Vibo, appello alla Città: salviamo la villa comunale dal degrado

di Rocco Tripodi

La classe politica vibonese è spesso chiamata dai cittadini a rispondere dei ripetuti scompisciamenti progettuali e gestionali di cui sono pieni gli stramegafinanziamenti, cercati e ottenuti esclusivamente per fare bella figura, pur in assenza di una plausibile coerenza con i reali bisogni e le vere urgenze della città. Ci prestano soldi? Qualcuno li restituirà. Prendiamoli comunque e strasbattiamocene; perintanto qualche amico lo faremo contento e con qualcunaltro ci sdebiteremo. E POI SINDI PARRA. E loro come si difendono? Adottano una strategia di sopravvivenza usata da alcuni animali ed ha un nome: TANATOSI o MORTE APPARENTE, che consiste nel fingersi morti e così sfuggire ai predatori. Questo avviene quando il cittadino segnala disagi, criticità, anomalie, danni, migliorie, bisogni o prossimi disastri. Sempre.

TANATOSI a cui ricorre chi ha vinto la fascia tricolore di Primo cittadino promettendo di occuparsi di tutto questo, e TANATOSI anche da chi, avendo perso, dovrebbe cavalcare questo malcontento generale, se non altro PRO DOMO PROPRIA. Sia bene inteso sempre con delicatezza, eleganza e garbo… ‘nzamaiddio!

Io invece insisto e ci riprovo. Voglio riprendere dopo 7 anni, una mia personale battaglia per recuperare ed attualizzare quella che per me rimane la “cartolina” per eccellenza della “abusata” sviolinatissima sui social VIBO GIARDINO SUL MARE degli anni 60/70. Anche se di questa cartolina oggi se ne fa una rappresentazione rafferma, muffosetta, edulcorata, mistificatrice e deviante: una Vibo di una minoranza fatta di “gnuri”; magra, media e grassa borghesia; nobili in gran parte parassiti, incartapecoriti, sifilitici, ridotti all’urma da scaltri già fidati massari; massoni alla puttanesca, ma anche pluristellati. Tutti gli altri, la gran maggioranza, la fame la coglievano con la pala. Parlo della VILLA COMUNALE.

In tutto questo invece, pur conservando una sua intrinseca aristocratica magnificenza, ha funzionato per diversi decenni come spazio centrale aperto, accogliente e inclusivo per bimbi di ogni quartiere e appartenenza sociale. Per quelli della mia generazione, anni 50/60, la domenica significava: capelli eccezionalmente bagnati e pettinati con la scrima, dalla MAMMA, gelato della settimana o “pasta” con la crema e ciliegina sopra e tassativamente scorciatina di ginocchio alla VILLA COMUNALE.

Da casa non si portava nessun gioco. Fondamentalmente si SCAPPAVA, giocando: a mmucciateja, o passu, a cavallina, o surici, intorno alla vasca dove qualche audace saltava dal bordo alla montagnola con zampillo centrale, e ritorno, senza finire in acqua. Tutto questo è ormai cartolina in biancoenero. Oggi ci mancano però i VILLIERI: due contadini, sempre con cappello, giacca e camicia abbottonate, di colore nero (probabilmente non in origine), estate/inverno, che zappettavano e pulivano incessantemente, ricurvi e silenziosi. E un terzo personaggio, il GIARDINIERE, accorto, professionale e diligente. Una figura mitologica. Segaligno ma muscoloso, il terrore di noi tutti. Un po’ cafone, un po’ Edward Mano di forbice, ma anche un po’ Leatherface, nero in viso, forse perché il nostro immaginario favolistico aveva bisogno di memorizzarlo così per poterlo demonizzare – io addirittura giurerei di ricordare una cicatrice sulla guancia – quando, armato di coltello da pota vedendoci giocare in prossimità delle SUE piante, ci urlava:” Mo’ vu scattu stu palluni”. Non lo ha mai fatto!

