Sandro Subito
Lo avevano visto arrivare, come quegli acquazzoni estivi che vengono ignorati da ingordi villeggianti intenti a incamerare gli ultimi istanti di estate, in occasione del referendum farsa sulla città unica, quando una grandinata di NO aveva spazzato via le flebili speranze di pescare il jolly della conurbazione per rilanciare una caotica città capoluogo ripiegata su sé stessa e arrendevolmente destinata a scivolare sempre più verso l’oltre Campagnano, urbanisticamente e logisticamente più adatto a giocare nel ruolo di playmaker della prospettata Unione di Comuni, strizzando l’occhio ad amministrazioni della media valle del Crati rimaste alla finestra nel tentativo consumato negli scampoli di fine 2024.
Hanno provato a circoscriverlo, come un incontrollabile incendio, prospettando decadenze e ritorni al futuro, puntando le ultime fiches rimaste su un improbabile ballottaggio, ignorando o comprendendo fin troppo bene che non ci sarebbero stati “lazzi” a salvarli in zona Cesarini rendendo nuovamente contendibile la poltrona di Sindaco.
Lo avevano visto attraversare ali di folla, nelle ordinate realtà urbanistiche che hanno consentito al centro storico di Rende di dipanarsi dolcemente verso il Campagnano, superando a destra la collina di Arcavacata, rimasta sospesa fra periferia rurale e volano di idee avveniristiche.
Pacato, quasi sornione, abbracciava le messi di cittadini accorsi a salutarlo nelle sue uscite elettorali, pregustando altrettanti consensi nelle urne. Per certi versi richiamava un cardinale in odore di promozione, accerchiato dai fedeli che ne avvertivano chiaramente l’odore di santità. Come se l’altro vecchio leone socialista, Giacomo Mancini, fosse riapparso ai piedi di salita Liceo salutando amorevolmente gli ultimi e resilienti abitanti del nucleo storico del capoluogo bruzio, annunciando la sua ricandidatura per rinnovare la stagione di Cosenza città europea, impressa persino sui coperchi dei tombini disseminati lungo l’allora viale Parco, odierno e martoriato viale allo stesso onorevole intitolato.
Archiviato lo scontato successo elettorale senza appello, si apre ora la stagione del riordino, rispolverando idee e progetti accantonati per divergenti appetiti istituzionali, con un occhio di riguardo per la viabilità da, per e in Arcavacata, ostaggio di sciagurati incroci con la SS107 e lo svincolo autostradale di Rende, facilmente superabili con la riorganizzazione delle arterie stradali che da Quattromiglia conducono verso Settimo di Montalto Uffugo, spingendo per la realizzazione di una nuova bretella autostradale che mitigherebbe l’afflusso di traffico pesante sulla caotica via Marconi, favorendo la circolazione da e verso l’Università, interessando le contrade Rocchi e Dattoli ed evitando l’attuale percorso che impone, a chi proviene da Nord, l’uscita a Rende per immettersi sulla SS107 e proseguire in direzione Paola.
Contestualmente si potrebbero riattivare quasi a costo zero, tratti di rete ferroviaria in disuso che in passato congiungevano Cosenza al vecchio insediamento industriale dell’attuale contrada Cutura, agevolando e non poco i trasferimenti con il Campus Universitario già attualmente raggiungibile a piedi partendo dall’ipotetico terminal ricollocato nei pressi dell’area commerciale prospiciente allo svincolo autostradale già citato. E pazienza se il grande buffet del Policlinico Universitario dovesse sfumare: la storia c’è chi la fa e chi, invece, si limita a raccontarla…
Giuseppe Donato









