Rende, un “paliatone” per chi calpesta i diritti dei più deboli

Due croci su un’immagine. Che sia il simbolo del divieto lo sa anche il bambino col grembiulino a quadretti che va all’asilo.

Ed è proprio la rappresentazione, la comunicazione diretta di una negazione che accende la miccia della rabbia sul web. Il cartello incriminato rappresenta l’impossibilità di accesso alle persone che non possono camminare, la croce è su di una silhouette in carrozzella.

Ancora più paradossale è il luogo di affissione, si tratta dell’Ufficio ausili e protesi nel Distretto sanitario di Rende. Insomma, pare d’essere i protagonisti di una vignetta satirica delle più acute e taglienti, ma ovviamente è la pura realtà. E’ stato messo per evidenziare un imminente pericolo, in un altro foglio infatti si legge “aprire con cautela la porta” .

Dietro c’è una rampa ripida che evidentemente non risulta a norma e di fronte un muro: immaginiamoci se ci si avventura con una sedia a rotelle. L’amministrazione dell’ufficio all’ira del popolo di internet risponde con l’azione immediata: dopo poco tempo il cartello viene tolto e permette l’accesso ai disabili dall’esterno.

In più il direttore del distretto sanitario dell’Asp di Rende Achille Straticò, chiede pubblicamente scusa per la cattiva comunicazione e se ne assume la responsabilità, un gesto formale che viene sicuramente bene accolto. L’ufficio tecnico intanto promette di smontare la rampa con l’intento di costruire dei gradini.

barriere

Comunque sia, l’indignazione dei tanti in questi giorni, su fb è stata espressa senza filtri. I più evocano la soluzione che i genitori di un tempo applicavano ai propri figli per fargli capire che avevano commesso un errore: un bel “paliatone”. Le madri e i padri (le figure autorevoli più alte in campo educativo e morale), lo facevano in base al concetto che al danno più grave corrispondeva una punizione forte e immediata che lasciava il segno, utilizzando la memoria più efficace che è quella corporea.

Ecco allora, che metaforicamente non si chiede altro che il rispetto delle regole comportamentali, delle regole etiche che garantiscono il mantenimento dei diritti umani. Quel piccolo segnale ha fatto più effetto di ogni altra cosa, ha rimarcato una mancanza, lo ha fatto con una immagine che è diventata più rappresentativa del vero, del tangibile. Già, se riflettiamo, quell’assurdo simbolo iconografico diventa offensivo più delle onnipresenti barriere architettoniche.

Grazie a un linguaggio immediato che, ribadiamo, anche un bambino capirebbe, si rappresenta una barriera che diventa una grande muraglia non solo strutturale ma sociale. Così agli occhi di tutti la lettura è palese, la discriminazione veste panni chiarissimi ed è inequivocabile che il trattamento subito dai disabili diventi lesivo. Lesivo con tutti i crismi. Tant’è che la rievocazione mentale più immediata è all’ideologia nazista. Cioè al peggio che l’umanità possa ricordare.

Dunque, è qui che si annoda la questione. Alle barriere che impediscono i liberi accessi, diciamoci la verità la popolazione purtroppo c’è abituata, lo nota ma non lo urla. In fondo, le mancanze strutturali sono come i calli, dolorosi ma ci cammini sopra. Così fa tanta gente. I parcheggi occupati abusivamente, gli scivoli più ripidi delle montagne russe, disegnano da sempre il nostro panorama urbano.

A poco, direi a nulla, servono le denunce pubbliche e legali in un mondo in cui di burocrazia si vive e di burocrazia si muore. Eppure il “paliatone” più efficace che si possa fare a chi pensa con leggerezza, alle istituzioni menefreghiste, resta pur sempre la dimostrazione che la gente capisce anche se sembra di no e che quando ne prende coscienza rigetta la loro noncuranza.

Altro “paliatone” che si può sempre fare è dimostrare che alcune cose, alcune opere, alcune strutture si possono realizzare superando ogni problema, solo se c’è la volontà. Ci sono tanti esempi di persone che attuano buone prassi, spesso poco evidenziate, poco rumorose ma di contro molto efficaci. E’ qui che alberga la contrapposizione tra chi considera i disabili solo dei numeri o un peso gravoso e chi è abituato a convivere con le persone considerandole persone.

Laura De Franco