Sanremo 2018: Claudio, non sarai mai come il divino Lucio (di Antonella Grippo)

di Antonella Grippo

Questo Festival è come certa politica con la puzza sotto il naso che, pur non rappresentando affatto gli italiani, acchiappa voti.
Claudio è stilizzato, salutista, crepuscolare, metafisico, longilineo, etereo : un’aristocratica evanescenza, insomma, non più in subaffitto a Montesacro, con il padre brigadiere e la mamma che cuciva. Claudio è dentro i suoi “mattini pallidi appena imburrati di foschìa”. L’esatto contrario del nostro vivere sballato, budellone, in affanno, caciarone. Autentico. Lui è la biografia di una modalità melodica che fa fatica ad impregnarsi di vita. Noi, invece, indecentemente grondanti di imperfezioni.

A bordo di giorni sdrucciolevoli. Baglioni è tutto, tranne che uno Zelig dell’italianità. Ti sfugge, è intangibile, immateriale. Del resto, “la maglietta fina” ti predispone facile alla leggerezza, che, tuttavia, non è ancora santità. Quella -paradossalmente- carnale e stridula, superbamente altrove, del divino Lucio: “L’artista non sono io, sono il suo fumista”.

Antonella Grippo, con la sua nota, ci dà lo spunto giusto per approfondire il discorso su Baglioni e Battisti, storicamente invisi ai fruitori di musica “di sinistra”, anche se proprio in questo Festival di Sanremo Baglioni farò proporre il doveroso omaggio a Battisti da un collega da sempre posizionato a sinistra come Piero Pelù.

Ma Baglioni e Battisti, che rapporto avevano?

Tempo fa su Rai Uno è andato in onda uno Speciale TG1, davvero molto bello e pieno di filmati d’epoca, su Lucio Battisti.
Tra gli interventi dei colleghi (fra gli altri Lucio Dalla, Ligabue, Massimo Ranieri, Andrea Mingardi, Mogol …) spiccava quello – davvero interessante – di Claudio Baglioni, che ha raccontato i suoi due incontri con Battisti.

Il più risalente ebbe luogo negli USA, negli anni ’70; nell’occasione – anche se nell’intervista Claudio è rimasto assai rispettosamente sulle generali, parlando, semplicemente, delle circostanze di tempo e luogo nelle quali si incontrarono e del fatto che si trattò di
un incontro connotato da una certa “asprezza” – in realtà Battisti davvero non lo trattò benissimo, dicendogli in faccia che era solo un tipo alla Claudio Villa (cfr. il libro “L’Arcobaleno – Storia vera di Lucio Battisti vissuta da Mogol e dagli altri che c’erano”, Giunti, 2000, di G. Salvatore, pag. 233: “Con Baglioni aveva chiuso, perchè una volta, a Los Angeles, gli aveva detto in faccia che lo considerava il continuatore della tradizione italiana alla Claudio Villa. Raccontano che fu un botta e risposta piuttosto teso. Baglioni si offese a morte. Lucio rimase del suo parere. Westley fu licenziato proprio perchè aveva osato collaborare con Baglioni“).

Il secondo incontro con Battisti, descritto da Claudio come molto diverso e “conviviale”, fu contrassegnato – a suo dire – da una conversazione amichevole, che spaziò un po’ dappertutto, anche nella politica, ed ebbe luogo nel comasco, nel periodo post-Una donna per amico per l’uno e pre-Strada facendo per l’altro.

Un’intervistina molto graziosa, durata pochissimi minuti, con Claudio che, ripreso in primissimo piano, aveva l’espressione di un ragazzino mentre parlava di Lucio.

Non resta che aspettare di vedere come sarà il suo omaggio a Battisti al Festival.