Sanità, il dirigente che trucca i concorsi per gli amici degli amici

All’Asp di Cosenza succede di tutto e possono emergere storie incredibili, come quella che vi raccontiamo.

Da un po’ di tempo la posizione di un dirigente dell’Azienda sanitaria è appesa al filo della legge Severino. Lui è Remigio Magnelli ed è il direttore dell’Unità operativa complessa Risorse umane.

Dopo la condanna nel processo per le autoassunzioni del 2008, per lo stesso Remigio Magnelli (e anche per l’ex direttore generale Franco Petramala e per Michele Fazzolari), si sussurrava che sarebbero scattati gli effetti della norma anticorruzione.

Per il capo del personale di via Alimena, nello scorso mese di giugno, è arrivata una condanna a un anno in primo grado per reati contro la pubblica amministrazione (abuso d’ufficio).

La legge voluta dall’ex ministro della Giustizia, infatti, obbliga gli enti pubblici a non assegnare incarichi dirigenziali di vertice a quanti siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, proprio per reati contro la pubblica amministrazione.
 Su Magnelli, dunque, aleggia la sospensione e la “retrocessione” a un incarico non dirigenziale. Ma pare che, a distanza di oltre tre mesi, all’Azienda sanitaria, non sia ancora arrivato il dispositivo della sentenza.

Tutto era iniziato nel 2008 con l’autoassunzione di Michele Fazzolari, reclutato all’Asp di Cosenza con un contratto di tre anni. Senza quel contratto, voluto dall’allora direttore generale Franco Petramala, non sarebbe mai arrivata la stabilizzazione di 320 precari, finita al centro di roventi polemiche politiche e poi revocata. In pratica, Fazzolari, una volta assunto, ha ricevuto immediatamente l’incarico di stabilizzare i 320 precari, tutti evidentemente amici degli amici.

Senza perder tempo Fazzolari aveva firmato la determina e aveva assunto a tempo indeterminato anche se stesso, con l’avallo, e la firma, del suo capo. Risultato: sei avvisi di garanzia per abuso d’ufficio, tentato abuso d’ufficio, truffa e falso e successiva richiesta di rinvio a giudizio.

Ma quel rapporto di lavoro, secondo i giudici del Tribunale di Cosenza (ed è quanto dire!), non sarebbe mai dovuto essere stipulato. E, per questa ragione, il processo nato dal procedimento amministrativo è sfociato in tre condanne.

Fin qui il passato, ma il presente, a quanto pare, non è per niente diverso.

Magnelli continua a dirigere il servizio facendo l’interesse dei suoi referenti politici. L’ultima chicca è il concorso interno per l’attribuzione orizzontale delle fasce economiche, strumentalizzato al fine di favorire, tanto per cambiare, altri precari amici degli amici.

Molti di loro, tra l’altro, sono sotto inchiesta giudiziaria perché assunti con procedure illegittime o perché hanno dichiarato falsi titoli (uno dei motivi per cui Magnelli stesso è stato inquisito) a scapito dei dipendenti.

L’aspetto più assurdo di questa storia è che i dipendenti devono dichiarare il loro stato di servizio e la loro ricostruzione di carriera.

In pratica, il dipendente deve dichiarare all’ufficio Risorse umane i dati già in possesso dell’ufficio stesso, che peraltro conserva i fascicoli personali. Perché questo? Semplice: perchè se un dipendente commette anche un solo errore di forma nell’autocertificazione viene escluso dal beneficio delle somme accantonate da tempo per il personale e che fanno parte degli oneri accessori previsti contrattualmente.

E così, come per magia, le somme vengono girate ai precari amici degli amici. Un bel sistema, non c’è che dire.

Il potente Magnelli, dunque, non si può toccare. Questo lo sa bene il commissario Filippelli (che lo lascia tranquillamente al suo posto) e lo sa pure Scura che recentemente ha ricevuto un “GENTILE” e garbato consiglio verbale da Urbani a soprassedere sulla questione Magnelli (nonostante avesse inviato un richiamo ufficiale a Filippelli per procedere al trasferimento del dirigente).

E’ proprio vero…, in Calabria, nonostante i cambiamenti al vertice, nulla è mutato. Prima c’era Scopelliti, ora Oliverio ma chi governa la sanità è sempre una persona GENTILE. Se ne diano pace Scura, Oliverio e i calabresi che votando il centrosinistra volevano cambiare pagina.