Mimmo Talarico, classe 1963, impiegato dal “sistema” all’Università della Calabria e politico con alti e bassi ormai da oltre vent’anni, dev’essere arrivato al fatidico punto di svolta. Della serie: o la va o la spacca. Tanto, anche se dovesse “spaccare” un posto di lavoro ce l’ha e la politica ormai non è più quella di una volta. Talarico punta alla poltrona di sindaco di Rende ma pur di farlo non si è preoccupato minimamente di imbarcare nella sua nave anche i Cinghiali e la circostanza, se anche dovesse portargli in dote un pacchetto di voti consistente, lo penalizza e non poco nel suo elettorato, diciamo così, di “sinistra”. Per quanto possa essere considerato di “sinistra”, oggi, un politico come Talarico che è meglio noto tra gli addetti ai lavori col nomignolo che gli affibbiarono, tempo fa, Franco D’Ambrosio e Umberto Bernaudo: otto partiti in otto anni.
In principio fu il vecchio PCI, poi diventato Ds, al cui interno Talarico non era certo maggioranza ed era costretto a barcamenarsi alla meno peggio tra Nicola Adamo, Madame Fifì, Palla Palla e i numerosi camerieri aspiranti alle poltrone. Non era certo stato facile per lui ritagliarsi un posto al sole ma quantomeno, avendo avuto la fortuna di essere il giovane portaborse di Sergio De Julio, l’assunzione all’Unical con la qualifica di “funzionario amministrativo” era stata il suo primo “successo” dopo la laurea in Scienze Politiche e per il resto ci sarebbe stato tutto il tempo.
Poco più che 35enne, nel 1999, Mimmo Talarico si allea con Sandro Principe, al quale faceva la guerra ai tempi di De Julio, beffando un compagno di partito, Umberto Vivona, che stava proponendo da tempo l’alleanza col sindaco di Rende. Morale della favola: Talarico “elimina” Vivona e diventa “super assessore” all’Urbanistica e allo Spettacolo. Cemento e cultura! Con Principe non è facile convivere ma tra alti e bassi, Talarico arriva comunque al 2004, quando il sindaco subisce il clamoroso attentato davanti alla chiesa di San Carlo Borromeo.
Il 2005 è l’anno giusto per tentare l’avventura alla Regione sotto le insegne dei Ds, che sostengono la candidatura di Loiero ma la concorrenza è agguerritissima. Talarico è il primo dei non eletti nella circoscrizione di Cosenza dopo Nicola Adamo, Franco Pacenza e Antonio Acri, rispetto al quale ha solo 200 voti in meno: 6.539 contro 6.737. Decisamente sfortunato.
Il rapporto con i Democratici di sinistra è ormai logorato e c’è chi dice che per un periodo abbia anche strizzato l’occhio a Rifondazione Comunista ma la circostanza è incerta. Di sicuro invece c’è che nel 2006, alle elezioni di Rende, “strappa” con Principe e si candida a sindaco con una lista civica che richiama la Rosa nel Pugno risultando eletto consigliere.
A fine 2009, dopo la prematura scomparsa di Acri, entra in Consiglio regionale, giusto in tempo per gli ultimi mesi di legislatura, visto che si vota a marzo 2010 ed è a questo punto che arriva la nuova piroetta di Talarico. Si candida con Italia dei Valori, il partito di Di Pietro, dove non serviranno tutti quei voti di 5 anni prima per essere eletto e infatti, con 4.723 voti sbanca alla circoscrizione di Cosenza, pur nella netta sconfitta di Loiero, e si siede a palazzo Campanella, coronando un altro sogno cullato a lungo.
Inizia a questo punto il lungo peregrinare di Mimmo, che certo non può trovare la sua dimensione nello sgangherato carrozzone di Di Pietro. Prova a stare con il gruppo di De Magistris, anche lui eletto con Italia dei Valori ma presto fuoriuscito, organizzando anche diverse iniziative pubbliche, ma non funziona. Poi si butta con“Possibile” di Pippo Civati, elevando a dismisura il numero dei “partiti” al suo attivo. Nel 2011 si accorda per una tregua con Principe e nasce così l’idea della candidatura di Vittorio Cavalcanti sindaco di “Insieme per Rende”, vincente nelle urne ma fallimentare nella gestione politica, con tanto di arrivo della commissione d’accesso antimafia e dimissioni anticipate.
Il 2014 è un altro anno fondamentale per la passione politica di Talarico, che nel giro di pochi mesi si cimenta ancora sia alla Regione sia a Rende. Oltre Campagnano, Talarico appoggia un suo giovane allievo, Massimiliano De Rose, in un terzetto di liste civiche che è da considerare a tutti gli effetti come un altro “partito” di Talarico (Cittadini in Comune; Libertà e Partecipazione; Viva Rende) e nel ballottaggio tra il principiano Verre e Manna il quaquaraquà vota quest’ultimo, rivelandosi decisivo.
Passano pochi mesi e fa parte della celeberrima lista Oliverio Presidente al seguito di Palla Palla, ottiene anche un discreto risultato con 5.667 voti ma rimane dietro Orlandino Greco, Mauro D’Acri e Franco Sergio (eletti) e Maria Francesca Corigliano (prima dei non eletti). Una “trombata” che ancora brucia…
In questi anni, un timido tentativo di aggregarsi al carrozzone di Bersani con Articolo 1 (che qualche biografo inserisce tra i partiti frequentati dal Nostro), una serie di schermaglie con Principe, la bocciatura di una sua candidatura sostenuta da Sandro (e viceversa) e l’ultimo rilancio con “Attiva Rende”.
Siamo al redde rationem: volendo escludere l’incerta appartenenza a Rifondazione Comunista e anche quella ad Articolo 1 (strazza!), abbiamo, nell’ordine: PCI, DS, Rosa nel Pugno, Italia dei Valori, movimento di De Magistris, Possibile (Pippo Civati), Insieme per Rende, Viva Rende (e altre due liste civiche), Oliverio Presidente, Attiva Rende. E siamo a dieci… (dodici con i due “incerti”!) ma gli ultimi approdi non erano ancora conosciuti ai “padri” del nomignolo otto partiti in otto anni. C’è bisogno di aggiungere altro?