Rende, “liberati” i lavoratori socialmente utili: tutte le balle di Manna

Marcello Manna

E’ trascorso un tempo sufficiente dall’insediamento del sindaco Manna a Rende per trarre delle conclusioni.

E’ stato votato da una consistente fetta di rendesi all’insegna del nuovo, della sbandierata trasparenza e chiacchiere varie. I rendesi ci credevano. Col senno di poi avrebbero dovuto insospettire simboli quali: Nuovo Centro Rende, Forza Rende, addirittura Rende bene Comune, che restringendo l’ambito territoriale di “Italia bene Comune”, consentiva al furbacchione di Pezzi (l’assessore) e dei suoi sodali di mascherare il più pragmatico e veritiero “Rende bene Mio” (magari sottotitolato chi mè vinutu).

Il rendese medio si chiederà cosa ne è stato degli opuscoletti che venivano distribuiti a piene mani il cui contenuto era il libricino dei sogni. Dopo un congruo tempo di amministrazione ci fosse una sola riga rispettata seriamente e non nella fervida immaginazione di qualche consigliere membro della famigliopoli manniana. Non si venga a parlare ancora di dissesto finanziario, che non ci sono soldi e scuse varie. La consistenza delle casse comunali era nota all’atto della redazione del libro dei sogni.

Pezzi e Marcello il pentito
Pezzi e Marcello il pentito

La sindacatura Manna verrà consegnata alla storia, oltre per il dilettantismo amministrativo e per l’incompetenza conclamata, anche per il disprezzo delle regole e delle leggi che regolano il funzionamento della Pubblica Amministrazione. Basta scrivere una balla su una delibera e tutto è a posto, basta non dare risposte, benché dovute, che tutto va bene, esattamente come nel libricino dei sogni di cui sopra.

Lo spunto per queste riflessioni è l’ interminabile vicenda dei lavoratori in mobilità costretti ad essere stati utilizzati presso gli uffici comunali sulla scorta di una legge inesistente, vicenda sollevata da queste colonne, con ampia risonanza mediatica e politica portata avanti dal consigliere pentastellato (al secolo Domenico Miceli) fino ad approdare, a cura di quest’ultimo e dei deputati grillini, nelle aule parlamentari.

Come linea editoriale seguiamo i problemi e non molleremo la presa fino a quando non verrà fatta chiarezza e giustizia.

In un precedente articolo riportammo una voce all’interno del municipio che prevedeva per i malcapitati lavoratori una “riduzione di pena dal 16 novembre al 30 giugno”. In effetti ciò è avvenuto. La “ciurma” è stata convocata dalla dirigente tale Dott.ssa Napoli per comunicare loro l’agognata messa in libertà.

Da più parti è stata chiesta evidenza formale di “finita detenzione” in quanto basata su una legge inesistente come pubblicamente riconosciuto,  nonché un’attestazione del lavoro realmente svolto. Ovviamente neanche un rigo di riscontro all’istanza benché da molti richiesto formalmente, in linea con il libricino di cui sopra alla voce trasparenza.

Piuttosto ci è stata segnalata una delibera che a leggerla la dice lunga sulle competenze e sull’approccio con cui viene interpretata l’ azione amministrativa del mannamento di Rende.

Leggiamo:

DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA COMUNALE N° 106 DEL 07-06-2016

OGGETTO: Sospensione Progetti per l’attuazione di lavori socialmente utili, mediante l’utilizzo di lavoratori in mobilità – Legge 223/91 con indennità o in cassa integrazione, ai sensi dell’art. 7 D.Lgs. 468/97 approvati con Deliberazione di Giunta Comunale n. 220 del 29/10/2015.

A Roma c’è un detto: “ci siete o ci fate”? Per quelli di Rende il “ci fate” è obbligatorio, ovviamente per inconfessabili motivi. Ma non solo.

poster_rende__manna___in_coalizione_anche_uomini_del_pd__00.00.23Per l’ennesima volta viene sancito in una delibera di giunta che i progetti in oggetto sono stati approvati sulla base di una legge abrogata, in quanto la data di approvazione è successiva all’entrata in vigore della legge abrogativa.

