BARI – I 4,6 miliardi del fondo di perequazione infrastrutturale introdotto dal governo Conte bis, su cui Draghi aveva immaginato un meccanismo di riparto per destinare al Sud l’80% delle risorse, sono stati sostanzialmente azzerati dal governo Meloni. Il tema è stato affrontato ieri in Conferenza delle Regioni, dove il governatore Michele Emiliano ha portato un dossier predisposto dal suo capo di gabinetto, Pinuccio Catalano: c’è scritto che i provvedimenti adottati a cavallo di Natale hanno lasciato appena 700 milioni, disponibili peraltro a partire dal 2027. I fondi del triennio 2024-2026 sono nel frattempo stati destinati alla copertura di altre spese.
Il tema va contestualizzato con le polemiche sull’Autonomia, perché il fondo perequativo era stato inizialmente pensato in funzione preparatoria alla precedente riforma del federalismo fiscale: doveva servire a colmare il gap di dotazione non solo a livello di infrastrutture di trasporto e reti idriche, ma anche sul fronte scuole e sanità. Draghi ha poi sviluppato – attraverso il Dipartimento di coesione (oggi sostanzialmente smantellato) – un modello di riparto, basato su indicatori statistici, per assegnare le risorse ai territori in maniera coordinata con i progetti già finanziati nel Pnrr.
Il relativo Dpcm del ministro del Sud, Mara Carfagna, che alla Puglia destinava 448 milioni (330 alla Basilicata), è rimasto a livello di bozza. E così nell’ultima Finanziaria il governo Meloni ha prelevato dal Fondo 2,6 miliardi. Tolti i 191 milioni già spesi, e i circa 900 milioni del triennio 2024-2026 destinati ad altre spese, restano appunto 700 milioni a partire dal 2027.
Mercoledì Salvini, rispondendo durante il question time alla Camera, ha parlato di una riduzione «in termini contabili e non sostanziali», motivata dal fatto che l’iter di assegnazione «non era affatto definito»: le risorse – aveva detto il ministro – «sono salvaguardate dall’insieme dei provvedimenti normativi che il governo sta portando avanti per superare proprio quel divario tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale figlio del centralismo e non di certo dell’autonomia che ancora non c’è». È la conferma in termini politici di ciò che spiegano fonti ministeriali: i 2,6 miliardi prelevati dal fondo perequativo sono stati destinati al riavvio dei cantieri per il ponte sullo Stretto, che attingeranno anche dai fondi di coesione di competenza delle due regioni interessate (Calabria e Sicilia). Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno