Sibari. Il Parco Archeologico ridotto a luna park per la Sagra del vino e il tragicomico “superdirettore” oste de noantri

L’articolo 9 della Costituzione recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Guardando le immagini di Vinitaly nel Parco archeologico di Sibari si può affermare che questa manifestazione si sia svolta per promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica e che, al contempo, si sia svolta un’azione di tutela del paesaggio e, soprattutto, del patrimonio storico e artistico della Nazione?

Com’è stato possibile arrivare a tale indecenza? Com’è stato possibile far svolgere una così pacchiana Sagra del vino in uno dei più importanti siti archeologici del mondo? Com’è stato possibile che questa sagra paesana sia costata, a tutti i calabresi, 2 milioni di euro? Com’è stato possibile che si sia svolta con l’esibita complicità del Ministero dei beni culturali e del ‘superdirettore’ del Parco archeologico?

Per spiegare il lungo cammino che ha portato dall’articolo 9 della Costituzione a questo alcolico sbraco culturale e morale bisogna raccontarne la storia che inizia, come purtroppo accade spesso, negli anni ’80. Sotto il primo Governo Craxi, l’allora Ministro del Lavoro Gianni De Michelis, intervenendo a un convegno sulla valorizzazione del patrimonio storico-artistico organizzato a Firenze dal Pci, disse: “le risorse economiche necessarie alla conservazione non ci saranno mai, finché non ne viene evidenziata la valorizzazione economica”. Da allora il bene culturale viene concepito come convenienza economica che deve ‘guadagnarsi’ la sua stessa conservazione, la sua tutela. Nacque così la sciagurata dottrina dei beni culturali come ‘petrolio d’Italia’ con i “giacimenti culturali” di De Michelis e, subito dopo, con il ministro Ronchey. Nel corso dell’ultimo ventennio abbiamo assistito ad un precipitoso allineamento dei beni culturali a ciò che era già successo in altri settori chiave del ‘pubblico’ (si pensi alla sanità, o all’università): fino ad una fase estrema e recentissima in cui, di fatto, si è messo in discussione il significato stesso di parole come «cultura» o «tutela».

In quest’ultima, drammatica fase è forse possibile distinguere due diverse fasi.
La prima, caratterizzata dai governi di Silvio Berlusconi, ha eroso il secondo comma dell’articolo 9 minacciando soprattutto l’integrità della porzione pubblica del patrimonio storico e artistico della nazione, dando così una spallata pressoché letale all’esercizio della tutela, attraverso il taglio della metà (un miliardo di euro) del bilancio del Ministero per i Beni culturali ‘guidato’ da Sandro Bondi (era l’estate del 2008), di fatto mettendolo “in liquidazione”.

La seconda, caratterizzata dai governi di centrosinistra e da ministri per i Beni culturali come Walter Veltroni e Dario Franceschini, ha realizzato la dismissione del patrimonio pubblico avviata dal centrodestra, e se ha recuperato qualche punto nei finanziamenti della tutela, ha però messo sotto attacco il primo comma dell’articolo 9 della Costituzione, interpretando lo “sviluppo della cultura” come pura valorizzazione economica, minando le ragioni stesse della tutela e l’indipendenza di questa ultima dalla politica. Tra le due fasi politiche non c’è alcuna soluzione di continuità, ma anzi un crescendo di impegno per sradicare di fatto l’articolo 9 dall’impianto dei principi fondamentali del nostro progetto di Paese.

I musei ed i parchi archeologici, che dovrebbero essere intesi come centri di ricerca votati a educare alla conoscenza, sono ormai considerati luoghi di intrattenimento piegati alla logica del mercato e dunque obbligati ad attrarre pubblico anche facendo leva sul marketing più sfacciato. Ed è per questo che oggi i nostri musei ospitano di tutto: dalle mostre di Prada ai concerti nel teatro di Pompei.

