Sanremo 2018 rende omaggio alla grande Milva: vi racconto la Pantera di Goro (di Fabio Gallo)

Il Festival di Sanremo ieri sera ha tributato il suo doveroso omaggio alla carriera ad una grandissima del nostro spettacolo: Milva, che purtroppo – malata da tempo – non poteva essere presente e ha lasciato un suo significativo messaggio alla figlia. Milva è stata straordinaria in tutte le arti possibili, ha dominato la scena italiana ed europea per decenni e ha incrociato il suo cammino anche con un cosentino, che all’epoca era un magnifico “enfant prodige”. 

di Fabio Gallo

Avevo concluso con grande successo Fantastico 7 (1986). Ero stato chiamato da Pippo Baudo e Gino Landi con un contratto di “vedette” (Stella) per il programma del sabato sera che riusciva a riunire davanti alla tv 14 milioni di cittadini italiani. Fino a quel giorno avevo lavorato solo per il Teatro che non avrei mai lasciato neanche per tutto l’oro del mondo.

Ma, quando entrai in quella sala prove di Via Col di Lana, accanto al Teatro delle Vittorie, ove fui inviato dal mio Maestro dell’epoca al quale si era rivolto Landi, compresi che quell’esperienza avrebbe cambiato la mia vita e che nulla avrebbe tolto all’atmosfera, che solo il Teatro con le sue quinte e le sue luci di proscenio riesce a dare. Fu un successo!

Danzavo dalle 8.30 di mattina fino alle 19.00 e i miei sudori si fondevano con quelli di Alessandra Martines, Lorella Cuccarini, Kirk Offerle, tutti “Stelle del Varietà” che hanno lasciato il segno nella storia della televisione italiana. Ancora oggi, dopo 31 anni, mandano e rimandano le nostre puntate. Poi, ho creduto per davvero che dopo quel “Fantastico” nulla potesse emozionarmi ancora, fino a quando, iniziata la mia carriera di coreografo, devo dire molto fortunata, fui chiamato da Adriano Aragozzini, produttore del programma del Sabato sera, in prima serata Raiuno (“Di che vizio sei?”), che andava in onda da Montecatini Terme.

Non avevo intenzione di accettare ma, quando mi disse che sarei stato il coreografo di Gigi Proietti e Milva, i due protagonisti del Sabato sera, cambiai idea e confesso che avrei pagato io la RAI per farlo: due colossi del Teatro. Gigi Proietti, unico nell’improvvisazione, nella scelta dei tempi, nel riuscire a strappare una risata anche ad un muro e lei, Milva, la creatura di Giorgio Strehler, la maggiore interprete del repertorio brechtiano, di Canti della Libertà. Fu così che firmai quel contratto e, riaperti gli occhi, mi ritrovai in sala prove a discutere proprio con queste due grandi anime del Teatro, della linea coreografica per il migliore successo del programma che non tradì le aspettative con un boom di ascolti. La coreografia intesa a questi livelli, quella che ho avuto la fortuna di studiare e maturare, non serve a fare sgambettare ballerine ma ad amalgamare un quadro con l’altro, a dare senso al movimento generale della scena, a dare vita all’opera. Coreografare per Gigi Proietti fu impresa ardua perché ama improvvisare. Divertente la nostra prova: iniziava e finiva tra le risate generali. Imparava tutto alla perfezione e poi, in diretta, dimenticava ogni cosa e andava per conto suo come Totò con De Filippo. La migliore coreografia, in questi casi, è accompagnare il talento nella performance per ottenere il massimo.

E poi, Milva, la Pantera di Goro, era proprio li, accanto a me come una scolara che, a differenza di Gigi, era precisa in ogni movimento, senza mai trascurare un dettaglio, sul quale lavoravamo ore e ore come se fossimo completamente estranei alla realtà dello studio televisivo del Teatro tenda che Milva riusciva sempre a far tacere, a fermare completamente, e trasformare in “Teatro”. Il dettaglio di un dito, di una mano posta poco più in basso o in alto, per Milva era fondamentale perché sapeva bene che nello spazio, anche se apparentemente vuoto, c’è la forma del successo, dell’emozione, dalla quale scaturisce quel rapporto cinestetico che è il magnetismo e la magia del rapporto tra pubblico e palcoscenico, tra singolo spettatore e artista.

Milva ha nobilitato la televisione conferendo ad essa quello charme che non sempre riesce ad esprimere se non in rarissimi casi come, di certo, questa edizione del Festival di Sanremo che ha visto direttore artistico Claudio Baglioni che, non a caso, ha accolto l’idea di insignire dell’ambito riconoscimento alla carriera Milva.

Va detto che tranne in alcune realtà che rappresentano l’Arte del Teatro ai massimi livelli, la volgarità, l’ignoranza e la prepotenza di certa politica, ha completamente distrutto molti Teatri italiani che, dovendo obbedire al barbaro invasore, ha in parte perso anche la memoria della grande tradizione culturale che ha reso grande l’Italia e la cultura italiana nel mondo.

Il paesanismo ha preso il posto dell’arte espressa ai massimi livelli. Il dramma peggiore, inoltre, è che quando muore il Teatro, muore anche la Cultura e con essa la ragione che ci distingue dalle bestie. Milva, tra i suoi grandi insegnamenti, è riuscita a trasmettermi la sacralità della vita che a volte, è vero, bisogna vedere rappresentata per essere compresa e amata. Osservandola da vicino per mesi e mesi posso concludere che nessuno mai, come Fernando Pessoa, è riuscito a rappresentare la magia in così poche parole che a lei dedico: “Dio volle, l’Uomo sogna, l’Opera nasce”. Prima o poi, il Teatro si farà ventre di nuove nascite e nuove grandi esperienze.