SANDRO PRINCIPE, LA VISIONE EUROPEA E LA MODERNITA’
di Sergio Dragone
Arrivare prima degli altri, guardare più lontano degli altri, affrontare le sfide della modernità e dell’innovazione senza paura. Sandro Principe è sempre stato un socialista visionario, assillato da un unico obiettivo: trasformare la sua città in un luogo capace di esaltare lo spirito di comunità e di garantire il massimo della qualità di vita ai suoi abitanti.
La Rende di Principe non è stata una Città del Sole, modello che apparteneva alla visione filosofica di Tommaso Campanella, ma una città ordinata, rispettosa dell’ambiente, curata, con servizi innovativi e una nuova qualità dell’abitare. E quindi verde, piazze, spazi pubblici, parchi fluviali, musei, biblioteche, impianti sportivi, cura maniacale della qualità costruttiva dei palazzi, con quote importanti di parcheggi e giardini privati, bus che arrivano in orario, scuole pulite e sicure, periferie popolari rigenerate.
E poi il disegno espansionistico dell’Università della Calabria, il più grande campus italiano, favorito da scelte urbanistiche coraggiose e lungimiranti.
Questione di punti di vista. Altri, in Calabria, guardano come modelli le città mediterranee, con le loro contraddizioni e la netta separazione tra centri storici e periferie degradate. Sandro Principe ha invece sempre guardato all’Europa più colta, più progredita, alle città che hanno vinto la sfida della modernità senza intaccare il loro patrimonio storico. E quindi la Svizzera, l’Austria, i Paesi scandinavi.
Rende si è trasformata, grazie all’azione lungimirante prima di Cecchino Principe e poi di suo figlio Sandro, da piccolo centro abitato attraversato da due strade statali ad alto scorrimento in una vera città, moderna e futurista, modello invidiato e mal copiato da altri amministratori di questa derelitta Calabria. Al punto da essere considerata un’anomalia, una mosca bianca, un faro isolato nell’oscurantismo delle città calabresi.
L’urbanistica, che nelle altre città ha significato solo assecondare i progetti dei cosiddetti “palazzinari”, a Rende ha avuto invece un forte impatto sulla qualità della vita, non limitandosi ad incidere sulla mobilità e sull’efficienza, ma anche sul benessere delle persone e sulla loro felicità di individui.
La Rende dei Principe – soprattutto quella di Sandro – è stata una città giovane e ambiziosa, cresciuta in maniera esponenziale e in grado di essere competitiva con i capoluoghi calabresi e di vincere, sostanzialmente, la sfida con Cosenza, da anni in forte declino demografico, ma anche in crisi di identità.
Pur essendo abitata da migliaia di cosentini che hanno preferito varcare il Campagnano per godere di una maggiore qualità della vita, Rende è diventata una vera comunità, fortemente identitaria, come dimostra il clamoroso risultato del referendum sulla città unica.
Sandro Principe anche in questo caso ha visto più lontano degli altri, azzardando una battaglia che molti davano per perdente. E invece hanno prevalso lo spirito di autonomia, l’orgoglio, lo spirito di appartenenza che il leader socialista ha saputo infondere al suo popolo. Che non significa avere chiuso al naturale processo unitario con Cosenza e Castrolibero che dovrà anzi essere favorito nel rispetto delle singole realtà, attrezzando la grande area con servizi efficienti e innovativi.
Oggi Principe tenta di fare riprendere a Rende il cammino verso la modernità dopo anni piuttosto travagliati che hanno fatto perdere molti colpi. Io non posso sapere se Sandro sarà rieletto sindaco, ma anche a distanza avverto che la gente chiede al maturo leader, coperto di laceranti ferite (alcune delle quali impossibili da rimarginare) ma sempre indomito, di prendersi nuovamente sulle spalle questa città “europea”, riportarla ai livelli di un tempo e riconsegnarla successivamente ad una nuova classe dirigente proiettata verso il futuro. Avere accettato questa sfida è stato un grande atto d’amore verso Rende e il suo popolo.