Scirubetta, il gelato calabrese dei poveri

E’ legata al freddo ma non proviene dal nord, bensì dal sud, dalla nostra Calabria.

E’ la scirubetta, una tradizione gastronomica tipica della nostra Regione. Di cosa è fatta? Semplicemente di neve, pura e soffice neve e, da oggi, è possibile raccoglierne tanta nei dintorni.

Il nome scirubetta proviene dal turco “sharbat” che significa “bevanda”, termine a sua volta derivato dall’arabo “sharbat”, da cui originano anche le parole italiane “sciroppo” e “sorbetto”. Lo sharbat in Medio Oriente è una bevanda dolce servita molto fredda, di varia consistenza da assaporare al cucchiaino.

Con la scirubetta calabrese si passa dal liquido freddo ai cristalli di neve, ma la sostanza non cambia. A variare sono semmai gli aromi e i gusti da conferire alla candida materia prima, che nei paesini di montagna di 50 anni fa si era soliti raccogliere direttamente sul tetto di casa, quando facilmente accessibile.

Una tradizione profonda che si apre sulla primordiale forma di gelato e di cui traccia si può ricercare in qualsiasi popolazione abbia avuto accesso a zone montane innevate. Una sorta di gelato dei poveri.

La preparazione tradizionale della scirubetta prevedeva la raccolta della neve in un pentolone da cui veniva poi redistribuita direttamente in bicchieri o coppe oppure in un vassoio centrotavola nel quale avveniva il magico e generoso incontro con il dolcissimo miele di fichi, altrove popolarmente denominato vincotto di fichi o semplicemente cotto di fichi, preparato dalle massaie nell’ultimo scorcio dell’estate.

In alcune zone della Calabria si usava anche il mosto cotto. A tempi più recenti, ma pur sempre figlie della antica tradizione orientale, risalgono invece le varianti di scirubetta di neve con succo d’arancia (frutto invernale per definizione) o di limone e zucchero, oppure ancora con caffè e zucchero, o infine con cioccolato.

A voi la scelta dunque e buona scirubetta a tutti!