È questo quello che vogliamo da un museo o da un parco archeologico pubblico italiano? E vale la pena mantenerlo con le tasse di tutti, è un servizio pubblico?
Il livello infimo dei contenuti messi online dai musei italiani in questa quarantena, la gragnuola di errori e la palese inadeguatezza del Gran Virtual Tour (sic!) del Mibact mostra che ci siamo ridotti a fare i piazzisti della ‘Grande Bellezza’. È apparso evidente che, a differenza dei grandi musei del mondo, i nostri musei e siti culturali non sono in grado di produrre contenuti culturali: si limitano a mettere online le fotografie dei loro capolavori, accompagnate da trovate imbarazzanti.

A questo proposito, infatti, il superdirettore dei Parchi archeologici di Sibari e Crotone, tale Filippo Demma, in questi giorni si è fatto fotografare, per esempio, mentre trasporta due boccioni di vino, uno di bianco e l’altro di rosso per non scontentare nessuno. Non c’è che dire: un oste perfetto per ospitare una Sagra del vino.

Come tutti gli osti anche il ‘superdirettore’ Demma è un simpaticone, fa di tutto per apparire gioviale e non un compassato e noioso studioso di antichità. È quello stesso che alcuni giorni fa diceva, ad un microfono amico, “… Ecco, mi aspetto che eventi del genere (Vinitaly n.d.r.) possano gettare nuova luce su realtà come la nostra e che abbattano il diaframma col grande pubblico. Nondimeno mi piacerebbe che le persone cogliessero la novità di questo nuovo modello di promozione … È esattamente ciò che mi aspetto da eventi come questo: che diventino momenti per accrescere le capacità metodologiche del contesto calabrese coinvolgendo i vari attori e creando uno sviluppo su base culturale… offrendo al grande pubblico esperienze nuove e un modello di promozione che metta davvero al centro la cultura tutta, a 360 gradi…”

Sì, senz’altro, un modello che mette al centro dell’osteria lo sviluppo alcolico, non a 360 gradi ma al massimo a 14, basato sulla metodologia del trasporto dei boccioni di vino.
Dovrebbe essere la scuola -e non il mercato del vino, il mercato del turismo e dei privati- la prima destinataria e interlocutrice di ogni politica del Patrimonio culturale che è la grande palestra della formazione civica degli italiani.

Non esiste, al mondo, un esempio di museo privato che funzioni meglio del pubblico. I musei americani sono in passivo, non in attivo; il Metropolitan di New York non produce reddito e, come tanti altri musei, vive sugli interessi di enormi capitali lasciati in eredità da grandi magnati dell’industria americana che l’hanno fatto per legittimarsi e lavarsi la coscienza. Non si è a conoscenza di una istituzione culturale che produce profitto e poiché l’obiettivo dei privati è quello di produrre profitto, un privato che gestisca un sito pubblico per fare profitto e che attraverso questo produca anche cultura, non si è mai visto.
Il progetto sui musei e sui parchi archeologici è chiaro: la messa a reddito selvaggia, la trasformazione in un Luna-park, spesso solo per ricchi.

A Palazzo Pitti si fanno gli addii al celibato privati dei milionari; il Ponte Vecchio chiuso al pubblico e usato per la festa esclusiva del marchio Ferrari; nel teatro romano di Pompei, restaurato per la bisogna, si tengono concerti di musica pop e rock; il Palazzo Ducale di Mantova è ridotto ad una fiera del mobile e la Reggia di Caserta in un outlet di borse griffate e banco vendita di mozzarelle. Il Colosseo si trasformerà in una ‘location’ di eventi (esclusivi, ovviamente), al Pantheon si impone il biglietto, mercificando un altro pezzo della città di tutti, e il Parco archeologico di Sibari -la più grande, ricca ed importante città della Magna Grecia- viene ridotto, per la misera cifra di 30.000 euro erogati a favore del Parco archeologico, ad una pacchiana Sagra del vino calabrese importata a carissimo prezzo, ben 2 milioni di euro, da Verona. C’è da ricordare che gli scaligeri si guardano bene dal far svolgere la loro Fiera nell’Arena, l’anfiteatro romano di Verona, o nelle sue vicinanze, ma la fanno nel loro quartiere fieristico in periferia, il Veronafiere.
Un gran successo del vino, dei governanti e dei cittadini calabresi, non c’è che dire!

titolo potrebbe essere: il superdirettore oste o l’oste superdirettore
vinitaly luna park