Che la giustizia a Cosenza non funziona, per gli onesti cittadini, sono mesi che lo scriviamo. E la storia che sto per narrarvi, insieme a tante altre più o meno simili, è l’emblema dell’inefficienza e della superficialità con cui i PM della procura cosentina si muovono quando la “causa” non interessa loro, né i loro protetti.
E’ un venerdì come tanti per due giovani ragazzi, Salvatore Altomare (20 anni) e Salvatore Candido (19). Due bravi ragazzi che come tanti loro coetanei si apprestano a trascorrere in allegria e in compagnia la serata.
E’ il 18 ottobre del 2013. Soliti preparativi a casa: doccia, gel, profumo e via. La serata può iniziare. I due si incontrano e decidono di andare ad una festa di amici, a bordo della Panda di proprietà della mamma di Salvatore Altomare. Sono ragazzi tranquilli. Senza grilli per la testa. Una vita normale. Come tanti ragazzi della loro età. Pieni di vita e voglia di futuro.
I due trascorrono la serata tranquillamente. Tra amici, musica, balli e sorrisi. Sono spensierati i due ragazzi. E felici per quella bella serata che vorrebbero non finisse mai. E per gustare fino in fondo il dolce sapore dei loro anni, decidono, dopo la festa, di attardarsi in un bar del centro. Vogliono continuare la serata che nel mentre è già diventata alba.
I due consumano un cappuccino e qualche cornetto. E seduti ad un tavolino parlano della loro vita. Chissà cosa si dicevano. E mentre si godono la fine della serata, incontrano, al bar, il loro destino. Un destino infame che in questo caso ha un nome e un cognome: Vincenzo Greco.
I ragazzi lo conoscono, ma non hanno mai avuto frequentazioni con lui. Una conoscenza come tante. Quelle che ci si saluta, e poi ognuno per la propria strada. Ma quella sera, il Greco, preso dai fumi dell’alcool si avvicina ai ragazzi ed inizia una tiritera: guagliù mu faciti nu piaciri? Ed i ragazzi chiedono in che cosa consiste questo piacere. Il Greco dice che è uscito con il motorino, e vista l’ora, e il freddo pungente, chiede ai ragazzi in prestito la macchina per accompagnare la ragazza a casa che di congelarsi sul motorino non ne ha voglia. I due sono imbarazzati, non hanno una conoscenza per lo quale del Greco, e poi la macchina è della mamma di Salvatore Altomare.

Non vorrebbero fare torto al Greco, ma gli dicono che non possono dargli la macchina, e si rendono disponibili a dargli un passaggio. Ma il Greco non ne vuole sapere. Insiste. Pretende dai due le chiavi della macchina con la promessa di riportargliela da lì a poco. I ragazzi ripetono il loro no. E continuano tranquilli a bere il loro cappuccino.
Ma il Greco non è disposto ad accettare un rifiuto e con una mossa fulminea riesce ad impossessarsi delle chiavi dell’auto. Minacciando di fatto i due ragazzi. Che restano impietriti di fronte alla prepotenza del Greco. Che lesto si ficca in macchina, mette in moto e via. I due, dopo un breve momento di stupore, istintivamente, non sapendo come fare, inforcano il motorino, che il Greco aveva lasciato con tanto di chiavi davanti al bar, e si lanciano all’inseguimento dello stesso. Vogliono solo recuperare l’auto ed evitare problemi.
Il Greco è ubriaco, e la loro paura è quella che possa subire qualche incidente: chi lo dice poi alla mamma che la macchina è scassata? E così iniziano quelli che saranno gli ultimi minuti di vita dei due ragazzi. L’auto con il Greco procede lungo viale Cosmai e lo scooter con a bordo i due ragazzi la raggiunge. Si avvicinano all’auto e gli fanno cenno di fermarsi. Ma niente. Il Greco non ne vuole sapere, ed inizia a zigzagare come per dirgli: se non vi spostate vi metto sotto. Ed accelera per seminare la moto.
