Scala Coeli, il tempo perso e le menzogne dei Pulignano. “La Regione non ha capito la gravità del disastro: la discarica va chiusa non ripristinata”

Si sta perdendo solo tempo prezioso per cercare di porre un argine alla marea di percolato e melma che continua a finire nel mare Jonio dopo il disastro ambientale causato nella discarica di Scala Coeli, i cui proprietari e gestori sono i fratelli Eugenio e Walter Pulignano, veri e propri “padroni” del settore dei rifiuti nello Jonio cosentino, essendo anche i titolari dell’azienda Ecoross, che da oltre 30 anni ha il monopolio degli appalti per i rifiuti a Corigliano-Rossano. 

Gli attivisti del circolo Legambiente Nicà monitorano di continuo il luogo del disastro ambientale che ha distrutto l’economia agricola e l’intera BioValle del Nicá.
“La Regione Calabria, il suo presidente e i suoi direttori generali – afferma con decisione Nicola Abruzzese – forse non hanno capito la gravità di quanto accaduto, invitiamo tutti il territorio, sindaci compresi ad unirsi a noi. La discarica di Pipino deve essere chiusa e dico CHIUSA NON RIPRISTINATA”. Il messaggio è chiaro e forte ma nonostante questo sembra non sia stato ancora recepito dai politicanti e a quanto pare anche dalla procura di Castrovillari, che dovrebbe essere già intervenuta per mettere un freno a questa deriva. 

Illuminante a tale proposito, un articolo pubblicato da Il Crotonese che spiega meglio quanto sta succedendo. Eccone il testo. 

L’acqua nera ristagna per 6 km lungo l’alveo del torrente Patia. Un alveo largo in media 8 metri e profondo 4. Da giovedì 22 giugno ci sono centinaia di migliaia metri cubi di percolato che ristagnano lungo i 6.000 metri del torrente Patia. Il corso d’acqua che giovedì mattina ha portato nel fiume Nicà il percolato fuoriuscito dalla discarica della Bieco sita in località Pipino, è stato bloccato per evitare che tutte quelle migliaia di metri cubi di liquami finissero nel mare come è avvenuto purtroppo nel pomeriggio di giovedì. Ora quell’acqua nera ristagna e la puzza acre del percolato si avverte in tutta la valle verde del Nicà che da giovedì ha perso definitivamente una verginità già deflorata dalla presenza di una discarica assurdamente autorizzata dalla Regione Calabria quasi 13 anni fa.

Disastro non compreso

Alla Regione Calabria, a parte le parole di circostanza del governatore Occhiuto, non avevano ben compreso la gravità di quello che era accaduto. Lo si è visto sabato quando, dopo tre giorni dall’incidente che ha riversato nei corsi d’acqua ed in mare il percolato, è arrivato il direttore generale del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, Salvatore Siviglia accompagnato da diversi dirigenti. Tutti sono rimasti esterrefatti quando i sindaci di Crucoli, Giovanni Cataldo Librandi, di Cariati, Cataldo Minò, di Scala Coeli, Giovanni Matalone, e Terravecchia, Paolo Pignataro, gli hanno mostrato quello che era successo. Con loro c’era anche Sergio Ferrari, presidente della Provincia di Crotone sulla quale di fatto ricadono gli effetti della discarica ubicata nel territorio del comune cosentino. Si è capito subito che la situazione non era facile da gestire per via della complessità dell’intervento necessario per evitare che il percolato bloccato nel torrente Patia grazie a dighe di ghiaia finisca nella falda acquifera e soprattutto ridare la possibilità ad agricoltori e allevatori di riprendere ad utilizzare l’acqua per irrigare e abbeverare gli animali. Quel ristagno prolungato, però, mette a rischio le falde. La soluzione principale è rimuovere il percolato subito aspirandolo in autobotti. Solo che, considerata l’enormità del percolato finito nel torrente, di autobotti ne serviranno centinaia…

METTERE DA PARTE LA BIECO 

Un intervento complesso e proprio per questo i titolari delle aziende zootecniche ed agricole avevano chiesto alla Regione Calabria di gestirlo direttamente mettendo da parte la Bieco che avrebbe solo dovuto pagare per l’intervento. Una possibilità che resta aperta anche perché il presidente della Provincia di Crotone è stato determinato: “Nel caso di ritardi dobbiamo operare in danno della Bieco altrimenti continuiamo a fare chiacchiere ed il percolato va nelle falde”.

LE MENZOGNE DEI PULIGNANO

Sulle cause stanno indagando i carabinieri del nucleo forestale di Corigliano-Rossano. L’ipotesi è che si sia rotto un tubo di 2 metri di diametro che ha scaricato il percolato nel torrente. Peraltro Bieco e quindi i fratelli Pulignano in una nota stampa dicono di “non escludere nessuna possibilità riguardo all’evento, inclusa l’ipotesi di un possibile atto di sabotaggio”. Ipotesi tutta da verificare e di difficile comprensibilità. Di certo l’incidente ha mostrato che tra il tubo rotto e il torrente Patia non c’era alcun sistema di sicurezza che poteva impedire che quella enorme quantità di percolato finisse fino alla foce del Nicà e nel mare distante ben 13 km.

Chiusura non ripristino

La Regione, attraverso ArpaCal, sta monitorando la situazione e sta seguendo con attenzione questa emergenza, mettendosi a disposizione degli enti locali per ogni possibile supporto. Il comunicato della Regione Calabria finisce però con una frase sibillina che non è piaciuta a chi da anni si oppone all’impianto realizzato in una zona di coltivazioni biologiche con marchi Dop e Doc e che auspica la chiusura dell’impianto: “La Bieco srl – scrive la Regione Calabria – è responsabile di quanto accaduto e dovrà ripristinare a sue spese la regolare funzionalità della discarica di Scala Coeli”. Anche per questo giorno 6 c’è stato un partecipato sit-in sul ponte della Sp6 sotto il quale scorre il torrente Patia contaminato con il motto “La discarica di Pipino deve essere chiusa non ripristinata”. Checché ne dicano i fratelli papponi, al secolo Pulignano, porcaria…