Unical, Veltri e Perrelli strapazzano Crisci: “Smettila di rincorrere i politici”

Rende, 2 agosto, 2017

“La situazione è grave ma non è seria”, così avrebbe commentato, più o meno, Ennio Flaiano la notizia relativa all’impegno a firmare a breve un accordo tra il sindaco Occhiuto e il rettore Crisci per portare 2000 studenti dell’UNICAL nel centro storico di Cosenza!
Ed è singolare che la notizia giunga solo pochi giorni dopo la firma – questa reale e non ipotetica– per portare nel centro storico cosentino sedute di laurea e altre iniziative culturali del dipartimento di Ingegneria civile.

Che c’è allora sotto? Probabilmente nulla, forse è una notizia che arriva dal forno dei 40 gradi di questi giorni o è una dimenticanza di rassegna stampa di quattro mesi fa (era il primo aprile). Fatto sta che si è banalizzata una problematica di assoluto rilievo, quasi come se il declino del centro storico di Cosenza dipendesse dalla mancanza di collegamento veloce fra la città e Arcavacata.
Vorremmo porre due questioni su tutte, poi, si sa, il due agosto c’è poca voglia di pensare e discutere su cose tanto serie.

La prima: è a disposizione di tutti un archivio storico di tesi di laurea sul centro storico di Cosenza che analizzano dai più disparati punti di vista – storico, architettonico, urbanistico, strutturale, infrastrutturale, sociologico – ciò che è accaduto al centro storico bruzio, come fenomeno complesso di matrice multipla e, peraltro, condivisa con tanti centri storici dell’Italia del Sud, conseguenza di scelte urbanistiche errate e/o di naturali tendenze mal comprese e peggio contrastate.

È sempre a disposizione di tutti – anche se è un poco più difficile trovarlo e studiarlo – l’archivio dei dibattiti e dei convegni che, a datare dal 1967 (anno di approvazione del PRG di Cosenza), hanno esaminato l’evoluzione (involuzione) del centro storico di Cosenza, che i più attenti studiosi fanno risalire alla scontata rendita fondiaria dei suoli di pianura – leggi aree di pianura e, più recentemente, attorno all’asse attrezzato – e alla tremenda alluvione del 1959.

Al Piano Vittorini del 1967 seguirono la scelta di insediare la città universitaria a Nord, ossia a Rende, con le profetiche parole di Andreatta “il campus sia altro dalla città e ne stia lontano” (più o meno); seguì lo sciagurato PRG di Sara Rossi che, aumentando in maniera parossistica il valore fondiario dei suoli di valle, decretò in maniera tombale il declino del centro storico e delle colline cosentine.
Vicende diverse – ma ci vorrà tempo e testa per discuterne – ha avuto Rende, che ha beneficiato per tanti anni del campus ma che oggi vede, al pari di Cosenza, il declino del suo centro storico.

Dunque, ci viene difficile pensare che una città tanto nobile e importante come Cosenza, ricordata anche recentemente dal rettore come famosa solo per i suoi terremoti prima che nascesse l’Università, possa improvvisamente decollare perché finalmente (ma quando?) sarà risolto il collegamento veloce Nord – Sud. E se i duemila studenti fossero solo un artificio per giustificare i numeri di utenti della metro?
La questione è troppo seria e, come minimo, ne devono essere coinvolti i comuni di Cosenza e Rende, oltre agli organi accademici.

La seconda: le scelte strategiche l’Università le studia e le propone nelle sedi deputate, che sono il Senato Accademico per le grandi questioni di indirizzo politico e culturale e il Consiglio di Amministrazione per gli aspetti più tecnici e gestionali.
Ben quattro sono stati i Senati del solo mese di luglio e non meno numerose sono state le riunioni del CdA (una è prevista per il 3 agosto). In nessuna di queste adunanze il punto è stato posto all’ordine del giorno.
È evidente, allora, che non si tratta di una delibera di organi collegiali ma dell’auspicio (forse) del solo rettore. Un auspicio che guarda molto lontano nel tempo, perché, se è vero che il trasferimento degli studenti (ma riflettiamo anche su quanto grave sia parlare così degli studenti universitari, come se i loro corpi fossero oggetti inerti nelle mani della governance d’Ateneo) è subordinato alla realizzazione della metropolitana leggera, esso riguarda un arco temporale che coinvolgerà il successore dell’attuale rettore o addirittura il successore del successore.

Insomma, siamo di nuovo alla comunicazione senza sostanza e senza fondamento: l’Università non ha deciso alcunché in materia nelle uniche forme in cui può decidere (delibere di organi collegiali), resta lo spettacolo di un’affannosa sudditanza alla politica e di un reiterato disprezzo di fatto per le regole della democrazia e della vita universitaria.
Pensi piuttosto il rettore a rispondere alle interrogazioni che giacciono inevase sulla sua scrivanie, a compiere i suoi doveri istituzionali e non a rincorrere questo o quel politico: ricordi che, almeno in Calabria, è la politica a dover inseguire l’università, non il contrario.

Paolo Veltri
Raffaele Perrelli