Il documento rivela un dato sconcertante: è dal 2014 che nella regione non si faceva un bilancio consolidato preventivo del servizio sanitario. Secondo i magistrati contabili i debiti della sanità calabrese alla fine del 2019 erano almeno un miliardo e 51 milioni: 539 euro per ogni cittadino residente, neonati compresi
di Sergio Rizzo
Fonte: la Repubblica
Bisogna leggerla, la relazione della Corte dei conti sul bilancio della regione Calabria sfornata il 29 ottobre, pochi giorni prima che scoppiasse il caso del commissario Saverio Cotticelli. Perché quelle 29 pagine costellate da una dozzina di pensanti rilievi dicono molto sul disastro della sanità calabrese. E sulle responsabilità non soltanto della classe dirigente locale, ma anche del governo centrale. Un caso? Davvero nessuno, a Roma, si era accorto che in Calabria non si faceva un bilancio consolidato preventivo del servizio sanitario regionale dal 2014, nonostante esistesse un decreto del governo che dal 2011, tre anni prima, ne stabiliva l’obbligo? Il presidente della Regione Mario Oliverio, predecessore di Jole Santelli, eletta all’inizio di quest’anno, si insediò il 10 dicembre 2014. Significa che per una intera legislatura il bilancio consolidato della sanità calabrese è andato in cavalleria?
Il fatto sconcertante è che la Regione non ha ritenuto utile doversi dotare di un regolamento attuativo di quel famoso decreto, come invece hanno fatto tutte le altre Regioni. Quindi ancora oggi, a distanza di quasi dieci anni, la Calabria ha un regolamento di contabilità precedente alla riforma del 2011 che stabiliva delle precise regole per la redazione dei bilanci della sanità. E anche di questo nessuno, a Roma, evidentemente aveva inquadrato la faccenda. Sebbene la Corte dei conti l’avesse già segnalato.
Il risultato è che, non avendo un bilancio consolidato della sanità, ossia la voce più rilevante del bilancio regionale, anche quello ha un bel po’ di problemi. E i debiti? La Corte dei conti sostiene che la Regione non saprebbe neppure esattamente quanti soldi deve ancora dare. Questo perché “non ha effettuato una ricognizione dei debiti verso i fornitori degli enti del servizio sanitario regionale e della gestione sanitaria diretta”. La conseguenza è che “non ne vengono certificati gli importi”. Eppure non sono bruscolini. Sapete quanto dicono le risultanze contabili? Che i debiti della sanità calabrese alla fine del 2019 erano almeno un miliardo e 51 milioni: 539 euro per ogni cittadino residente entro i confini regionali. Compresi, ovviamente, i neonati. Di cui ben 646 milioni già scaduti al 31 dicembre 2019. Chiaro effetto di una ulteriore anomalia del sistema sanitario della Calabria. Il monitoraggio dei tempi di pagamento, fanno capire i magistrati, semplicemente non esiste.
Il rapporto della Corte dei conti dice con chiarezza che quando si tratta di retribuire i vertici del servizio sanitario la Regione non compie alcuna verifica sul conseguimento del risultato, peraltro previsto dai contratti, che i direttori degli ospedali e delle Asl calabresi abbiano rispettato i tempi di pagamento dei fornitori. Capita così che i tempi di pagamento medi nel secondo trimestre di quest’anno siano lievitati a 240 giorni, il livello più alto dal 2015 (388 giorni), ma con punte che toccano 821 giorni. Due anni e tre mesi. Non bastasse, i magistrati contabili sottolineano che la Regione Calabria non ha nemmeno chiuso tutti gli accordi con le strutture private accreditate. Ma questa, rispetto al resto, è una bazzecola. Il bello è che non è nemmeno la prima volta che la Corte dei conti scrive queste cose nelle relazioni che puntualmente spedisce, come stavolta, anche a palazzo Chigi e a via XX settembre, sede del ministero dell’Economia. Senza che purtroppo nulla cambi.