Renzi e Palamara: due facce (di tonno e di c..o) della stessa medaglia

Ad inaugurare la stagione dei finti annunci sulla pubblicazione di “scioccanti rivelazioni”  – nei suoi stomachevoli libri, scritti solo per minacciare i suoi ex complici con allusioni e sottintesi comprensibili solo ai disonesti come lui – sugli intrallazzi della magistratura, quella faccia di tonno di Palamara: secondo e ultimo caso al mondo, per quel che ci riguarda, dove le tesi “lombrosiane” trovano una qualche “applicazione”, e ripetiamolo, secondo e ultimo caso al mondo, per il resto Lombroso ha detto solo cazzate, tranne che per Palamara e Renzi.

Già, perché se Palamara – che continua a “giocare” al dire e non dire con la speranza di poter “patteggiare” la pena che gli spetta, ricattando i suoi ex sodali che ancora occupano, in magistratura, posti importanti –  è il secondo e ultimo esemplare umano a rispondere alle tesi lombrosiane, quella fetecchia di Matteo Renzi è il primo: se Palamara ha la faccia di Tonno, Renzi ha la faccia come il culo.

L’ex ragazzo prodigio della politica italiana, che con le sue chiacchiere ha saputo incantare per qualche anno gli italiani, prova a ripetere l’operazione di Palamara: minacciare i suoi avversari con messaggi cifrati posizionati nel suo ultimo libro dal titolo evocativo, “il Mostro”, con la speranza di “uscire” dal vicolo cieco in cui l’hanno cacciato. Come a dire: annuncia scioccanti rivelazioni, senza però scioccare nessuno. Una sorta di avvertimento tra le righe ai personaggi che lui definisce suoi persecutori, ai quali indirizza l’unico vero messaggio del suo “falso memoriale” sui fatti che lo vedono protagonista: state attenti che se parlo io finiamo tutti in galera.

Tra i destinatari del “messaggio subliminale”, la solita magistratura che lui, a leggere le anticipazioni e le interviste rilasciate, voleva “riformare”, tant’è che definisce gli incontri avvenuti all’Hotel Champagne tra tanti giudici e il suo braccio destro Lotti, dove si discuteva di taroccare sentenze e nominare nei posti importanti gli amici degli amici, come delle cene di lavoro finalizzate a migliorare il sistema giustizia. Il che conferma la definizione lombrosiana “di faccia di culo”, che è quella che ci vuole per spacciare un palese intrallazzo come un servizio alla nazione. E per avallare la sua meschina tesi del complotto contro di lui da parte di “certa magistratura”, con particolare riferimento alla corrente di Magistratura Democratica, tira fuori la solita storia, già trattata dal suo degno compare Palamara, della mancata nomina di Gratteri a ministro e utilizza la pubblica posizione di solidarietà espressa dal magistrato Emilio Sirianni, esponente di MD, nei confronti di “Mimmo Lucano”, per giustificare l’avversione dei magistrati di sinistra nei suoi confronti.

A non voler Gratteri ministro, non fu Napolitano, come ebbe a dire già Palamara, ma buona parte della magistratura che lo reputa troppo indipendente. E un “cane sciolto” in magistratura è un problema. La scoperta dell’acqua calda, sono secoli che scriviamo dell’isolamento di Gratteri che non capiamo come possa dar “retta” ad uno squallido personaggio come Renzi (tra i promotori della norma, nella riforma Cartabia, anti Gratteri, il bavaglio ai pm), e dell’impunità di cui gode certa magistratura in Calabria. Un problema, quello della “magistratura politicizzata e intrallazzata”, che guarda caso, Renzi, scopre solo ora che il “potere” di cui si nutriva fino a qualche anno fa, lo ha messo definitivamente da parte. Perché Renzi non ha più un futuro politico. Il suo tempo, politico, è finito.

Così è stato deciso, ma lui non vuole rassegnarsi a questo. Ed è proprio il suo non rassegnarsi alla perdita di privilegi e incassi da favola, e a voler dire ancora la sua negli intrallazzi che contano, che ha prodotto la reazione dei suoi vecchi (quelli che lui voleva rottamare) e nuovi rivali, stanchi della sua mediocre ironia, che lui pensa intelligente, che pur di toglierselo definitivamente dalla balle gli hanno fatto capire: o te ne vai con le buone, oppure te nei vai con le cattive. Sta tutto qui il senso del libro (chiediamo scusa ai libri per l’accostamento a Renzi), è una guerra sotterranea tra lazzaroni che si ricattano a vicenda, non c’è nessuna verità “svelata” nel suo libro, e questo perché i segreti, quelli veri, sono sempre una buona merce di scambio e non si raccontano certo al primo Sallusti che passa. E Renzi sa come farli fruttare.

Insomma a legare Palamara e Renzi in questo perverso gioco di finti scoop annunciati e mai “svelati”, gli stessi guai con la Giustizia, la stessa che un tempo controllavano e che oggi risponde ad altre paranze, e quella del ricatto e della minaccia, spacciata come libera opinione, è l’unica arma che gli rimane per uscire da una situazione disastrosa che li fa apparire agli occhi di chi sa guardare come due facce della stessa medaglia: una di tonno e l’altra di culo, però.