(DI LUCA DE CAROLIS – Il Fatto Quotidiano) – Giuseppe Conte, l’Amleto a cui è appeso un governo, si è preso il fine settimana per stare con la famiglia e riflettere, ancora. Ma è sempre più vicino allo strappo. Potrebbe saltare il fosso già giovedì, l’avvocato, quando in Senato – salvo improbabilissime novità – si voterà la fiducia sul decreto Aiuti, e il Movimento rimarrà fuori dell’Aula. Mettendosi virtualmente fuori dalla maggioranza. “Se Mario Draghi non fa passi davvero concreti da qui a pochi giorni, andrà così” sussurra un 5Stelle governista, preoccupato. Certo, la scadenza data al premier per rispondere concretamente alle lettera con le nove richieste del M5S è per fine luglio. Però Conte è sempre più tentato dal rompere. Perché è fortissima la spinta pro-strappo di gran parte dei parlamentari, più o meno come è diffusa la convinzione che al M5S serva una scossa per riprendere quota. Ma a spingere l’avvocato a varcare il suo Rubicone potrebbe essere anche il rapporto sempre più logorato con il Pd. Peggiorato ulteriormente da quella dichiarazione rilasciata a Metropolis dal governatore del Lazio, Nicola Zingaretti: “Dissi che Conte era il punto di riferimento fortissimo dei progressisti? Che ora sia punto di riferimento mi pare una cosa superata. Un dato di fatto, non un giudizio, eh”. Quasi un’abiura, che ieri è stata salutata con entusiasmo da Italia Viva, ma che ha irritato Conte e molti dei suoi.
Diversi 5Stelle hanno chiesto spiegazioni al Pd. E dall’altra parte hanno trovato sorpresa: “Non capiamo perché Nicola l’abbia detto”. La certezza è che la vicepresidente della Regione Lazio, la grillina Roberta Lombardi, ha fatto emergere il proprio disappunto, sia nei colloqui riservati, sia con un comunicato: “Non c’è nulla di più progressista dei nove punti della lettera che Conte ha presentato a Draghi, nessuno può rappresentare il fronte progressista meglio di lui”. Ma poi ci sono anche le valutazioni dell’avvocato. Amareggiato, dicono, per l’atteggiamento a suo dire “ambiguo” del segretario dem Enrico Letta nei confronti dello scissionista Luigi Di Maio. L’ex premier avrebbe gradito maggiore freddezza da parte dell’alleato nei riguardi del ministro degli Esteri, invece di quella rapida apertura (“Siamo pronto a collaborare con lui”). Sentimenti che si intrecciano ai calcoli politici. Perché i dem continuano a ripetere ai grillini che in caso di rottura “c’è solo il voto”. Ma Conte e i suoi potrebbero scommettere sull’opposto, cioè su un nuovo esecutivo almeno per costruire e approvare la legge di Stabilità. Con un Draghi-bis, o un traghettatore. “Però il premier può ancora fermare tutto, con segnali sul merito” giura un contiano di peso.
Nell’attesa, nel M5S si è votato per eleggere altri membri del Consiglio nazionale. Ma la partecipazione degli iscritti sulla piattaforma SkyVote, ovunque, è stata molto bassa. “La struttura così non funziona” urlano alcuni veterani. E c’è già chi guarda un po’ più avanti: “Se queste sono le premesse, in quanti dei nostri voteranno su SkyVote nelle primarie in Sicilia del 23 luglio?”. Quesito non secondario, e che torna a intrecciarsi al rapporto con il Pd, attivissimo nell’immaginare una nuova legge elettorale proporzionale – e con le preferenze – assieme alla Lega. Tanto per prepararsi alle prossime evenienze.