Oltre duemila persone a Torre Faro “armate” di striscioni e bandiere per protestare contro il progetto del Pinte sullo Stretto rispolverato dal governo proprio nel giorno in cui in Emilia Romagna contavano i morti e spalavano fango. Sono ricomparse perfino quelle t-shirt con la scritta “No al Ponte”, che spopolavano nei primi anni del 2000. In un sabato che anticipa l’estate, a Torre Faro, in tanti sono scesi in piazza per dire “no” al progetto, per dire che al Sud – e non solo – serve altro, a cominciare dalla messa in sicurezza del territorio e per ricordare che quella che viene definita la più grande opera di ingegneria di sempre manca ancora di elementi fondanti, quali: l’impatto ambientale, la resistenza dei metalli impiegati, valori economicamente significativi sul ritorno economico dell’opera e quindi sulla sua stessa utilitaÌ€.
In strada ma anche nelle acque cristalline dello Stretto tutti coloro ai quali non risulta comprensibile l’accanimento pro-Ponte anche da parte di un grande sindacato come la Cisl, tifosi dell’opera quanto e più del defunto Berlusconi a cui oggi da più parti si chiede di intitolare l’infrastruttura “fantasma”.
Potenziare strade, autostrade, porti, aeroporti con i soldi già stanziati dal Pnrr e mettere seriamente la Sicilia al centro del Mediterraneo è quello che chiede il movimento: “Perché all’economia vera del Ponte non frega un bel niente. Non abbiamo bisogno di cattedrali nel deserto e nemmeno di un’opera irrealizzabile che nasce già vecchia ma di sviluppo economicamente sostenibile”.