chi gestisce una “giustizia” che con i pentiti usa due pesi e due misure. Questa è storia e questi sono fatti.
Del resto, nell’ambiente giornalistico cosentino, il soggetto in questione è sempre stato etichettato come “Padre Attilio” o nella migliore delle ipotesi “Attilio Fede” proprio per sintetizzare al meglio le “qualità” del suo continuo servilismo nei confronti dei potenti. Stendiamo, dunque, un velo pietoso su questa vicenda, sottolineando doverosamente però che Attilio Sabato è un giornalista della peggiore razza, quella dei “forti con i deboli e deboli con i forti”. A futura memoria.