Ma i ragazzi non mollano, e continuano l’inseguimento. Sono sobri i ragazzi. Non hanno consumato né alcool né droghe (come dirà l’autopsia). Sono solo preoccupati per l’auto della mamma. Vogliono recuperarla e tornare a casa. Ed arrivano all’altezza della rotonda intitolata al direttore del carcere Sergio Cosmai ucciso dalla mafia. Si affiancano all’auto, ed il Greco, ubriaco, sterza, nell’ennesimo tentativo di farli desistere, ed urta il motorino.
I due perdono l’equilibrio e finiscono per schiantarsi proprio contro la rotonda. L’impatto è violento, e la morte istantanea. In una frazione di secondo, spariscono le vite di questi due bravi ragazzi, che nulla avevano a che fare con questo soggetto. I loro sogni, il loro futuro, la loro voglia di vivere cancellata per sempre. Una bella serata finisce in tragedia, tutta colpa del destino dirà il PM Tridico.
Ma non è stato il destino. Le responsabilità sono precise ed individuabili. Se non fosse stato per quel furto di auto, perché di questo si tratta, i ragazzi non sarebbero mai andati in quella direzione a bordo di quel motorino all’appuntamento con la morte.
Il Greco, subito dopo lo schianto, si ferma e cerca in qualche modo di aggiustare la cosa. Chiama subito un suo caro amico che lavora alla polizia stradale per chiedergli che fare, come comportarsi. E nel mentre arrivano le ambulanze, ma per i ragazzi non c’è niente da fare. Loro non esistono più. La loro vita non c’è più. E tutto per la caparbietà e la malandrineria del Greco. Che vanta parentele di spessore criminale. Cosa che aveva intimorito i ragazzi.
L’amico della stradale gli dice di come deve comportarsi. E arriva sul posto anche la polizia stradale. Che referta, senza ombra di dubbio, la dinamica dell’incidente: l’auto ha toccato il motorino, ed è questa la causa dell’incidente. Ma il PM Tridico, nonostante il verbale parlasse chiaro, incarica la scientifica di Reggio Calabria di fare ulteriore indagini. E il responso alla fine è amaro: per il PM e la scientifica l’incidente è stata solo un fatalità, e chiede l’archiviazione.
Un assurdo che uccide un’altra volta quei poveri ragazzi, oltre che gettare nello sconforto più assoluto i genitori. Che insistono con il PM raccontando le vere cause di quella serata che ha visto la tragica fine dei loro più cari affetti. Ma per Tridico, la causa va archiviata. E si rifiuta di ascoltare i genitori.
Quello di cui non ha tenuto in considerazione il PM, è l’origine di questa tragedia. Se il Greco non avesse rubato la macchina ai ragazzi tutto questo non sarebbe accaduto. Ma questa storia non interessa al PM. Perché dice non ci sono testimoni. Ma si sa che chi è il Greco, e vista la sua parentela, chi sa ha taciuto. Nessuno per paura ha parlato, mettersi contro malandrini non conviene, neanche di fronte alla morte di due bravi ragazzi.
Questa è la triste storia dei due Salvatore. Due giovani vite perse che non troveranno mai giustizia. A meno che, ora che Granieri non c’è più, il nuovo procuratore non voglia risentire questi genitori, spezzati dal dolore. E per questo pubblichiamo, non solo il nostro articolo, ma anche un appello al nuovo procuratore, il dottor Spagnuolo, di questa madre consumata dal dolore.
“Mi rivolgo al nuovo procuratore il dottor Spagnuolo affinchè riveda gli atti per poter dare giustizia a mio figlio e al suo amico. E non come ha fatto il PM Tridico, che con freddezza e menefreghismo ha archiviato il caso. Io come mamma voglio la verità, mi è dovuta, perdere un figlio è un dolore così grande che arriva fino al cuore spaccandolo in due e che non smette mai di sanguinare”. Firmato: la mamma di Salvatore Candido.
Ecco, questa è la giusta occasione per il nuovo procuratore per dire che la Legge sta dalla parte della gente onesta e perbene, come lo erano i due ragazzi che oggi non ci sono più. Speriamo che possa accogliere questo grido di dolore di due famiglie che chiedono Giustizia.
GdD