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di MIRKO DI MARIA
Onestamente mi spaventa, e non poco, l’eccessiva superficialità con cui qualcuno affronta la delicatissima tematica della cosiddetta “fusione”; è inutile però cercare spiegazioni in chi sa solamente giustificarsi con deliranti e deprimenti atteggiamenti vittimistici, soffermiamoci allora su alcuni e precisi interrogativi, ce ne sarebbero numerosi ma per tempo e spazio ci soffermeremo solo su alcune perplessità, condividendole con un’ignara popolazione che dispone di pochissime e rare informazioni in merito.
Effettivamente, tralasciando il populismo, o meglio ancora il pressappochismo sino ad ora professato, è l’informazione la prima lacuna percepibile dell’iter; sebbene la normativa a supporto, presuppone il massimo coinvolgimento delle popolazioni in questione, e non solo relativamente al mero procedimento referendario che già di per sé pone alcuni vuoti democratici, ma anche e principalmente in riferimento alla partecipazione cittadina, che deve essere necessariamente stimolata da una campagna d’informazione (e non politica) particolareggiata che spieghi in maniera chiara e trasparente tutti i pro e i contro di questo importante procedimento. Il caso di Corigliano e Rossano ha mostrato chiaramente come l’eccessivo astensionismo e la non curanza, siano stati determinati essenzialmente da una campagna informativa carente ma soprattutto ambigua; l’astensionismo che è di per sé è un dato rilevante, viene messo da parte facendo capire chiaramente che questo confuso processo sia più un imposizione calata dall’alto, piuttosto che l’autentica rappresentazione della volontà popolare; qualcuno lo indicherebbe come un modello di top-down piuttosto che bottom-up.
In merito alla normativa, la cd. Legge Delrio disciplina l’iter di “fusione”, anch’essa appare molto confusa e poco chiara soprattutto in alcuni passaggi, determinanti per l’effettiva funzionalità della procedura. In primo luogo possiamo notare com’essa tenga poca considerazione delle rispettive particolarità ed esigenze territoriali, che potrebbero per ipotesi anche differire , viaggiando concretamente su strade diverse, con l’eventuale rischio che una della due rimanga estranea allo sviluppo urbano , emarginandosi e subendo processi di periferizzazione (fenomeno già in atto). Un altro aspetto che proprio non convince riguarda particolarmente l’identità storico-culturale della città, l’estinzione istituzionale oltre ad ampliare sempre più la distanza fra politica e cittadinanza, già adesso è difficile relazionarsi con un consigliere figuriamoci dopo, presuppone il pericolo di cancellare la storia di un’intera comunità, che verrebbe incorporata e alla fine dimenticata.
Onestamente fa paura l’incognita che la storia della città di Rende sia dimenticata e non raccontata alle future generazioni, quindi è giusto esigere garanzie mediante uno studio di fattibilità consono, fatto da esperti che conoscono e amano la città, mantenendone integra l’identità storica e culturale; quindi sarebbe più onesto spiegare che tipo di metodo si vuole usare se “tradizionale” o per “incorporazione”, ma da quanto hanno fatto presagire le parole del Sindaco Occhiuto in merito (la città unica si chiamerà Cosenza), siamo sicuri che si opterà per la seconda, creando dunque una superiorità dimensionale ed economica del Comune incorporante, mentre il Comune incorporato si estinguerà.
Uno dei problemi rilevanti però, come precisato dalla Corte Costituzionale, attiene alla cosiddetta “armonizzazione dei bilanci”. Il “luminare” dirigente Infantino che in materia di bilanci è un pezzo da novanta, ci dovrà appunto illuminare su tale disposizione, in quanto se non erro, la situazione finanziaria dei due Comuni è un tantino diversa; ma non mi aspetto molto da un semi-burocrate al servizio di chi vorrebbe affossare Rende molto di più di quanto non ha già fatto.
Fino ad ora possiamo tranquillamente affermare dunque che le affermazioni uscite su social e giornali sono un concentrato esplosivo di populismo e inconsapevolezza, uno slogan accattivante per ingraziarsi i favori di qualcuno senza minimamente considerare la volontà di ogni cittadino nessuno escluso, senza nemmeno l’idea o il garbo di mettere i cittadini nelle condizioni di informasi sulla tematica, costruendo cosi un’opinione non veicolata e condizionata dall’alto, ma concreta espressione della consapevole volontà popolare.