Non abbiamo nessun tipo di problema ad affrontare un giusto processo. Ma che sia giusto però. E come si sa tutto avviene nel Tribunale di Cosenza, altrimenti detto porto delle nebbie, tranne che il giusto processo.
Le sentenze in quel covo di pirati e serpi si comprano tanto al chilo. Mercato che vale solo ed esclusivamente per gli amici degli amici. Esiste da tempo un prezziario per i servizi offerti dai corrotti ai loro clienti: tot per l’insabbiamento, tot per l’archiviazione, tot per l’assoluzione. Un giro di denaro che lo spaccio a Cosenza gli fa un baffo per introiti ed entrate.
Ma ovviamente tutto risulta normale, e a norma di Legge. Perché tutti hanno paura a parlarne. In primis gli avvocati di Cosenza che sono al pari degli ‘ndranghetisti, convivono ed avallano questo sistema da sempre nella totale complicità e collusione. Una situazione che fa comodo e che di fatto conviene anche a loro perché non devono sbattersi ad istruire pratiche e a scrivere i motivi della difesa, basta recarsi dal cancelliere, farsi assegnare il giudice giusto e il gioco è fatto: il cliente è contento e tutti incassano.
Un sistema, questo, di cui possono godere solo i pezzotti e i clienti danarosi degli avvocatoni. Quelli che truffano milioni di euro allo stato, quelli che corrompono dirigenti pubblici e servitori dello stato, quelli che della bustarella farcita hanno fatto i loro marchio distintivo.
E’ così che va in tribunale e lo sapete tutti. Per quello che scriviamo corrotti, politici mafiosi, delinquenti, ‘ndranghetisti, tangentisti, ladri di stato, venduti, lecchini non perdono mai occasione, stimolati proprio da PM e giudici intrallazzati, a sporgere denuncia contro di noi.
Ci sta, per carità. E’ la Legge che lo permette. E noi come facciamo da anni non ci sottraiamo mai al giudizio e al processo, ma vogliamo essere trattati come la Costituzione e la Legge prevede. Perché non è possibile allo stato difendersi nelle aule del tribunale di Cosenza, dove regna sovrano l’abuso e l’illegalità.
Ogni nostra richiesta è respinta. Tutte le liste testimoni da noi presentate vengono sistematicamente rigettate, ogni supplemento di indagini richiesto dalla nostra difesa rifiutato, ogni prova depositata a nostra discolpa bocciata.
Chiedo a questi magistrati corrotti: secondo voi come dobbiamo dimostrare che quello che abbiamo scritto corrisponde al vero se ci viene negato illegalmente il diritto di difesa?
Niente, non possiamo fare niente se non incassare la condanna e restare zitti. Ma zitti noi non stiamo, e non ci fanno certo paura le loro pagliacciate e le loro corrotte sentenze. Di cui, per la faccia tosta che hanno, e il senso di impunità di cui godono, non si vergognano minimamente.
Ma non finiscono qui, per noi, gli abusi. Da un po’ di tempo si è formata una cordata specifica in Tribunale che si occupa solo di noi. Non della corruzione, delle tangenti che pagano i commercianti, delle ditte mafiose che monopolizzano l’economia cittadina, del saccheggio delle casse pubbliche, il problema per il Tribunale di Cosenza siamo noi. E si sono organizzati.
Infatti il capo cancelliere affida sempre agli stessi giudici molte delle nostre pratiche. A giudicarci secondo il Tribunale di Cosenza devono essere il giudice Marletta e il Gip Cosenza (nonostante sia stato trasferito al tribunale di Paola continua ad occuparsi dei nostri rinvii a giudizio).
Dico io: ci sarà qualcuno in quel covo di corrotti capace di azionare qualche neurone del proprio cervello e dire che forse non è il caso di farci processare da questi giudici. Perché permettere questo equivale a farla proprio sporca, senza curarsi minimamente di salvare almeno le apparenze.
Tanto sanno che sono loro la Legge e possono fare quello che vogliono senza dare conto a nessuno. Men che meno al presidente del tribunale che ancora non ho capito che ci sta a fare lì. Noi vogliamo fare i processi, e lo diciamo da sempre, ma non possiamo essere giudicati da questi due perché su di loro abbiamo scritto tanto. E non possono essere, come dice la Legge, super partes.
La Marletta è la moglie del più noto truffatore Maximiliano Granata recentemente colpito da avviso di garanzia per voto di scambio. Il Gip Cosenza è il cognato di Enzo Paolini.

Del marito della Marletta e dello stesso giudice abbiamo scritto molto, a cominciare dagli intrallazzi che il marito da anni nell’impunità più assoluta, ha messo in piedi sulla questione “depurazione”.
Con Enzo Paolini abbiamo diverse cause in corso, dove il rinvio a giudizio arriva proprio dal cognato Gip. Ora saremo anche antipatici, e tutto quello che volete, ma vi chiedo: voi sareste tranquilli se a giudicarvi in un’aula di tribunale fosse la moglie o il cognato di chi avete “accusato”? Non penso proprio.
E’ così che va in tribunale, nel silenzio totale anche dei pochi onesti che quel palazzo frequentano. Lo abbiamo sempre detto, la Giustizia a Cosenza è “Cosa Loro”. E non si vergognano per niente. Sono loro il potere marcio di questa città. Quelli che hanno ridotto la Giustizia ad un mero servizio per mafiosi e corrotti. E’ per colpa loro se Cosenza è diventata un’isola felice per ogni tipo di delinquente politico.
Io non ho paura di voi e della vostra galera. Non ho paura perché ho imparato, dopo tutto quello che abbiamo subito, a farmi coraggio di fronte alle continue ingiustizie. Di non cedere un solo centimetro della mia Libertà e della mia dignità a miseri giudici che l’unico cosa che sanno fare è abbuttarsi a piene mani, tra tangenti, bustarelle e regalie.
Bisognerebbe ricordare a questi personaggi quello che diceva Piero Calamandrei (anche se non hanno le capacità intellettive per comprenderlo, glielo dico lo stesso).
“È arduo codificare l’indipendenza. Occorrono certo la terzietà e l’imparzialità ma occorre anche che terzietà e imparzialità siano assicurate sotto il profilo dell’apparenza… Il giudice ad esempio dovrebbe consumare i suoi pasti in assoluta solitudine”.
GdD