Sandro Principe, la corsa solitaria verso Via Rossini
di Franco D’Ambrosio
Tanti sanno che, al di là della bella esperienza di San Luca insieme a Klaus Davi, da tempo, per volere di alcuni e per mia decisione, vivo con la politica attiva un rapporto di consensuale separazione. Anche a Rende ed in Calabria. Sì, che vivo la battaglia politica da quando avevo 15 anni.
Per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa, ma anche per invidia, timore e paura di tanti, non ho scalato i vertici e fatto tanta carriera. Ma sono stato eletto sei volte a Cosenza e Rende e questo mi basta.
Nessuno può accusarmi, quindi, di volermi intromettere nelle vicende elettorali per una pur legittima aspirazione personale. Tanti mi volevano, bontà loro e tanti mi tenevano alla larga, ma io non ho avuto dubbi e l’ho scritto: la vita per me è fatta di quattro stagioni e quella che sto vivendo è l’autunno, non ancora l’inverno e l’autunno è quella in cui cadono le foglie e la natura si prepara al gelo e poi, alla primavera.
Magari lo capissero anche gli altri.
Bene, fatta questa premessa andiamo per ordine. Esporrò una considerazione in trenta righe, non allarmatevi ed andate avanti nella lettura, se lo ritenete utile.
Scrivo di un uomo che, nel caso di Rende, ha già vissuto tante volte le quattro stagioni.
Ed alcune di esse sono state segnate da frutti freschi, maturi e prelibati; poi altre sono state caratterizzate da “innaturali” intemperie.
Scrivo di Sandro Principe, a qualche giorno dal voto del 26 Maggio che forse, solo per lui, è un appuntamento unico: deve dimostrare che l’incidente di percorso del 2014, ma anche quello del 2011 quando arrivò a Rende il sindaco Cavalcanti, è stato digerito dai rendesi.
Principe ha governato la Città, ricavandone successi indiscutibili. Ho già scritto che ha dovuto superare il primo, grande ed umanamente difficile scoglio della dissecazione con la tradizione socialista del padre, Cecchino Principe, perché, e forse sono l’unico che ha avuto il coraggio di scriverlo, la Rende di Sandro Principe è stata ed è una “cosa” totalmente diversa da quella del Patriarca socialista.
Grandi successi, straordinarie conquiste civili, un disegno al limite del maniacale tratto della perfezione.
Sandro Principe comprese che Rende poteva continuare a rimanere un quadrato nettissimo e fermarsi a questo oppure diventare un “cerchio”, ed egli lo ha disegnato a mano libera, fissando dei punti immaginari che ha collegato via, via con, appunto, maniacale induzione.
Una volta, un compagno socialista di Catanzaro, molto autorevole, mi disse: “… sai, per Sandro Principe, Rende è come la sua donna. Ne è geloso in modo parossistico, se la guardi si ingelosisce, se la corteggi rischia di impazzire e questo è, sì un grande amore, ma forse anche una grande debolezza”.
Ecco, quella donna lo ha tradito e lui ne ha sofferto, ma quella “donna-Rende” lasciandolo gli ha spiattellato tante verità che egli non riconosceva tali. Essersi “accoppiato” con tanti che forti del suo carisma, ne hanno approfittato, hanno come eretto un muro, provocato antipatie, fino a raggiungere l’intollerabilità.
Principe non si è accorto o ha fatto fintache nel suo “regno”, ministri e cortigiani, lacchè e giullari, ne stavano screditando l’affidabilità, allontanandolo sempre più dal popolo.
Quando si è accorto di questo, la donna-Rende, lo ha tradito, lasciato in modo giudiziale, senza consensualità.
Ed è rimasto orfano, il politico Principe, orfano di tanti, tanti, forse tutti quelli che dal 1980 in poi lo avevano sostenuto, amato, adulato, accerchiato, tradito ed utilizzato.
Insomma, quella “casta” che ne ha succhiato l’humus, fino a farlo rinsecchire, povero di quei consensi che non gli sono mai stati negati.
E poi, diciamolo, nel contempo, è cambiato il mondo, mica solo Rende.

Nel 1980 il panorama del mondo aveva protagonisti che oggi, e da tempo, sono ormai in pensione, ovunque. E Principe non si è accorto di questo piccolo particolare.
E lo hanno “tradito” sia le vittime del sistema, ma ciò che più indigna anche quasi tutti quelli della “casta”, cioè “cornuto e mazziato”, e lo scrivo così enfaticamente senza offendere nessuno.
Quindi, Principe oggi è solo, solissimo.
Non uno di quelli che sono diventati “maestri” della “politicanza” e della cortigianeria sono con lui, oppure, diciamo, due o tre, tutti gli altri si sono improvvisati “immemori” e vestendo vestitini candidi si presentano ancora, volendo marcare la distanza da Principe.
Principe solo, dunque.
Solo, senza i Socialisti, senza il PD, senza i simboli, i simbolismi, i gruppi, i singoli. Solo.
Mi dicono che ha alcuni ragazzi, giovanissimi che lo “amano” e, questo, al di là di ogni cosa, è un fatto che gli procura soddisfazione, ma non sono i soli, perché tanti giovani sono anche con gli altri candidati.

Certamente non sono con lui quelli che dal 1980 in poi, fino al 2014, hanno fatto parte dell’epopea. Alcuni ne hanno buon motivo, altri sono davvero disgustosi nella loro “metamorfosi”, anche perché sono quelli che hanno provocato più danni a Rende.
Principe, solo.
Se dovesse vincere sarà proclamato “Faraone” o Imperatore, non più “Principe” del principato di Rende.
Se perde, dovrà, prendere carta e penna e scrivere il “Romanzo di Rende”, quello, si, sarà un best-seller.
Perché egli, come Umberto Eco, potrà a quel punto disvelare “Il Nome della Rosa” o delle “spine” e tracciare un solco profondo per scrivere anche della “gramigna” che nel “quarantennio” ha invaso, anche per sua responsabilità il “Giardino della Calabria”.
Mi scuso, se non ho fatto i nomi, ma forse li farà proprio lui se dovesse scrivere quel libro.









