Rende. La Consulta delle periferie, l’ennesima pacchianata targata Manna

“Nel dare forma alla nostra vita, siamo la stecca da biliardo, il giocatore o la palla? Siamo noi a giocare, o è con noi che si gioca? (L’arte della vita, Zygmunt Bauman)

Siamo oramai abituati a queste pacchiane rappresentazioni di apertura democratica che puntualmente ogni anno l’amministrazione Manna ripropone sotto due formule ben distinte: i “protocolli d’intesa” e le sempre più famigerate “Consulte”.

Entrambe le formule sono effimere concessioni di libertà partecipativa e di apertura democratica, ma  l’astrattezza della loro funzionalità li rende semplicemente fumose celebrazioni di un qualcuno che ingannevolmente vuole dimostrare la sua spiccata propensione al dibattito e al confronto. E mentre la lunga sfilza di protocolli d’intesa firmati dal sindaco con i vari enti e con le diverse realtà associative , si sono tramutati in semplici foto da incorniciare e mettere in bacheca; la situazioni delle cosiddette consulte è decisamente più drammatica considerata le limitazioni decisionali, ma soprattutto funzionali di incidere -come si dovrebbe, sul territorio poste in modo incondizionato dall’amministrazione stessa.

Queste assemblee cittadine dopo aver ricevuto qualche misero “contentino” sono state emarginate ed escluse dal dibattito pubblico; quella che sembrava un’ “utopica “conquista di libertà e partecipazione  democratica si è rivelata una dolcissima presa per i fondelli, un’illusione necessaria, come descritto ad esempio nel  celebre libro di Chomsky, del quale consiglio una profonda lettura  ai proseliti “rivoluzionari” alla mercé della Petrusewicz.

L’ultima trovata del sindaco e soci è veramente fantastica: La consulta delle periferie.

Questa al pari della precedente, oltre a riproporre  la medesime lacune politiche, esprime un concetto degenerativo e circoscrive le lacune progettuali di un’amministrazione che prima di tutto dovrebbe cercare di eliminare la dicotomia da sempre esistente fra centro e periferia, magari mediante un processo integrativo e di valorizzazione di quelle aree escluse dallo sviluppo urbano, ma che di certo risulta vano  e inefficace se la nomenclatura utilizzata in partenza ( Consulta delle periferie) delimita questa netta differenzazione.

Se si vuole effettivamente risolvere il problema della crescente periferizzazione  del territorio e di alcuni nuclei urbani cittadini, si dovrebbe innanzitutto procedere con la formulazione di un piano progettuale congruo alla risoluzione delle ataviche problematiche che da tempo affliggono le contrade rendesi e di quelle  zone che rischiano di essere emarginate dallo sviluppo del tessuto urbano. Dopodiché si potrebbe pensare alla creazione di un Comitato istituzionalizzato con compiti e funzioni sanciti , che possa incidere concretamente  nell’attività decisionale e nel monitoraggio dello sviluppo  territoriale, forse solo in questo modo si possono gettare le basi per realizzare quella sostanziale apertura democratica capace di porre il cittadino al centro del processo decisionale.