Nel 2016, Amministrazione Costa, fu inaugurata la VILLA Comunale, dopo lunghi lavori di risistemazione per centinaia di migliaia di euri. In quella circostanza, ma anche prima e dopo, contestai la qualità dei lavori, la scelta dei materiali, la presenza di ostacoli che limitavano l’accessibilità, e la fruizione in sicurezza dei cittadini più fragili e la sistematica sciatteria e superficialità da parte dell’impresa e dei controllori. Anche allora denunciai che l’apertura fu arbitraria non essendo mai stato eseguito il collaudo. Non sono mai stato smentito. Allora fu fatta una manifestazione d’interesse per l’affidamento e la gestione del bar e dei bagni pubblici interni che, dopo necessarie (evidenziate) modifiche, andò a buon fine. Oggi il bar ha chiuso e con lui anche i bagni pubblici. Ma di questo ne parlerò, con dovizia di informazioni in una prossima nota sollecitatami da una folta pattuglia di anziani prostatici.

E qui s’impone un appello a tutti i cittadini perché sollecitino un nuovo interesse da parte dell’Amministrazione perché ponga un freno al riproporsi, nel totale disinteresse, di un depauperamento, abbandono e degrado della villa, ormai sotto gli occhi di tutti (tranne che dei tanti politici pelandroni, scinduti e sgallettati), tanto che non trovo neanche necessario elencare dettagliatamente le ferite, le offese e gli oltraggi, per quanto evidenti, a cui è sottoposta la villa comunale, nell’indifferenza generale. Una cosa va anticipata. Erano mesi che la vasca non veniva pulita.

I pesci sono scomparsi quando si è esaurito il loro naturale processo di putrefazione dopo aver lungamente galleggiato a pancia in su in superficie. Allora, quando fu svuotata la vasca, omisero di tapparla. Per cui, da allora, l’acqua entra dallo zampillo e immediatamente s’incanala nello scarico, lasciando stabilmente la vasca vuota. Per compensazione viene costantemente rifocillata dai soliti incivili bastardi delle peggio schifezze che riescono a raccattare in un raggio di cento metri.

Per la cronaca, tutto questo è stato registrato in questi mesi da me, cazzone (impotente) cittadino, ma da nessun politico, perché in tuttaltre faccende affaccendati. Questo fino a due giorni fa, quando è comparso un operaio che ha dato una spuntatina a qualche cespuglio e parzialmente sgomberato la vasca. Un lavoro che, per precisione e zilluseria, cosi’, si vede solo in Svizzera. Si è proceduto con metodo selettivo e scientifico, tipo: via da dentro la vasca l’altalena, uno scoglio, i resti di un falò, la carcassa di un cavallo (per dire), ma non il seggiolino, un mazzacane, i castelletti di cicche, o la carcassa di una pantegana.

Tutto “Supra supra”; una sbattutina di cipria, una singata di rossetto, un’impastata di fard e di nuovo pronta per andare in scena. Purtroppo l’operaio comandato non è stato adeguatamente istruito dal grasso staff che cola professionalità a fottere, di cui si è circondato il sindacoAggarbatuni, per cui non è stato capace di avvitare da sinistra verso destra il tappo che blocca la fuoriuscita dell’acqua… Vorrei porre l’attenzione sullo stato disastroso dei vialetti dopo solo otto anni; dell’abbandono delle aiuole che negli anni hanno stentato nella crescita perdendo di continuità; o degli ultimi giochi rimasti, vere e proprie trappole per saldare i conti con gli ultimi bambini scampati ad Erode. Lo farò più avanti. Per il resto, non nego giustificati miei timori a sollecitare una maggiore attenzione al verde pubblico e agli alberi in particolare, con un sindaco che continua a mettere tacche sulla sua motosega…, per ogni albero abbattuto. Meglio evitare, per non finire come quello che “si guardau du pisciatu e catti ‘nto cacatu”.