Ormai è un fatto notorio tranne nelle stanze del Municipio che continua a riconoscerla e richiamarla. Per cui riteniamo che valga anche la prima parte del detto, decisamente  “ci siete”. Insomma, quelli di Rende, “ci sono e ci fanno”…

Nell’ultimo articolo abbiamo fatto ricorso ad un amico barbiere quale interprete della legislazione vigente. In questa fase ci asteniamo vista la vibrata protesta dell’Assobarbieri… Ma riportiamo ugualmente il deliberato di Rende.

PREMESSO che con Deliberazione della Giunta Comunale n. 220 del 29/10/2015 a seguito procedimento avviato in data 8 settembre 2015, sono stati approvati, previa trasmissione da parte del Centro per l’Impiego di Cosenza dei nominativi di quaranta (40) lavoratori residenti nel Comune di Rende in possesso dei requisiti richiesti, i progetti per l’attuazione di lavori socialmente utili, mediante l’utilizzo di lavoratori in mobilità ordinaria…”

Apprendiamo, dunque che è stato avviato un procedimento “8 settembre 2015” e niente si dice degli estremi del documento che attiva l’iter amministrativo. Riteniamo, su basi fondate, che non esista in quanto elemento anche omesso nell’interrogazione proposta dal consigliere pentastellato.

Riteniamo che una chiacchierata al bar non sia sufficiente ad avviare un iter amministrativo.

E ovvio che non è sufficiente attivare un presunto procedimento in tempo utile per arrivare all’adozione del provvedimento finale in contrasto ad una legge abrogativa intervenuta nel frattempo. Riteniamo sia un falso ridicolo o meglio un ridicolo falso.

La legge in vigore fin dal 24-9-2015,  prima del provvedimento definitivo, recita:

“12. Gli articoli 7 e 8 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, si applicano ai soli progetti di attivita’ e lavori  socialmente utili in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.”

Nel citato articolo si legge la dicitura: “In corso alla data di entrata in vigore della legge”. E questo significa senza possibilità di equivoci che il Comune di Rende era fuori tempo massimo, quindi è una balla evidente!

Aggiungiamo, per chiarire, che il personale utilizzato dal comune di Rende non rientra neanche fra i lavoratori socialmente utili.

Come assolutamente falso è il passaggio:

“DATO atto che i lavoratori sono stati informati della comunicazione del Centro per l’Impiego di Cosenza in data 27 maggio 2016. “

centro-impiego-E’ bastata una telefonata al famoso Centro per l’Impiego per accertare che nessuna comunicazione è partita verso i malcapitati, che sicuramente potranno confermare la cosa al magistrato se, bontà sua, li sentirà, anche a campione.

Non abbiamo parole per commentare. Certi episodi meritano una riflessione: in primo luogo da parte degli elettori che giudicano e dalla Magistratura che dovrebbe ricorrere alle sue prerogative costituzionalmente sancite.

Come dovrebbero riflettere i consiglieri di maggioranza ed opposizione, pentastellato escluso, nel momento in cui consentono questo scempio della dignità delle persone, difficilmente il gettone di presenza nelle commissioni può essere la merce di scambio per non mettere in difficoltà la Giunta imponendole di fare chiarezza.

Ciò che non riusciamo a capire è a chi fa comodo, o meglio a chi ha fatto comodo mantenere per mesi la situazione descritta. Una giunta comunale che, come un consesso di saltimbanchi, si presta ancora ai giochini delle date, del procedimento che rischia una inchiesta penale, o ha la forza di fare chiarezza o vada a casa per manifesta incapacità.

Non è pensabile che dopo aver fatto violenza alla dignità delle persone (già provate dalla perdita del lavoro per colpa del “mercato”), dopo aver cristallizzato con atti amministrativi evidenti balle offensive dell’intelligenza del prossimo in dispregio delle leggi e della trasparenza, tutto finisca a tarallucci e vino.

I rendesi devono ammettere di avere affidato le loro sorti ad un re travicello.

I lavoratori ingiustamente sfruttati hanno la sola colpa di aver assecondato la giunta comunale nella persona dell’Avvocato (non Agnelli), che sfruttando il bisogno e la debolezza dei più fantasiosi (che proiettavano il loro futuro e della loro famiglia blandendo un datario con il logo del Comune) ha assecondato un disegno perverso di pochi in dispregio dell’etica e del diritto senza farsi scrupolo di offendere la dignità delle persone.

Con buona pace di maggioranza ed opposizione.