Chiamiamola sfortuna. Diamo pure la colpa al destino cinico e baro. Ma sette cooperative liquidate in dieci anni non sono un primato positivissimo: verrebbe quasi da pensare che i vertici della San Bartolo srl – la società riconducibile alla famiglia Morrone, titolare della clinica Misasi e della Rsa San Bartolo – siano un po’ menagrami.
Al di là della battuta, c’è un dato: le due strutture sono in crisi perché hanno più lavoro che finanziamenti e questa loro situazione si è aggravata in seguito alle sforbiciate ai fondi per la sanità privata cosentina.
E la mole di lavoro è tale che, specificava qualche tempo fa, Nicola Chiarelli, amministratore della San Bartolo nel corso di una polemica con la Cgil, da dove ricorrere alle cooperative quando i lavoratori sono in ferie. E’ sempre stato così. O meglio: è stato così dal 2005 quando la coop Puma inaugurò la serie delle fornitrici di servizi. Importanti, per carità: manutenzioni spicciole, mansioni amministrative, pulizia eccetera.
Ma la proprietà propone, la Sanità dispone. Vuoi per i ritardi nei pagamenti, vuoi per gli alti e bassi di tutto il sistema calabrese, la Puma va in crisi nel 2007. Già, la Sanità tarda a pagare gli imprenditori e questi si trovano nei guai coi fornitori. Ma i servizi servono. E allora, via la Puma, entra la Orchidea, meno aggressiva nel nome ma altrettanto efficiente. Poi, dopo un po’, a condizioni simili, tocca alla Sant’Antonio, il cui nome non è garanzia di beatitudine né di salvezza.
Infatti, la Sant’Antonio viene sostituita dalla Mimosa. Di pianta in pianta, anche quest’ultima va in crisi e il suo posto viene rilevato dall’Azalea.
Ma forse è meglio un fiore più selvatico, capace di resistere alla crisi purché ci sia un po’ di sole. Ed ecco che all’Azalea subentra la Girasole, la cui vicenda è stata documentata, nero su bianco, in un verbale sindacale di fine 2013. La Girasole era andata in crisi per i consueti motivi (crediti insoluti), aveva dovuto chiudere i battenti e licenziare i suoi 24 dipendenti. E il surplus di lavoro? Niente paura: il suo posto è stato rilevato dalla Sant’Anna...
E non finisce qui. Adesso Morrone e soci vogliono applicare altre forme contrattuali per ridurre le tasse e i dipendenti, ai fini pensionistici, rischiano di trovarsi con un pugno di mosche in mano. Nel corso dell’udienza di ieri per il concordato, la proprietà ha chiesto un rinvio a settembre. Si spera che non proponga nuovi contratti perché la legge (anche se non sappiamo quale legge sia in vigore a Cosenza) non lo consente.