Sud, i cantieri mai aperti. Sono pronti 700 milioni ma Fitto non sa spenderli

(STEFANO IANNACCONE – editorialedomani.it) – Un grande piano contro il gap infrastrutturale tuttora fermo. Una preziosa eredità del governo precedente congelata, nonostante una dotazione già pronta: 700 milioni di euro per iniziare, per poi spendere fino al massimo 4 miliardi e 600 milioni nei 10 anni successivi. Ecco risorse a portata di mano, in bilancio, messe sul piatto per contrastare i divari nelle infrastrutture, dalla scuola alla sanità, nelle aree più svantaggiate con un focus specifico sul Mezzogiorno. L’uso degli stanziamenti avrebbe un doppio risultato: spingere l’economia nelle zone meno ricche, grazie all’apertura di nuovi cantieri, e migliorare la qualità dei servizi, oggi carenti.

Sarebbe tutto a portata di mano, se i soldi non fossero stoccati, immobili, nei cassetti del dipartimento del Sud e delle politiche di coesione, guidato da Raffaele Fitto, con il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, co-protagonista del singolare letargo, chiamato a esprimersi. Il problema è che nessuno ha deciso come ripartire la cifra e con quali modalità scegliere il finanziamento dei progetti. Il motivo ufficiale è legato a un aspetto burocratico: manca il decreto della presidenza del Consiglio. Fatto sta che la “destra del fare”, come ama definirsi, non fa nemmeno le cose più semplici, come spendere i soldi già in tasca. E si limita alla propaganda.

UN GAP DA RIDURRE

Così, la premier Giorgia Meloni e la sua squadra di ministri si dimostrano più attenti a criticare i predecessori, in primis sul Pnrr, che a svolgere il proprio compito. Arrivando al colmo di non sfruttare il sostanzioso lascito. La storia di questa vicenda inizia nel settembre 2022, quando l’esecutivo di Draghi ha approvato il decreto Infrastrutture.

Nel provvedimento era stato inserito un corposo stanziamento per il «recupero del divario infrastrutturale», da avviare dopo una prima fase di ricognizione nelle «aree che risentono di maggiori criticità nei collegamenti infrastrutturali con le reti su gomma e su ferro, e dei territori del Mezzogiorno». L’attività si sarebbe concentrata sulle «strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche pubbliche» ma anche sulle «infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, idriche». Uno sforzo a trecentosessanta gradi.

Il massiccio investimento sarebbe stato effettivo attraverso il «fondo perequativo infrastrutturale» con 100 milioni già per il 2022 a cui si sono aggiunti altri 600 milioni spalmati nel biennio 2023-2024. Lo sguardo del governo Draghi è andato oltre, tenendo attivo il fondo fino al 2033 grazie a ulteriori stanziamenti fino a raggiungere un totale di 4 miliardi e 600 milioni.

Per completare l’operazione, tuttavia, era necessario un decreto attuativo, che faceva capo alla ministra del Sud Mara Carfagna, da adottare entro il 31 marzo dello scorso anno, per definire i dettagli. L’esecutivo non è riuscito a rispettare la scadenza, ma secondo quanto risulta a Domani aveva già svolto un lavoro preparatorio per individuare le principali criticità, basandosi anche su interventi previsti dal Pnrr e dal Piano nazionale complementare. Erano stati stabiliti, dunque, gli indicatori tecnici per definire il riparto delle risorse e garantire un intervento efficace. Era stato predisposto uno schema di decreto proprio con l’intento di non accumulare ulteriore ritardi e completare l’iter entro l’autunno del 2022.

FITTO SOVRACCARICO

La caduta del governo e il ritorno alle elezioni hanno stoppato tutto, trasferendo il compito nelle mani di Giorgia Meloni e della sua compagine ministeriale. Il dossier è diventato principalmente competenza di Fitto, a cui spetta l’ultima firma, in coabitazione con il ministro delle Infrastrutture Salvini, parte in causa attiva vista la materia da trattare, e del collega Roberto Calderoli, a capo del dipartimento degli Affari regionali.

Una piccola pausa era preventivabile. Solo che, a ormai otto mesi dall’insediamento del governo, si può parlare di un effettivo ritardo: il decreto non risulta pubblicato, mettendo i miliardi di euro in stand-by. Fitto si è perso nell’ampia rete di problemi che deve affrontare, su tutti il Pnrr.

Ma il sovraccarico a cui è sottoposto non rappresenta una giustificazione spendibile: è stata Meloni a dargli tutte le deleghe con lo scopo di consegnarle a un suo fedelissimo. Ora si vedono le conseguenze.
Il Pd sta provando a dare una sveglia sull’attuazione del piano contro il gap infrastrutturale. In questa direzione va l’interrogazione presentata alla Camera, che chiede espressamente «di giungere, al più presto, alla ripartizione delle risorse e all’attivazione degli investimenti».

«È assurdo avere i soldi in bilancio e non spenderli», dice a Domani il deputato del Pd, Marco Simiani, primo firmatario dell’interrogazione. «È vero che una buona parte di questi fondi – spiega – è destinata al Mezzogiorno, ma possono anche essere impiegati nelle altre aree con forte gap nelle infrastrutture. Come sta accadendo per il Pnrr, questo governo sembra non saper gestire gli stanziamenti a disposizione».