Un vero Capodanno italiano: “Sinceri auguri, teste di c…!”
di Tommaso Rodano
Fonte: Il Fatto Quotidiano
“Buon anno, teste di cazzo!”. Non è solo un incidente televisivo, un’ingiuria gratuita, il primo meme scintillante del 2025. È di più, molto di più: un editoriale. Non ci ricorderemo il discorso di Mattarella, ma gli auguri lirici di Angelo dei Ricchi e Poveri, le parole di cui aveva bisogno il Paese. Basterebbero da sole per il bestiario di Capodanno, ma bisogna pur riempire questa pagina.
L’anno che verrà.
Ci sono pochi eventi che raccontano il nostro declino demografico come il concerto di Rai Uno. Ogni maledetto 31 dicembre un esercito di artisti (per lo più) ultrasettantenni ripropone gli stessi motivetti ossessivi grazie ai quali la Siae si prende cura delle rate dei loro mutui da decadi. Per ogni Diodato che ha l’orgoglio di pronunciare la parola “Palestina”, ci toccano ore di Malgiogli, Romine e immarcescibili star dalle pelli lucide e tirate. La festa di Rai Uno somiglia a un lunghissimo trenino triste in un reparto di chirurgia estetica.
Premesso questo, la scena cult del Capodanno è una naturale conseguenza delle cose. Il cantante capellone dei Ricchi e Poveri, al secolo Angelo Sotgiu, si imbizzarrisce quando mancano cinque minuti alla mezzanotte. Durante l’esibizione numero 4.298 di “Sarà perché ti amo” (in playback), un urlo belluino entra a tradimento nelle televisioni di mezza Italia: “Buon anno, teste di cazzo!”. È lui, Angioletto nostro. La paternità dello strillo diventa cristallina poco dopo – a 20 secondi dal fatidico traguardo del 2025 – quando Angelo si fa pizzicare sul palco mentre sbraita verso i fonici: “Aprite il microfono, teste di cazzo!”. Ovviamente il microfono era aperto, in entrambe le occasioni. La trasmissione è stata vista da 5 milioni e mezzo di italiani. Auguri sinceri.
Tony e Gualtieri.
Il sindaco di Roma e il trapper che sbiascica sono ormai una coppia di fatto. Da quando Gualtieri ha vietato il palco a Tony Effe, sono entrambi sulla cresta dell’onda mediatica. Il primo cittadino non ci ha fatto una grandissima figura, ma nel frattempo ha tagliato il nastro di qualche migliaia di cantieri, è diventato una star di TikTok e non ci ha pensato più. Tony invece ha organizzato il suo concerto al Palaeur, ha fatto il pienone ed è riuscito quasi a passare per martire della libertà d’espressione. Il loro ultimo dell’anno è allo specchio. Tony Effe gli ha fatto il verso salendo sul palco con la fascia tricolore e confessando che le polemiche l’hanno ferito, povero cucciolo. Gualtieri ha messo una pezza invitando a suonare Boy George ed è salito sul palco per ballare con lui. Ora, Tony Effe canta cose orribili, ma Boy George non è esattamente un paladino dei diritti. Non serviva un dossier per scoprirlo, bastava la sua pagina Wikipedia: nel 2009 “viene giudicato colpevole di sequestro di persona, avendo ammanettato ad un muro l’escort gay sieropositivo Audun Carlsen (…). Secondo quanto emerge durante il processo George ha colpito l’escort con una catena”. Ma senza scrivere versi sessisti.
Gianni Alemanno.
A proposito di Campidoglio, la nottata peggiore è stata quella dell’ex sindaco di Roma, trascorsa nel carcere di Rebibbia per aver violato gli obblighi di sorveglianza. Era in prova ai servizi sociali dopo la condanna a 22 mesi per l’inchiesta sul “Mondo di mezzo” (remember Buzzi e Carminati?). Almeno lui non ha dovuto rispondere all’ignobile domanda: “Ma tu cosa fai a Capodanno?”.
La Santa e gli altri.
Giorgia Meloni ha fatto gli auguri con una (giallissima) card natalizia mentre brinda col vino bianco (occhio al codice della strada). Col pretesto della domanda di un suo follower, Matteo Salvini ha ripetuto per l’ennesima volta il suo proposito per il 2025: il Viminale. “Sicuramente occuparsi della sicurezza degli italiani è qualcosa di fondamentale, c’è un amico al ministero dell’Interno oggi, si chiama Matteo Piantedosi. Chissà, un domani…”. Va per sfinimento.
Ieri mattina il generale Roberto Vannacci ha goliardicamente salutato il nuovo anno facendo il bagno a Viareggio. “Vi aspettavate l’accappatoio damascato, vero? Sarà per l’anno prossimo”, ha detto ai giornalisti. Attenderemo trepidanti, nel frattempo ci accontentiamo di un politico in mutande che parla di “rilancio economico e identitario della nostra nazione”. Ma al di sopra di tutti c’è sempre lei, Daniela Santanchè. I suoi auguri per il 2025 arrivano dalla scala in legno di una baita alpina, addobbata con sobri festoni natalizi e immacolati animali di pezza. Lei è divina: camicetta scollata, mini gonna glitterata beige e due enormi stivaloni bianchi pelosi. Oltre agli auguri, pronuncia un appello accorato agli “odiatori da tastiera”: “Evitate sempre di insultare”. A leggere i commenti, purtroppo, il messaggio non ha fatto breccia nei cuori della gente.