Vibo. Breve storia (triste) di un Consiglio finito a porte chiuse tra pitarate, mirabellate e consolate

“Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontare così solita e banale come tante, che non merita nemmeno due colonne sui giornali, una musica o parole un po’ rimate e nemmeno l’attenzione della gente…”.

di Rocco Tripodi

Per la prima volta dissento con il mio insuperabile ispiratore Francesco Guccini, e la piccola storia ignobile di cui sono stato volontario spettatore la voglio raccontare con una o più colonne su un giornale. Stamane, 30 aprile 2025, ho deciso, dopo diverso tempo, di assistere ad un consiglio comunale a Vibo Valentia. L’ordine del giorno era ricco e interessante ed era prevista una sorta di cerimonia sportiva dove atleti vecchi e nuovi, alleati ed avversari, ripescati e retrocessi, campioni e brocchi, comprati e venduti si ritrovano per festeggiare nuovi posizionamenti, ruoli, squadre, capitani e allenatori (sempre molto discreti) e tutti insieme senza malevolenza, rimorsi e rancori, correre sempre cameratescamente verso sempre più esaltanti traguardi che premino tutti.

Parlo di gruppi di politici che si scompaginano, con consiglieri che si spostano in un altro gruppo da sempre avverso al loro, mantenendosi fedeli (il giusto) al primo schieramento, però disconoscendo la lista dove sono stati eletti, conservando nello stesso tempo, l’adesione al partito di appartenenza che però non è solidale alla coalizione che lo ha ospitato… Insomma sperimentate dinamiche che localmente in gergo politico vengono classificate come PITARATE o MIRABELLATE o MUZZUPAPPATE.

Uno dei primi ad entrare nell’aula è stato il sottoscritto, attraversando all’esterno del municipio due ale di assessori e consiglieri di tutti i partiti che flirtavano come gentili e profumate mammoline con toni teneri, benevoli, melensi e zuccherosi, che poi avrei ritrovato all’interno dell’aula. Lo spazio riservato al pubblico era tutto per me con una sola eccezione di cui poi vi dirò. L’ingresso degli attori di questa rappresentazione mi ha parecchio disorientato. Perché, mancando da tempo come spettatore, e ricordandomi le facce dei protagonisti, di molti dei quali non avevo seguito le recenti vicende politiche, non mi riusciva di comprendere perché politici, che sapevo collocati storicamente a destra, si posizionassero nei banchi che convenzionalmente sono riservati a chi si colloca ideologicamente a sinistra e viceversa.

L’arcano verrà svelato quando le più recenti “GIRANDOLE” covate fresche fresche, di giornata, sono state accolte calorosamente da reciproci applausi. Alcuni hanno preso la parola rassicurando tutti che avrebbero, durante il loro mandato, improntato il loro impegno politico alla massima LEALTÀ VERSO TUTTI, portando avanti la loro linea con sobrietà; e con garbo avrebbero fatto opposizione, giusto, proprio se necessario. E che gli altri stessero tranquilli che nessuno di loro intende occupare quella poltroncina con l’intenzione di guastarsela, ineducatamente, con altri di loro. Il consigliere Russo, ripescato, ringrazia, visibilmente raggiante, per gli applausi e rivendica: “Se siamo qui (cazzu cazzu, iu iu, direbbe Cetto Laqualunque), vuol dire che abbiamo DATO (cosa?) più di chiunque altro”. E, rivolto al sindacoAggarbatuni, dopo aver ricordato di essere stato nelle due precedenti Giunte, un po’ all’opposizione, un po’ no (a seconda della stagione), pur non aderendo alla maggioranza, per non saper né leggere né scrivere, lo ha tranquillizzato per il momento, “mettendosi a sua disposizione”. Il consigliere Cutrulla’ (oggi qui domani la’) ha rasserenato tutti che il rientrato Russo ha sempre collaborato con lui “da qualunque posizione” dell’aula.

