Si è chiusa la campagna elettorale per le regionali in Sicilia in cui i colpi bassi, le critiche, i colpi di scena sono stati i protagonisti assoluti. Il grande assente? I programmi e le cose da fare per tentare di creare le condizioni di un reale rilancio della Sicilia. Gli elettori dovranno scegliere tra il “patto degli arancini” di cui il candidato della destra Musumeci è stato uno dei protagonisti, l’inconsistenza del M5S e del candidato Cancellieri, i quali l’hanno “buttata in caciara” e l’”invisibilità” del candidato del Pd Micari che sembra già scaricato dal partito del Premier Gentiloni. Gli altri candidati a presidente sia Fava per la Sinistra che La Rosa dei Siciliani Liberi non sembrano al momento ambire alla vittoria finale ma sicuramente potranno raggiungere un buon risultato. Sembra evidente che la scelta per gli elettori non sarà semplice ed è probabile che l’astensionismo la faccia da padrone. Anche perché in molti hanno capito cosa succederà. Come spiega bene l’articolo di Giuseppe Pipitone su Il Fatto Quotidiano,
Nello Musumeci che entra a palazzo d’Orleans come nuovo governatore. E un attimo dopo una serie di consiglieri regionali – pardon, deputati – appena eletti con il centrosinistra pronti a sostenere la nuova maggioranza di centrodestra senza passare neanche un secondo al’opposizione. Uno sforzo non troppo estremo dato che per molti di loro non si tratterebbe di tradimento ma di un semplice ritorno a casa. È lo scenario che si sta preparando in Sicilia per il day after delle elezioni regionali. Si vota il 5 novembre ma già per il 6 l’isola potrebbe rilanciare ancora una volta la sua faccia più ineffabile: quella di laboratorio politico nazionale. Dove esponenti del centrosinistra, e dello stesso Pd, sarebbero già pronti a collaborare col nuovo presidente eletto dalle destre di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi.
Larghe intese in salsa sicula – Insomma le larghe intese previste da più fronti dopo il voto nazionale sarebbero tenute a battesimo – ancora una volta – sull’isola, dove tutti i sondaggi vedono in vantaggio Musumeci, tallonato da Giancarlo Cancelleri del Movimento 5 Stelle. Staccato e costretto a guardarsi dal bersaniano Claudio Fava è, invece, Fabrizio Micari, il rettore dell’università di Palermo ingaggiato da Matteo Renzi e da Angelino Alfano per una corsa in bianco e nero che si annuncia sempre di più come una sonora sconfitta. Ed è anche per questo motivo se molti candidati all’Assemblea regionale siciliana del centrosinistra lavorano già al post voto: loro all’opposizione non intendono proprio starci. Anzi non possono: prevedono di prendere migliaia di voti. E a ogni voto bisogna in qualche modo rispondere con azioni impossibili da sollecitare se si sta lontani dai banchi del governo. È per questo che sull’isola si lavora già da settimane alle larghe intese in salsa sicula.
La ricostruzione del Fatto.it – Una ricostruzione – filtrata nelle scorse ore sulle pagine di Business Insider – che sulla carta nessuno è pronto a confermare mettendoci il proprio nome e cognome. E non potrebbe essere altrimenti visto che mancano appena otto giorni al voto. Ilfattoquotidiano.it, però, ha trovato tre auterevoli fonti politiche – esponenti di tutti gli schieramenti in campo, escluso il M5s – che hanno confermato l’esistenza di colloqui in corso tra destra e sinistra in Sicilia, chiedendo di poter mantenere l’anonimato. “È chiaro che se vince Musumeci molto difficilmente avremo la maggioranza all’Ars: l’unica soluzione è ottenere qualche aiuto dall’altra parte, dove ci sono molti amici”, dice un esponente moderato che sostiene il centrodestra. Dove molti ex Alfaniani sono tornati recentemente bocciando la decisione del ministro degli Esteri di allearsi con Renzi. Quello che in qualsiasi altra regione d’Italia verrebbe visto come il più antipatico dei tradimenti, in Sicilia, infatti, è semplicemente un pezzo di storia politica: dal governo di Silvio Milazzo – che nel 1958 spinse la Dcall’opposizione stringendo al governo Msi e Pci – fino al ribaltone di Raffaele Lombardo, che portò il Pd in maggioranza. “D’altra parte – ricorda uno dei bersaniani siciliani che sostengono Fava – è stato così anche cinque anni fa: Rosario Crocetta non aveva la maggioranza e alcuni consiglieri eletti con la destra si premurarono di chiamarlo per mettersi a disposizione quando ancora lo scrutinio era in corso“.
La fonte interna al Pd conferma – Una copione destinato a ripetersi e che questa volta sarebbe agevolato dalla metamorfosisubita dal Pd di Renzi. “Il virus renziano ha reso fluido e quindi più debole il partito, riempiendolo di figure che vengono da altre esperienze politiche. Gente che ha migliaia di voti ma non può permettersi di non stare in maggioranza. Sono arrivati qui dopo il 40% delle europee: adesso che la sconfitta sembra inevitabilestanno già preparandosi per il dopo. In caso di vittoria di Musumeci non perderanno tempo a passare dall’altra parte: con la scusa della responsabilità di governo si faranno subito trovare pronti, in modo da partecipare alla spartizione delle varie poltrone in commissione, negli uffici di gabinetto e nei posti di sottogoverno“, spiega un storico esponente siciliano dei dem. “Il metodo – prosegue – sarà sempre lo stesso: prendere una delle liste-contenitore create a suo tempo per portare un po’ di deputati a Crocetta e spingerla verso Musumeci”.