Nico Console, per il quale necessiterebbe un capitolo a parte per riuscire a mettere insieme elementi bastanti a definire la sua esatta collocazione politica, possiamo liquidarlo brevemente così: viene da destra. Manifestando da subito doti di spericolato arrampicatore, viene benevolmente preso per mano (chiacchiere di giornali), da eccellenti esponenti locali della massoneria e, una volta eletto, affidato al sindaco Costa per farlo crescere. Da lì, vari zompettamenti con Limardo e infine eletto alle ultime amministrative si accomoda quel tanto che gli basta per mettere qualche chiodo nel Gruppo Misto e picconando picconando salire di quota, grazie anche ad una robusta spinta del consigliere regionale del Pd Mammoliti, e alla manina robusta del guevarista Enzo Mirabello. E da qui sconzare il gruppo del SindacoAggarbatuni “Progetto Vibo”, trascinandosi dietro altri tre consiglieri, anche loro affetti da artetica compulsiva, e aderisce alla maggioranza, chiedendo la tessera Dem. Tutto qua! Vi pare poco? Abbiamo già scritto nei giorni scorsi che dei water se ne stanno occupando altri. Se l’ufficio Urbanistica glielo passa, può progettare, installare e gestire un botteghino di calia, simenzi e noccioline e, d’estate, zipanguli, tanto non stupirebbe nessuno. Il suo intervento? Illuminante.
“Lavoriamo tutti insieme come fossimo un cerchio!”. Rivolto a tutti quelli che ha lasciato e che ha trovato.

L’assemblea che dovrebbe tutelare ed essere al servizio di tutti i cittadini inizia con una disdicevole caduta di stile del presidente, il quale saluta il sindaco, gli assessori, tutti i consiglieri, il segretario e i vigili urbani. Omette, per tamarraggine o per mirata volontà di esclusione, di salutare il pubblico presente e ben visibile, anche se il pubblico ero solo io, al centro già da un’ora. In compenso, come accennavo all’inizio, dopo mezzora mi si affianca, chissà chiamato da chi, un ispettore della digos. Operatore, ad onor del vero, sempre gentile, con il quale abbiamo avuto modo di incontrarci negli anni in molteplici occasioni e che anche in questa circostanza si è dimostrato corretto e professionale. Con tono scherzoso, consapevole che non mi avrebbe dato risposte, gli ho chiesto chi, spaventato della presenza in sala di un pensionato 75enne, li avesse chiamati. Ha sorriso, e probabilmente, quando ha constatato che oltre agli amministratori, in quell’aula c’erano più vigili urbani che cittadini inurbani, molto responsabilmente è andato a svolgere compiti più utili e urgenti. E arriva il momento in cui si scatena il putiferio. Hanno urlato tanto che le donne del vicino mercato hanno commentato: “sembra un consiglio comunale”. Cosa succede?

La consigliera Nesci fa una interrogazione prima che inizino i lavori. Chiede preliminarmente che si proceda alla discussione degli ordini del giorno A PORTE CHIUSE. Tradotto, SENZA PUBBLICO. Tradotto ancora, SENZA ROCCO TRIPODI (c’ero solo io). Data la delicatezza di un punto in particolare: il debito di un assessore nei confronti dell’Ente. Un BURDELLO!
Non racconto altro per decenza e per stanchezza. Hanno interrotto il consiglio, e si sono riuniti i Capigruppo per rileggersi la normativa. Gli altri rimasti, come se nulla fosse successo, hanno ripreso promiscuamente con l’abituale sbracament-style, coglioneggiando goliardicamente tra tutti loro.

A quel punto, mi sono detto: che sciocchi pagano un capogabinetto che ne sa più di un capopiscinaolimpionica. Perché non interpellare lui?
Devo dire che hanno nei miei confronti un ingiustificato pregiudizio.
Sarebbe bastato che con il dovuto garbo il sindagoAggarbatuni, appunto, mi si avvicinasse pregandomi di uscire e così evitare di chiudere le porte e poter continuare a sbrigare le cose loro come piace a loro, soli soli. Anche perché dopo quattro ore mi ero fatto due palloni aerostatici lì lì per scoppiare. Ho pensato: che si può fare con questa gente?
Quale male gli si può augurare? Vai a saperlo. Anzi no, uno sì: un perenne prurito al culo e…braccia corte.
Non chiedetemi come si è conclusa la seduta consiliare… sono andato via prima.